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 2010  ottobre 11 Lunedì calendario

INCENERIRE LA SICILIA

In Sicilia i potenti della politica si combattono sulla munnizza. È sui cassonetti colmi che da giorni nessuno svuota, sui liquami di quel grande disastro ambientale che è la discarica di Bellolampo, che impugnano la spada il ministro Prestigiacomo e il governatore Lombardo, pezzi di Confindustria legati alla lobby nazionali degli inceneritori, contro gli uomini del presidente Lo Bello, spezzoni del Pd che sostengono il governatore autonomista della Sicilia, contro quella parte dell’apparato che vorrebbe mandarlo a casa. Una guerra che avrà una fine, ma non sappiamo ancora il nome del vincitore. Mentre possiamo dire chi ha vinto, vince e vincerà sempre: la mafia. Perché “in Sicilia il ciclo dei rifiuti è un non-ciclo”. “Il settore si caratterizza perché è esso stesso organizzato per delinquere” e “l’illegalità si è fatta norma”.
Il sistema
del non-smaltimento
L’INTERO sistema, commissariati, aziende municipalizzate, assessorati all’igiene dei Comuni, “si pone come obiettivo il non smaltimento dei rifiuti, perché il rifiuto è esso stesso la ricchezza”. Un’analisi spietata che nonèstatapartoritadallamente di un ambientalista radicale, ma dalla Commissione parlamentare d’inchiesta sui rifiuti. La munnizza è ricchezza, per il signor Alessandro Di Bella, imprenditore di Paternò, l’equivalente di una vincita al Superenalotto. Perché il signore in questione nel 1996 compra ad un’asta giudiziaria un terreno per 200 milioni di lire, un impegno serio che qualche anno dopo, nel 2002, si rivelerà l’affare della vita. Paternò, infatti, è uno dei Comuni scelti dal governo di Totò Cuffaro per ospitare un inceneritore che sarà costruito propriosulterrenodiDiBella.Cisono proteste, comitati, allarmi degli ambientalisti. L’amministrazione comunale di centro-destra è contraria, ma cambia parere subito, grazie anche all’intervento di un ras della zona, il senatore Pino Firrarello (Pdl), in ottimi rapporti col ministro Angelino Alfano. Ma le zolledelterrenodiDiBellasitrasformano in oro, quel sito compratoper200milionioravale26 milioni di euro, che l’imprenditore converte in azioni della “Waste Italia”, una multinazionale che attraverso la “Sicil Power spa” punta ad entrare nel business degli inceneritori in Sicilia. Chi è Di Bella lo racconta il settimanale catanese Magma in una sua inchiesta: “Sin dal 2002 la società “D. B. Group” ha, di fatto, esercitato, nell’impianto di contrada Cannizzola, un’attività - come emerso in sede d’indagine della Procura di Catania - di smaltimento illecito di rifiuti speciali pericolosi spacciandola per un’attività di recupero”. Miracoli del progetto per la costruzione di 4 inceneritori di Totò Cuffaro e della sua giunta regionale, un business da 5 miliardi di euro. Quattro enormi cimi-Palermo . C’è una inchiesta aperta, un’altra è nelle mani della Procura di Catania e riguarda proprio il miracoloso lievitare dei prezzi dei terreni di Paternò. Ci sono già state 22 perquisizioni nelle sedi delle quattro società interessate al business. “Siamo rimasti impressionati dagli strani incroci azionari di cartello tra lesocietà”,rivelauninvestigatore. Quattro raggruppamenti di sigle (Elettroambiente spa, capogruppo,oltre4impresemandanti; Elettroambiente spa capogruppo, oltre tre imprese, tra queste “Altacoen”, con sede ad Enna, estromessa perché tra i socivieranosoggettilegatiaCosa nostra; Falck spa, con oltre setteimpresemandanti;DgiDaneco gestione impianti, cinque imprese tra le quali l’immancabile Altacoen). Veri “cartelli” cherisultano,inalmenotrecasi, costituiti tutti dallo stesso notaio di Tivoli, Roma, nella stessa data, 25 ottobre 2002, con il deposito cauzionale di una identiniere su tutto il territorio dell’Isola progettati per bruciare 2,7 milioni di tonnellate di munnizza in una regione che ne produce 2,4. È uno degli episodi più oscuri della vita politica siciliana.Bastasfogliarele19pagine che l’assessore regionale per l’Energia, Carmelo Pietro Russo, ha scritto per motivare il no della giunta Lombardo alle scelte di Cuffaro, e che da mesi sono sui tavoli della Procura di ca cifra, 5 milioni e mezzo di euro, versato nella stessa data e concesso dallo stesso istituto di credito. Il tutto senza tanto badare al rispetto della normativa antimafia, come rileva la Corte dei Conti.
Tutto deciso
a tavolino
UNA GARA con mille anomalie, che per la Commissione d’inchiesta sul ciclo dei rifiuti, non sono solo il risultato di maldestre scelte amministrative, masonoilsegnale“piùevidente di una gara meramente apparenteincuituttoerastatogiàdeciso a tavolino e in cui un ruolo determinante potrebbero aver avuto le organizzazioni mafiose”. Puntando, attraverso l’Altacoen e non solo, alla costruzione e alla gestione degli inceneritori,Cosanostramiravaalcontrollo “di tutto il ciclo dei rifiuti”. “Ne sarebbero stati condizionati – scrive la Commissione parlamentare – il livello di raggiungimento della differenziata e le tariffe. Tutto il sistema economico e gestionale sarebbe finito nelle mani della criminalità organizzata”. I tempi velocissimi della gara, la non pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale delle Comunità europee, i successivi ricorsi e la bocciatura del piano e delle delibere: tutto era finalizzato a soddisfare gli interessi delle lobby nazionali dell’incenerimento e dei loro referenti politici sul territorio. Quando la giunta Lombardo decide di cancellarelasceltadegliinceneritori, una delle imprese fa ricorso e riesce ad ottenere un provvedimentodelgiudice .Inballocisono 90 milioni di euro, che moltiplicatiperiquattroraggruppamenti estromessi fanno 360 milioni. Un bagno di sangue per le casse delle Regione Sicilia. “Ma quel provvedimento giaceva nei cassetti e io l’ho scoperto quando mancavano solo 48 ore per opporre ricorso”, fa mettere a verbale l’assessore Russo. “La scelta degli inceneritori – dice Mimmo Fontana di Legambiente Sicilia – è vecchia, già abbandonata dai paesi più avanzati. Favorisce lobby e affari, ma nonrisolveinmanieramoderna e produttiva la questione rifiuti in Sicilia. L’invenzione dell’emergenza è funzionale a chi punta tutto sull’incenerimento”. Un pezzo di Confindustria, le grandi lobby nazionali del settore, buona parte del Pdl e settori dello stesso Pd. E la partita non è chiusa. Guido Bertolaso e il ministro Prestigiacomo insistono sugli inceneritori: “Solo così si chiude il ciclo”. Lombardo, commissario all’emergenza rifiuti, resiste, presenta il suo piano e il governo congela i 200 milioni di euro promessi. Intanto, anche a Palermo i cassonetti bruciano. E Berlusconi vuole fare come a Napoli:discarichemilitarizzate, piano straordinario di costruzione degli inceneritori e promesse.