Umberto Eco, L’espresso 18/11/2010, 18 novembre 2010
CHI ERA COSTUI?
Verso la fine degli anni Cinquanta nei fumetti americani, se il protagonista si spostava indietro nel tempo e capitava nel Medioevo, i personaggi apparivano vestiti in abiti cinque-secenteschi. Era l’epoca in cui nei film i detective americani arrivavano su automobili lunghe dieci metri con giacche enormi non sciancrate, e si ironizzava su quei cafoni per i quali tutto quello che era avvenuto prima della guerra di Secessione era età della pietra. D’altra parte più di dieci anni dopo un filosofo allora in voga, Gilbert Harman, aveva posto un cartello all’entrata del dipartimento di filosofia di Princeton, che diceva "Proibito l’ingresso agli storici della filosofia". L’America è infastidita dal passato, e se Bush avesse letto cronache del secolo prima avrebbe saputo che nessun esercito europeo, né russo né inglese, era mai riuscito a vincere sui monti dell’Afghanistan. Naturalmente si parla dell’America della gente comune, perché nelle università (anche nel Texas) queste cose si sanno, ma nessuno al Pentagono prende sul serio i professori universitari, come del resto ormai da noi.
Il fatto è che ormai ci siamo civilizzati e siamo tutti americani. Da tempo ci si stupisce come mai i nostri studenti, intervistati, confondano Moro con Curcio e credano che De Gasperi fosse un capo comunista. Noi, ragazzini alla fine degli anni Trenta, sapevamo benissimo che il ministro regio, ai tempi della marcia su Roma, era "l’imbelle Facta". È pur vero che allora c’era Gentile al posto della Gelmini.
Una mia collega si è accorta mesi fa che, quando ai suoi allievi citava Woody Allen, questi non ridevano. Si è poi resa conto che Woody Allen, che aveva sedotto una intera generazione alla fine degli anni Sessanta e nei decenni seguenti, era ormai ignoto alle matricole di oggi. Noi da piccoli sapevamo benissimo chi era stato, prima della nostra nascita, Ridolini.
Questa perdita di memoria non va imputata ai ragazzini, ma investe ormai anche i giornalisti. Giorni fa ho trovato su un noto quotidiano una fotografia che diceva di ritrarre Giovanni Anceschi mentre rappresentava invece Giorgio Manganelli, segno che nessuno in redazione ricordava né l’uno né l’altro. Nel vivo delle discussioni su "Giovinezza" e "Bella ciao", su un altro quotidiano importante ho visto due foto, l’una di un camion di partigiani e l’altra di una schiera di persone in orbace che fanno il saluto romano e che venivano definiti come "squadristi". Macché, gli squadristi erano degli anni Venti e non giravano in orbace, e quelli che si vedono nella fotografia sono milizia fascista tra anni Trenta e inizio anni Quaranta, cosa che un testimone della mia età riconosce facilmente. Non pretendo che nelle redazioni lavorino solo testimoni della mia età, ma io so distinguere benissimo dalle divise i bersaglieri di Lamarmora dalle truppe di Bava Beccaris, anche se sono nato quando gli uni e gli altri erano morti da tempo.
Che cosa sta succedendo nelle redazioni dei giornali? Una volta c’erano caporedattori ai quali non sfuggiva una virgola, e prima di andare in stampa controllavano tutto riga per riga. Oggi è ovvio che nessun essere umano possa controllare (e all’ultimo momento) un quotidiano di sessanta pagine, ma che in redazione ci siano solo lattanti divorziati dal passato, ancorché prossimo, pare incredibile. Eppure è così e non è colpa dei giornali, ma della storia - ovvero di una contemporaneità senza memoria.
D’altra parte si pensi al progetto Morandi per rappresentare a San Remo il sesquicentenario (così si chiama la ricorrenza dei cento e cinquant’anni, ma chi lo sa più) dell’unità d’Italia. Si è pensato a "Bella ciao" e a "Giovinezza", canti che senz’altro richiamano diversi momenti della storia recente, ma per gli ultimi cento e cinquanta anni si poteva pensare più propriamente a "Addio mia bella addio" e alla "Bella Gigugin". Chi se ne ricorda più, se la nostra preistoria risale solo ai tempi in cui la mamma ci mandava a prendere il latte?
Ultimo accenno. L’ultimo numero de "il Venerdi" di "Repubblica" mostra una foto scattata nel 1947 a Meina da Riccardo Patellani, con alcuni scrittori intorno a Thomas Mann e Arnoldo Mondadori. Filippo Ceccarelli scrive che da tempo molti hanno cercato di identificare i quattordici personaggi intorno a Mann, e che Cesare Cases e Golo Mann erano riusciti a riconoscere Fortini, Del Buono, Emanuelli, Alberto Mondadori, Lavinia Mazzucchetti, Giansiro Ferrata e un imberbe Edilio Rusconi. Risulterebbero ancora misteriosi altri sei. Ora Mario Andreose, che nel ’47 era un ragazzino, ma che più tardi ha lavorato al Saggiatore, mi dice di essere riuscito a identificare anche Guido Lopez, Remo Cantoni, Tom Antongini e (ma va a sapere se l’ha azzeccata perché è a sinistra di spalle) Enzo Paci.
Ne mancano ancora due, ma come si vede non è necessario essere stato un contemporaneo per sapere chi era e che faccia avesse Giulio Cesare.