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 2010  novembre 11 Giovedì calendario

L’AYATOLLAH FA PROSELITI IN CHAT

Quando Baram ha capito che sulla chat stava dialogando davvero con il Grande Ayatollah Bayat Zanjani non ha trattenuto le lacrime per l’emozione. Era la prima volta che un Marja e-Taqlid, una Fonte dell’Imitazione, una sorta di Papa sciita, parlava ai suoi fedeli su Facebook e Google Talk, rispondendo in diretta alle domande su un tema spinoso: la condizione dei giovani nella società iraniana, ovvero la repressione del dissenso. A migliaia si sono collegati aggirando la censura che in precedenza aveva già oscurato il sito di Zanjani, oltre a quelli dell’ex presidente Khatami e di altri ayatollah sostenitori dell’Onda Verde. Una repressione dei media elettronici che ha spinto alcuni esponenti del clero a gettare alle ortiche tunica e turbante in segno di protesta.

Teologo e scrittore, Zanjani, 68 anni, contesta l’attuale interpretazione religiosa della Guida Suprema, il pilastro che legittima la repubblica islamica rappresentato da Alì Khamenei. «La Guida - sostiene - non ha nessuna investitura divina». Zanjani ha credenziali impeccabili: è stato allievo di Khomeini e dei maggiori teorici dello sciismo, incarcerato all’epoca dello Shah ha poi partecipato da protagonista alla fondazione del partito islamico repubblicano.

È dalla morte di Khomeini nell’89 che i grandi ayatollah fanno la fronda perché non riconoscono la successione di Khamenei: «Gli abiti della Guida - ripetevano con sarcasmo - sono troppo larghi per lui». Un dissenso tenuto a freno distribuendo agli oltre 5mila ayatollah iraniani sovvenzioni o stipendi nelle Bonyad, le fondazioni del welfare state islamico che controllano il 70% dell’economia. In Iran ci sono circa 80mila tra moschee, templi e istituzioni religiose che amministrano terre e imprese come facevano i monasteri nel Medioevo europeo: l’ayatollah Vaez Tabasi gestisce con la "Sacra Porta" di Mashad 150 società ed è pure il maggiore proprietario immobiliare dell’Iran. «Senza risorse finanziarie il clero diventa soltanto una schiera mistica di predicatori», diceva, prima di essere arrestato, Said Leylaz, capo economista di Iran Khodro, la maggiore industria d’auto.

I guai sono cominciati quando Ahmadinejad ha regalato centinaia di milioni di dollari ai mullah amici suoi, come Mesbah Yazdi, e a istituti per la ricerca sul Madhi, il Dodicesimo Imam nascosto, che secondo il presidente dovrebbe riapparire tra poco sulla Terra dopo 12 secoli di occultamento. Questa intrusione nel campo teologico e nella sfera economica ha sollevato l’irritazione degli ayatollah più prestigiosi. La repressione del giugno 2009 ha approfondito il solco, diventato una voragine quando Ahmadinejad ha preteso di accreditare la sua versione dello sciismo. Persino i pasdaran, nocciolo duro del regime, lo contestano, perché ogni comandante ha il suo ayatollah di riferimento che non sempre segue la linea ufficiale.

Khamenei ha appena toccato con mano l’ostilità del clero: alcuni dei più noti ayatollah hanno boicottato la sua visita a Qom, il Vaticano degli sciiti, dove voleva presentare il figlio Mojtaba come suo possibile erede. Uno degli aspetti più rilevanti dello sciismo è che sono i fedeli a decidere quale ayatollah seguire, a determinarne la popolarità e anche la gerarchia: l’ascesa a "Fonte dell’imitazione" avviene con una spinta decisiva dal basso. E adesso i seguaci si contano anche con Facebook, più "amici" hai, più alte sono le probabilità che tu sia un ayatollah popolare: questa è la nuova battaglia elettronica dei turbanti.

Qom, dove partirono le rivolte contro lo Shah, rimane un laboratorio ideologico e politico tra i più caldi del Medio Oriente. È qui che è venuto, negli stessi giorni di Khamenei, il premier iracheno uscente Nouri al-Maliki per cercare appoggio alla sua candidatura, qui vive il giovane Muqtada Sadr che guida milizie agguerrite e studia da ayatollah, un passo indispensabile per proporsi come una sorta di Nasrallah all’irachena, il leader degli Hezbollah libanesi. Anche Muqtada, rampollo dell’aristocrazia clericale, ha bisogno dell’investitura religiosa per affermare la sua visione radicale, contestata da un grande ayatollah come Ali Sistani, fiero sostenitore dell’autonomia della religione dalla politica. Da Najaf Sistani si è sempre opposto a Khomeini: «Ecco che sono arrivati i guai», commentò quando l’Imam andò in esilio in Iraq. Predica tolleranza, non solo tra i musulmani, e la sua voce si è levata con forza per condannare i recenti attentati contro i cristiani.

All’ombra della cupola di Fatima si elaborano le strategie e si custodiscono i segreti dello sciismo. La città, un milione di abitanti, vanta 70 seminari e 100 case editrici a cui si aggiungono i centri per l’informatizzazione delle opere di islamistica. Ma nei computer finiscono anche i dati di 300mila religiosi, censiti accuratamente insieme alle loro entrate.

Uno dei segreti di Qom è il professor Franco Ometto, che per decenni ha insegnato teologia biblica ai futuri ayatollah, dando lezioni di latino e storia del cristianesimo nel santuario del pensiero islamico. Ma anche i misteri di Qom, come il manoscritto arabo che contiene in un tetragramma le 600mila combinazioni del nome di Dio, oggi vanno sul web, così come la protesta dell’ayatollah elettronico Zanjani viaggia sulla chat, in un dialogo serrato con i fedeli: e nel mondo dei credenti questa forse è la più grande delle rivoluzioni in corso.