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 2010  novembre 10 Mercoledì calendario

Lewis Joe

• 1937 (~). Finanziere. Fondatore di Tavistock Group, impero immobiliare, sportivo ed energetico. Meglio noto come The Boxer tra i pochi, grandi speculatori sul mercato delle valute • «Per tutta la vita [...] ha seguito il consiglio del grande imprenditore americano Nelson Rockefeller: “Fai in modo di apparire solo tre volte sui giornali, quando nasci, quando ti sposi e quando muori”. [...] “È un uomo prudente che però carica a testa bassa una volta che la decisione è presa”, spiega un banchiere che lo conosce bene. Al pari di George Soros, suo guru, con le speculazioni valutarie hanno fatto faville durante la crisi della sterlina del 1992, e di nuovo tre anni più tardi cin quella crisi del peso messicano. Ma a differenza di Soros, sempre assistito da un’équipe di gestori, Joe Lewis porta avanti i suoi affari da solo, a forza di colpi di poker. Se presta un orecchio attento alle analisi di qualche esperto, alla fine decide solo lui, questo genio della compravendita azionaria, piazzato nell’enorme sala-controllo realizzata nel suo maniero-bunker. “Se un’idea gli piace, mobilita i mezzi necessari a condurre l’operazione a buon fine. Poi passa al progetto successivo” dice il suo braccio destro, Raseh Thakkar, direttore generale di Tavistock. La gestione quotidiana è delegata ai collaboratori mentre Lewis si concentra sugli aspetti macroeconomici dei Paesi e dei settori d’investimento [...] solitario negli affari ha orrore della solitudine nella vita provata. Divorziato e padre di due figli, si è risposato con la sua segretaria e ama frequentare ricchi imprenditori come lui ma anche persone di levatura più modesta [...] Ha qualcosa che ricorda Howard Hughes. “Detesta parlare alla gente. È un gran timido”, dice sua figlia Vivienne. Ma a differenza del famoso miliardario americano, Joe gode della sua fortuna: ha un enorme yacht, una fondazione con il suo nome per la lotta contro il cancro, e coltiva la passione per il golf e i cavalli da corsa e le partite a backgammon. Il suo amore per l’arte lo avvicina a François Pinault, altro autodidatta e fine conoscitore della pittura contemporanea. Joe Lewis ha una preferenza per gli impressionisti. I suoi gusti eclettici coinvolgono anche il calcio. È fiero di aver assunto il controllo del Tottenham Hotspurs, squadra della Premier League e preferita dalla comunità ebraica nella parte Nord di Londra. [...]» (Marc Roche, “La Stampa” 21/3/2008) • «A 15 anni [...] dimostrò per la prima volta il suo bernoccolo per gli affari. All’epoca il nostro Joe, finite le medie, serviva da cameriere in un piccolo pub posseduto dai genitori in quel di Roland Arms a Londra, nell’East End, all’epoca, nel 1952, malfamato e un po’ sinistro come ai tempi di Jack lo Squartatore cui era stato attribuito pure l’uccisione di Kitty Roland (da cui il nome della via). Un “buco”, insomma, in cui il nostro eroe sembrava destinato a spostare fusti di birra per una vita. Ma Joe decise che era meglio spostare... la fermata del bus. Già, armato di secchio e pennello Lewis cancella la vecchia fermata spostandola di qualche metro proprio davanti all’entrata del pub. Così, nell’attesa, la gente poteva bersi in pace un buon boccale. Un’idea geniale, degna di uncle Scrooge, sì l’eroe avaro di Dickens che proprio in queste vie trafficate a due passi dal porto traeva ispirazione per le sue avventure. Ma non facciamo torto a quel ragazzo dal nome di pugile e dalle spalle da proletario: nel corso degli anni ha mantenuto le promesse, in quanto a fiuto degli affari. Ma ha staccato più di un assegno milionario, in sterline, per ospedali e scuole. E di lui si ricorda pure un assegno da due milioni e mezzo di sterline per la Wallace Collection, piccolo ma delizioso museo dalle parti di Manchester Square. Ma queste cifre sono comunque poca cosa per Joe Lewis [...] Le sue attività? Più facile, forse, far l’elenco delle cose di cui non si occupa il suo Tavistock Group: 170 società in 15 Paesi, dal biotech all’immobiliare, dal turismo d’elite (campi di golf) ad una rete di ristoranti in giro per i continenti (ultimo acquisto, i 19 Freebirds Burrito, cucina messicana in Texas), gestiti da Robert Earl, il creatore di Planet Hollywood dopo una lunga esperienza nella catena degli Hard Rock Cafè [...] è stato Lewis il primo a calare l’asso per assicurarsi il piatto, o almeno uno dei piatti più ricchi, dei subprime [...] ha colto di sorpresa le Borse di tutto il pianeta annunciando l’acquisto del sette per cento di Bear Stearns, la quinta potenza del mercato delle banche d’affari americane [...] Bear Stearns è stata la miccia, ma anche la prima vittima della crisi dei subprime, obbligata ad alzare bandiera bianca dopo l’insolvenza di due grandi fondi di investimento zeppi di derivati e mutui ad alto rischio. Nel giro di un paio di mesi le azioni sono crollate del 35 per cento, ma di compratori nemmeno l’ombra anche se Jimmy Cayne, il presidente, ha lanciato segnali un po’ dappertutto, alle banche cinesi in particolare. Ma non aveva pensato a Joe Lewis che, zitto zitto, dal suo quartier generale alle Bahamas guidava la raccolta, discreta, dei titoli [...] il nomignolo The Boxer se l’è meritato per i suoi colpi da Ko inferti negli anni Novanta alla sterlina, assieme a George Soros (che, al contrario di Lewis, ama la pubblicità) e, soprattutto, al peso messicano. [...]» (Ugo Bertone, “Il Foglio” 15/9/2007).