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 2010  novembre 11 Giovedì calendario

MEDIASET SOTTO ATTACCHI COME IL GOVERNO


Forse si andrà a votare, forse no. Ma nel dubbio Piazza Affari si porta avanti. Così ieri, al termine di una giornata all’insegna dei ribassi un po’ per tutti, la maglia nera è toccata a Mediaset, l’ammiraglia dellaf lotta di Fininvest che ha perso il sei per cento abbondantein una giornata sola. Per carità, un ribasso poteva esser messo nel conto a leggere i report, cauti se non negativi, con cui gli analisti avevano accolto lunedì la trimestrale del gruppo. Ma è duro da giustificare un salasso in una botta sola da 350 milioni, cioè l’equivalente del costo del cartellino dei giocatori del Milan, solo con la notizia di un probabile «aumento dei costi operativi di Mediaset per il 2011», cioè l’unica vera voce negativa nella trimestrale del network tv di casa Berlusconi.
Insomma, forse ai signori dei mercati non piace la prospettiva di un ritocco allo stipendio delle Iene o di Alessia Marcuzzi o di Emilio Fede. Ma di sicuro c’è dell’altro. Anche perché, a fronte della freddezza di Nomura, Equita Sim, Goldman Sachs o Bernstein, per citare il nome di alcune delle case critiche sulla salute del Biscione, figura almeno una nota positiva da parte di Mediobanca e di Deutsche Bank: i risultati di Mediaset, che tanto male non sono (la pubblicità continua a salire di un lusinghiero 14 per cento nel corso del 2010, la pay tv è in pieno boom con un incremento del 61 per cento), rendono possibile l’ aumento del dividendo fino a 0,34 centesimi, ovvero ben sopra il 5 per cento, visti i prezzi di ieri.
Difficile spiegare, perciò, la frana con i “fonda mentali dell’economia”. Anche perché, fa notare Barclays, a questi prezzi Mediaset non è cara; anzi c’èuno sconto del 9 per cento rispetto alla media del settore .È l’ora di comprare, dunque? No, «non è il momento», c’informa il report della banca inglese. Perché? Le sorti del governo traballano, perciò ci vuole prudenza «dal momento che per Mediaset è più facile operare quando Berlusconi è al potere». L’argomento, per la verità, non è dei più solidi, almeno dal punto di vista storico. Silvio Berlusconi riuscì a quotare Mediaset a metà anni Novanta quand’era all’opposizione. Manca la controprova, ma è dubbio che ci sarebbe riuscito come premier. E le stagioni più fortunateper il titolo Mediaset, ai tempi della new economy,hanno coinciso con il governo Prodi. Sul fronte internazionale, poi, l’operazione più convincentedi Mediaset è avvenuta nella Spagna socialista di Zapatero, che sarà pure “l’amico José Luis” come l’ha definito il premier italiano davanti alla stampa internazionale, ma non ha certo alcuna convenienza a favorire la crescita dell’influenza di uno dei leader del centrodestra europeo. In sintesi, non è poi così scontato od automatico il legame tra il successo politico e la fortuna nel business, almeno a giudicare dal passato.
Stavolta, però, le cose potrebbero andare in maniera diversa, si obietta. La sinistra, che a fine anni Novanta guarda con una sorta di disperazione alla prospettiva che Berlusconi cedesse alle lusinghe di Rupert Murdoch, oggi tifa per lo “Squalo”, in aspra concorrenza con le reti Mediaset. La tentazione di rivedere le regole in prospettiva anti Mediaset sarebbe ben più forte, in caso di successo. Possibile. Ma si dimentica che la maggioranza dell’azienda oggi è nelle mani del mercato: investitori italiani ma, soprattutto, fondi di investimento con cui non è il caso di scherzare. Qualunque sia il governo in carica. Facile, perciò, che la pioggia di vendite su Mediaset sia destinata ad esaurirsi. Almeno per la sua componente “politica”. Così come la corsa all’acquisto, dopo i successi elettorali, finì nel giro di pochi giorni. Ma la reazione di ieri dimostra che i mercati non amano i ragionamenti troppo raffinati. Anche nell’era della finanza globale quel che conta, in certi casi, è la passione, quella che spinge a premiare il titolo di una squadradi calcio vincente nonostante che il successo porti con sé un «forte aumento dei costi operativi». Quelli che Fedele Confalonieri e Piersilvio Berlusconi sono pronti a pagare: a patto che aumenti l’audience di“Striscia la notizia”, il voto che aloro interessa di più.