Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  novembre 09 Martedì calendario

PERCHÉ IL CANCELLIERE MERKEL VUOLE CHE LONDRA CONTI NELL’ UE

Perché l’ Inghilterra continua a essere nazione predominante nell’ Unione Europea, pur non avendone assunto la moneta di scambio? Sembra che si voglia dire: faccio parte del gioco, ma dovete sottostare alle mie regole. È pur vero che sarebbe anche impensabile una Gran Bretagna, non allineata con l’ Europa e viceversa. Non sarà che si ha ancora una soggezione nei suoi confronti, in relazione agli esiti della Seconda guerra mondiale?
Roberto Galieti
galinet@alice.it
Caro Galieti, il Trattato di Lisbona prevede che alcuni Paesi, non meno di otto, possano prendere insieme iniziative che altri, per il momento, non sono disposti ad approvare. È il principio delle cooperazioni rafforzate, adottato proprio per impedire che alcuni Stati (Gran Bretagna, Danimarca, Svezia, la Repubblica Ceca) possano mettersi di traverso e bloccare la strada. Nulla vieterebbe ai membri dell’ eurozona, quindi, di accordarsi su misure destinate a migliorare il governo dell’ economia e a garantire la stabilità della moneta unica senza attendere il permesso della Gran Bretagna. Ma ogni qualvolta un Paese avanza questa ipotesi, il cancelliere tedesco, con una sorta di veto, dichiara che le misure costituzionalmente importanti devono essere condivise da tutti i membri dell’ Ue. In queste occasioni la signora Merkel non parla espressamente della Gran Bretagna, ma è probabile che pensi in particolare a Londra. Le propongo due motivi, di cui il primo principalmente economico e il secondo politico-culturale. La Germania ha la più grande economia del continente ed è inevitabilmente costretta ad assumere il peso maggiore di qualsiasi iniziativa che comporti un importante impegno finanziario. Ha raggiunto i suoi traguardi economici con una disciplina, una serietà e un impegno collettivo di cui è orgogliosa, e teme che altri le facciano pagare le loro colpe e i loro errori. Questo sentimento è sempre esistito ed è la ragione delle esitazioni e perplessità con cui la Germania considerò l’ ingresso dell’ Italia nel club dell’ euro. Ma è andato progressivamente crescendo negli ultimi quindici anni, dopo l’ avvento al potere di due cancellieri - Gerhard Schröder e Angela Merkel - che non appartengono alla generazione del dopoguerra e non guardano all’ unità dell’ Europa con gli occhi dei loro predecessori. La Repubblica federale non vuole sbarazzarsi dell’ Europa e perseguire una politica nazionale perché nessuna personalità politica tedesca di media intelligenza può ignorare quali vantaggi il suo Paese abbia tratto dalla politica agricola comune, dal mercato unico, dall’ euro e dal rilievo che l’ Ue ha assunto, bene o male, nell’ economia internazionale. Ma il governo tedesco non vuole fare la parte dell’ ufficiale pagatore e trovarsi solo di fronte a Paesi che bussano alla sua porta in caso di bisogno. La presenza nell’ Ue di un grande Paese euroscettico come la Gran Bretagna gli garantisce, quando le iniziative europee sono particolarmente impegnative, un potenziale alleato. Il secondo motivo è storico e culturale. La Germania guglielmina ha sfidato Londra sugli oceani, ma nel fondo della psicologia tedesca vi è per la Gran Bretagna una sorta di deferente ammirazione. Si direbbe che per i tedeschi i cittadini delle isole britanniche siano i cugini sassoni, un popolo con cui è difficile andare d’ accordo, ma di cui è impossibile negare le qualità politiche, l’ intelligenza, il genio imperiale. Quando riteneva di avere l’ Europa in pugno, Hitler era disposto a immaginare un mondo in cui la Grande Germania e la Gran Bretagna avrebbero pacificamente regolato i loro affari e fissato amichevolmente il confine delle loro rispettive zone d’ influenza. Fu questa probabilmente la ragione del donchisciottesco volo di Rudolph Hess verso la Scozia nel maggio 1941. Credo che qualcosa di quell’ atteggiamento sopravviva nella psicologia di molti tedeschi.
Sergio Romano