Lauretta Colonnelli, Corriere della Sera 11/11/2010, 11 novembre 2010
DAI TAXI «RAMARRO» ALLA BIANCHERIA DI SIBILLA
Comincia dal tempo in cui «i taxi a Roma erano verde ramarro», il racconto di Mario Pirani nel bel libro «Poteva andare peggio. Mezzo secolo di ragionevoli illusioni», edito da Mondadori e presentato oggi alle 18 da Massimo D’Alema, Giuliano Ferrara e Lucia Annunziata (con letture di Lucrezia Lante della Rovere) nella Sala delle Conferenze di piazza Montecitorio 123/A. Con tenerezza e ironia Pirani rievoca la sua vita e la sua carriera: dall’infanzia a via Marche all’approdo al giornale «la Repubblica», dove lavora ancora oggi. Coprotagonista del racconto è la città, evocata fin dalle prime righe con la descrizione di quei taxi negli anni Trenta, che «spaziosi come salottini, avevano anche due sgabelli pieghevoli dirimpetto ai posti normali» e «il tassametro agganciato fuori del finestrino dell’autista, che allora veniva chiamato chauffeur e portava un lungo grembiule beige». C’è l’immagine di Roma ricoperta da finti fondali in cartongesso, archi trionfali e centinaia di tripodi con fiamme multicolori che si accendevano ogni notte per la visita di Hitler, «come se i monumenti storici, le piazze più ammirate del mondo, i palazzi secolari non bastassero a impressionare l’ospite». La città abbandonata durante la guerra, perché la famiglia Pirani, di origine ebrea, dovette nascondersi in Abruzzo. E quella ritrovata alla fine del conflitto quando l’autore, ormai ventenne, partecipa al V congresso del Pci nell’aula magna dell’università e assiste al «rapporto di quattro ore di Togliatti» e alla lettura del lungo telegramma di Stalin, accanto a Salvatore Quasimodo e a Sibilla Aleramo che due anni dopo, più che settantenne, povera e amante del trentenne Matacotta, avrebbe vinto il premio Viareggio e confessato a Pirani: «Caro, non posso dirti quanto sono felice. Non sai quanto mi imbarazzasse farmi vedere da un uomo con la biancheria intima ormai consunta. Oggi finalmente potrò permettermene una nuova. E di seta». Imperdibile ed esilarante la sequenza del viaggio a Praga, nell’estate del ’47, con Pirani responsabile dei rapporti con l’estero del Fronte della gioventù. Il racconto meriterebbe da solo un film, con quel treno speciale partito da Termini, che trasportava tutto l’occorrente per rilanciare «un’idea forte dell’Italia» attraverso una partita di calcio fiorentino: duecento figuranti, quindici cavalieri della nobiltà fiorentina, un manzo con le corna dorate, una colubrina per sparare le salve di inizio e fine partita e i costumi disegnati, secondo le cronache, da Benvenuto Cellini (e due vagoni con il prezioso carico scomparvero). Ci sono gli anni dentro il partito, tra il palazzone di Botteghe Oscure e le trattorie comprese nel triangolo tra via della Croce, piazza Nicosia e via Flaminia. E poi l’uscita, nel 1961, dal Pci, l’approdo all’Eni di Mattei, al «Globo» e infine al quotidiano di Scalfari. In mezzo, i ritratti inediti di una folla di personaggi famosi.
Lauretta Colonnelli