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 2010  novembre 11 Giovedì calendario

L’ultima di Agca sul Papa: mi armò il Vaticano - La cinquantaduesima ver­sione sull’attentato al Papa compiuto il 13 maggio 1981 vie­ne scodellata da Alì Agca nel corso di un’intervista alla Tv pubblica turca TRT

L’ultima di Agca sul Papa: mi armò il Vaticano - La cinquantaduesima ver­sione sull’attentato al Papa compiuto il 13 maggio 1981 vie­ne scodellata da Alì Agca nel corso di un’intervista alla Tv pubblica turca TRT.L’ex terro­rista dei Lupi Grigi, in abito scu­ro e ben rasato, con il consueto sguardo esaltato, abituato a mescolare oscuri segnali e ri­catti, spizzichi di verità e ab­bondanti menzogne, ancora una volta «spara» molto in al­to, e questa volta attribuisce ad­dirittura l’ideazione e la pater­nità dell’attentato contro Ka­rol Wojtyla nientemeno che al cardinale Agostino Casaroli, al­lora Segretario di Stato, cioè il numero due del Vaticano.L’il­lustre porporato piacentino, diplomatico di lungo corso, protagonista dell’Ostpolitik, nonché principale collabora­tore del Pontefice polacco dal 1979 al 1990, ovviamente non può difendersi né replicare, es­sendo passato a miglior vita nel giugno di dodici anni fa. Se fosse stato vivo, avrebbe reagi­to con un sorriso, lui che ven­ne scelto personalmente da Giovanni Paolo II e che visse a suo fianco gli anni più difficili, dalla crisi di Solidarnosc fino alla caduta del Muro di Berli­no. Agca, 52 anni, che in passato arrivò a definirsi «Gesù Cristo» lo ha dunque accusato di aver «organizzato e pianificato»l’at­tacco al Ponte­fice: «C’era si­curamente il go­verno del Vatica­no dietro al tentativo di uccidere il Papa, lo ave­va deciso il cardinale Agostino Casaroli, numero due del Vati­cano ». In contatto con l’atten­tatore sarebbe stato un non meglio preci­sato «padre Mi­chele », con il quale si sarebbe re­c­ato in piazza San Pie­tro per mettere a punto la realizzazione del complotto. Ha quindi negato che nell’at­tentato fossero implicati i servi­zi segreti degli Usa, dell’Urss o di altri Paesi, smentendo anco­ra una volta se stesso, e ha pure affermato che la pista sovietica bulgara –da lui stesso avvalora­ta con riferimenti e circostan­ze davanti ai magistrati italiani – «fu creata ad arte» per mette­re in difficoltà Mosca. Ma attenzione, Casaroli, da fedele servitore del successore di Pietro, non avrebbe ideato tutto con l’intento di eliminare il Papa, avrebbe voluto soltan­to ferirlo, per poi far ricadere la colpa sui sovietici: «Ho ricevu­to 50mila dollari per compiere l’attentato», ha spiegato Agca, «non dovevo uccidere il Papa ma solamente ferirlo per far av­v­erare una delle profezie di Fa­tima. Padre Michele mi aveva garantito che dopo due anni di prigione sarei stato scarcera­to. Dopo l’attentato, l’ostilità contro l’Unione Sovietica è au­mentata e tutto si è svolto co­me loro – gli ideatori dell’atten­tato – desideravano». Agca ha anche detto che durante l’in­contro a Rebibbia nel 1983, Wojtyla non gli chiese chi fos­se il mandante dell’attentato, perché «sapeva già che era Ca­saroli ». Resta da spiegare per­ché, sapendolo, abbia conti­nuato a tenerlo a suo fianco co­me principale collaboratore per ben nove anni. «Alì Agca ci ha ormai abitua­to alla sua totale inattendibili­tà, ha cambiato versione più di cinquanta volte – spiega al Giornale il giudice Rosario Priore, titolare dell’ultima in­chiesta sull’attentato al Papa – e non è da prendere sul serio. L’attentatore ci ha sempre par­lato di una pista che portava ora all’Unione Sovietica, ora agli Stati Uniti, oscillando dal Kgb alla Cia. Ha poi insistito sul Kgb, dando consistenza al­la pista bulgara. Ma quell’ipo­tesi non ha trovato prove che permettessero il dibattimen­to ». Priore ricorda che l’ultima boutade contro Casaroli è nuo­va per Agca ma non per altri personaggi coinvolti in questa vicenda oscura e senza fine. Venne infatti sostenuta da un altro Lupo Grigio presente quel giorno in piazza San Pie­tro, Oral Celik, che l’ha anche messa nero su bianco in un li­bro, Sir Sirri ( Il peccato dei pec­cati ). Il giudice Priore ha inda­gato a lungo e a fondo sulla pos­sibile pista «interna» che ipo­tizza­va l’esistenza di basisti va­ticani nell’organizzazione del­l’attentato. «Ma questi sospet­ti non hanno mai trovato un so­stegno e un fondamento, e dunque esclusi questa pista nel provvedimento finale», confida Priore. Un sostenitore da molti anni della tesi dell’attentato per fe­ri­re ma non per uccidere il Pon­tefice, è il criminologo France­sco Bruno, il quale ha però sempre attribuito la genesi del complotto in un Paese del­­l’Est: «Agca continua a inter­pretare il ruolo dell’esaltato. L’ipotesi del ferimento mi ha sempre convinto, ma è condi­ta dalle solite bugie, come quel­la di indicare il mandante nel Segretario di Stato». Dietro l’ennesima «sparata» di Alì Agca, «semplicemente ri­dicola e grottesca», come l’ha definita ieri uno stretto colla­boratore di Casaroli, potrebbe esserci la prossima pubblica­zione delle memorie dell’at­tentatore turco.