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 2010  novembre 10 Mercoledì calendario

STEFANI STRITOLATA NEL FRULLATORE DELLE FANTASIE ALTRUI —

La reginetta del «Monster Ball» porta una corona di strass e si avvolge nella bandiera italiana e suona un pianoforte in fiamme mentre viene immortalata sugli schermi di migliaia di telefonini, pronta per essere caricata su YouTube e Twitter in tempo reale. Le telecamere a alta definizione trasmettono la sua immagine sui megaschermi del PalaOlimpico tutto esaurito e i teleobiettivi dei fotografi fermano ogni particolare del suo corpo, da ingrandire e analizzare con calma su internet e sui giornali. Ecco i fianchi, un po’ più rotondi. La cicatrice sull’addome, che fa pensare ai fan più sensibili che Lady Gaga si tagli apposta per lo stress (in gennaio esibiva un taglio gonfio e porporino sull’avambraccio destro). La ricrescita dei capelli, gialli. Il trucco sempre più pesante, a nascondere le borse sotto gli occhi verdi. I cerotti bianchi che le coprono i capezzoli nel nude-look da suora sexy. La reginetta del ballo dei mostri si trasforma sul palco: è la sua «opera pop elettronica» in quattro atti e quattro quadri («Città» con la Rolls blindata e il neon, «Metropolitana» ovviamente di New York, «Foresta» e il gran finale del «Monster Ball» con «Paparazzi» e «Bad Romance»). Un costume sostituisce l’altro (Armani) attraversando le ere geologiche del glam e del pop — omaggi a Madonna, Bowie-Ziggy Stardust, Grace Jones, Klaus Nomi — nel frullatore della fantasia dei suoi creatori d’immagine, la Haus of Gaga. Ed eccola rosso aragosta, blu cobalto, con un trench di vinile nero, poliziotta, i Village People in una donna sola. Stefani Germanotta travestita da Lady Gaga travestita da dominatrix, da robot, da sposa, da extraterrestre, da domatrice del mostro della sua fama («The Fame Monster», titolo del nuovo cd) sempre più globale e sempre più fuori controllo. Stefani balla sul precipizio delle note sempre più gridate e il mostro si moltiplica in scena come su internet mentre lei dialoga con il suo popolo, i suoi mostricini, i little monsters che applaudono e ballano e urlano sottolineando le parole della loro reginetta (autostima, rispetto per sé perché siamo tutti «born this way», nati così). Il popolo di Gaga acclama i «vi amo» e le fellatio simulate dai ballerini en travesti e le prediche della diva che dice «bitch» e «motherfucker» che sono parolacce. E sotto luci stroboscopiche vecchio stile coccola i suoi «gay boys», «qui nessuno è strano o diverso», grida la reginetta ai suoi sudditi tutti uguali, almeno per una notte.
Matteo Persivale