Varie, 11 novembre 2010
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Matzneff Gabriel
• Neuilly sur Seine (Francia) 12 agosto 1936. Scrittore • «[...] Lo scrittore più impudico di Francia, più sincero, egocentrico, trasgressivo, più erotico e erotomane che esista, è anche un mistico, un credente, uno che si inebria della bellezza e dell’amore vedendo in esso un dono divino, e vive celebrando senza sosta il dono di sé, largo, pieno, generoso, costante, riempiendo di attenzione e di piacere adolescenti in fiore, giovani donne pettegole, amanti fantastiche e fedifraghe, in una danza ininterrotta dove le gioie del sesso s’intrecciano con la passione per la letteratura. Figura romanzesca quant’altri mai, coi suoi 63-66 chili, gli occhi azzurri, il cranio perfettamente lucido, le mani affusolate dalle lunghe dita curate, il fisico compatto e glabro di un esteta che non dimentica di essere un atleta, Matzneff è un personaggio letterario amato e odiato dal Tout Paris, che vede in lui ora un pedofilo, ora un libertino, ora un artista eccentrico, ora un maniaco sessuale, ora un conversatore irresistibile, ora un moralista e più spesso un fantastico marginale. È uno che potrebbe essere uscito da una novella di Lermontov, tanto l’anima russa l’imprigiona e parla attraverso di lui, o da una pagina di Marina Cvetaeva, se non fosse per la distanza abissale che separa l’esule poetessa perseguitata da Stalin e morta suicida con un cappio al collo dopo una vita di tragedie, tradimenti e solitudine, da questo arzillo nipote di una coppia di russi Bianchi, sbarcata a Parigi all’indomani della Rivoluzione bolscevica senza un copeco in tasca, ma carica di ricordi, come quelli legati a un glorioso antenato, amico di Napoleone III e di Barbey d’Aurévilly. Il fatto è che Gabriel Matzneff prima di essere uno scrittore fluviale è un uomo vitale che ama la vita, come solo un russo può amarla, e cioè uno che ha con la natura un rapporto immediato, fatto di steppe, betulle, vodka, grandi amori e grandi bevute, e intrattiene un legame di vitale voracità con la cultura, sempre trattata come se fosse una seconda natura. [...]» (Marina Valensise, “Il Foglio” 1/5/2009).