Walter Riolfi, Il Sole 24 Ore 10/11/2010, 10 novembre 2010
E PECHINO DECLASSA L’AMERICA
Se non l’assegni ai titoli di stato americani la tripla A, a chi la dovresti dare? Così ragionano Moody’s e Standard & Poor’s che, essendo statunitensi, sono forse un po’ di parte. E così ragione Fitch, la terza agenzia internazionale di rating. Ma così non la pensa Dagong Global Credit Rating, che ieri ha declassato il debito Usa portandolo da AA ad A+: ben più basso delle nazioni più virtuose, come Australia, Danimarca, Svizzera, più basso di Germania, Canada, Olanda e Svezia, peggio di Francia, Giappone e Regno Unito. E ovviamente peggio della Cina che da Dagong s’era vista assegnare un bel AA+. La nuova agenzia di rating è sicuramente ancor più di parte delle tre sorelle anglosassoni. Nata per incoraggiamento del Governo della Repubblica del popolo cinese e della Banca del Popolo, rappresenta il braccio finanziario del regime sul mercato mondiale dei capitali.
Nelle 10 fitte pagine di analisi con cui ieri è stato declassato il debito Usa, vi sono considerazioni condivisibili o, quanto meno, sottoscrivibili da molti ministri del G-20 che nuovamente s’incontreranno domani a Seul. Ma l’impianto della ricerca obbedisce in tutto alle linee imposte dalle autorità politiche e monetarie di Pechino. E alla luce delle polemiche sul nuovo quantitative easing della Fed e della svalutazione del dollaro perseguita da Washington, vanno letti i giudizi di Dagong. «La crisi che gli Stati Uniti stanno affrontando non può essere risolta con la svalutazione della moneta – si legge nel report –. Al contrario, è probabile che una nuova crisi globale possa venir innescata proprio dalla politica americana tesa a deprezzare il dollaro contro gli interessi dei creditori».
Tra questi ultimi vi sono soprattutto gli investitori cinesi e la banca centrale che è il più grande detentore di titoli Usa. La minaccia è che questi investitori possano stancarsi di acquistare attività in dollari, al punto da «minare la capacità degli Usa di attrarre capitali e mettere in crisi lo status del paese come centro della finanza globale». Al di là delle argomentazioni avanzate da Dagong, in parte opinabili e sicuramente poco consone alle analisi delle società di rating, è questo il messaggio veramente importante. Nelle riserve valutarie cinesi vi sono titoli di stato Usa per 870 miliardi di dollari, pari al 21% del debito pubblico americano detenuto da investitori esteri. La decisione (estrema e poco probabile) di vendere Treasury finirebbe per far lievitare i rendimenti dei titoli e indebolirebbe ulteriormente il dollaro.