Nino Materi, il Giornale 11/11/2010, pagina 6, 11 novembre 2010
Gli «scavi della vergogna» ostaggio dei custodi - Correva l’anno 1993 e già allora il Guardian li descriveva come gli «scavi della vergogna»
Gli «scavi della vergogna» ostaggio dei custodi - Correva l’anno 1993 e già allora il Guardian li descriveva come gli «scavi della vergogna». Sono passati 17 anni e la «vergogna» del Parco archeologico di Pompei è addirittura aumentata. Nell’occhio del ciclone sempre loro: i custodi. O meglio, la potentissima lobby dei custodi, in grado -da sempre-di fare il bello e ilcattivo tempo in un’area di valore storico- artistico unica al mondo. Ma ogni volta che il sovrintendente di turno ha cercato di potare l’albero dei privilegi, di mettere ordine nella giungla dei disservizi, ecco alzarsi il muro di gomma dei sindacati. Intanto lungo il «percorso turistico » degli scavi accadeva (e accade) di tutto: intere «domus» trasformate in discarica, furti di reperti archeologici, branchi di cani randagi che hanno trasformato in cucce le ville dell’antica Pompei. Tutta colpa dei custodi? Sostenerlo sarebbe semplicistico, ma affermare il contrario è altrettanto fuorviante. Gli scandali che in passato hanno coinvolto i custodi di Pompei sono lì a dimostrare che la categoria dei «guardiani» non è certo estranea al clima di enorme degrado che si respira visitando il Parco archeologico che dovrebbe essere il fiore all’occhiello dei nostri beni culturali. E invece le tante inchieste giudiziarie su assenteismo, truffe, abusivismo, furti e altri gravi reati dimostrano che - paradossalmente- da queste parti il «patrimonio » da «custodire» sembra essere solo quello di una diffusa illegalità. Certo, i dipendenti che dovrebbero garantire la visibilità degli scavi sono solo l’ultima «squama» di un pesce che puzza dalla testa. E la «testa» tutti sanno che fa capo alla sovrintendenza che, a sua volta, fa capo al dicastero dei Beni culturali. Tra i due «organismi» si è sempre comunicato poco e male, ragion per cui appare ridicolo oggi attribuire al ministro Bondi la totale responsabilità dello «sfascio pompeiano»; Bondi, ben inteso, avrà pure le sue colpe, ma da qui a farne un facile capro espiatorio (con tanto di richiesta di dimissioni da parte della maggioranza) ce ne passa, eccome. Tra gli scavi di Pompei il caos è di vecchia data, antico quasi quanto la Domus dei Gladiatori appena venuta giù... L’ultimo di una lunga serie di micro e macro crolli che non hanno mai avuto l’onore di guadagnare le prime pagine dei giornali. Tutto sotto gli occhi impotenti e le braccia conserte dei custodi campani che qui alcune volte sono troppi, altre troppo pochi. Un esempio. Da 48 ore ben otto di loro sorvegliano 50 metri di strada e tutti gli accessi secondari dai curiosi. Ovviamente i custodi in questione gridano alla lesa maestà e, all’inviato della Stampa ,esprimono tutto il proprio sconforto: «Ci hanno messo a sorvegliare una transenna. Il crollo? La polvere era arrivata fin qui. Dietro la Schola che si è sbriciolata c’è il nostro orologio marcatempo,l’altro giorno poteva morire uno di noi. Per fortuna non è successo, dobbiamo ringraziare la Madonna di Pompei». Professione «pericolosa », quella del custode a Pompei. Ma meno male che su tutti veglia la Madonna, ma anche il sindacato. «A Pompei ci sono quattro architetti e tre assistenti addetti alla manutenzione - spiega Antonio Pepe, per il coordinamento Cisl dei siti archeologici di Pompei - . Le uniche segnalazioni sullo stato di conservazione vengono registrate dai custodi che durante i loro giri di ronda notano alterazioni del bene archeologico». Che eroi, questi custodi... Ride amaramente anche il presidente del Consiglio Superiore dei Beni Culturali, Andrea Carandini, che al Mattino di Napoli dichiara: «Tra i tanti gravi problemi qui c’è anche quello dell’indescrivibile assenteismo dei custodi». E se non riesce a descriverlo lui, figuriamoci noi...