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 2010  novembre 10 Mercoledì calendario

“Il paradosso cattolico: avari con la famiglia” (2 articoli + tabella) - Ettore Gotti Tedeschi (presidente dello Ior e docente di etica della finanza all’Università Cattolica di Milano), perché i paesi cattolici come la Spagna, la Polonia e l’Italia sono quelli che in Europa investono meno per la famiglia? «Si tratta di un fenomeno contingente degli ultimi venticinque anni ed è il frutto avvelenato di un nichilismo che ha germogliato di più proprio nelle aree europee d’origine cattolica

“Il paradosso cattolico: avari con la famiglia” (2 articoli + tabella) - Ettore Gotti Tedeschi (presidente dello Ior e docente di etica della finanza all’Università Cattolica di Milano), perché i paesi cattolici come la Spagna, la Polonia e l’Italia sono quelli che in Europa investono meno per la famiglia? «Si tratta di un fenomeno contingente degli ultimi venticinque anni ed è il frutto avvelenato di un nichilismo che ha germogliato di più proprio nelle aree europee d’origine cattolica. In vetta alla classifica della percentuale di prodotto interno lordo destinato alla famiglia ci sono paesi nordici come Danimarca, Svezia e Finlandia e ciò è dovuto anche al fatto che sono scarsamente popolati e quindi lassù favorire la crescita della natalità ha immediatamente una ricaduta economica positiva. Subito alle loro spalle, però, c’è la Francia ed è quello l’esempio più significativo, soprattutto per l’Italia». Perché proprio la Francia? «La Francia è un paese con un numero di abitanti sufficiente per paragonarlo all’Italia. In Francia si investe per la famiglia esattamente il doppio rispetto all’Italia(cioè l’1% del Pil invece del 2%) a causa di un modo di ragionare cartesiano che mette i numeri nei concetti. Lo loro mentalità è basata su aspetti quantitativi perciò si sono accorti che sotto la soglia dei due figli a coppia una società industriale si impoverisce e da anni sono impegnati in campagne per la natalità. Invece in Italia la popolazione non cresce e, senza l’apporto demografico dell’immigrazione, saremmo sotto il tasso zero: il numero di nascite non compensa il numero di morti. E se la popolazione non cresce, il Pil può aumentare solo facendo lievitare i consumi “pro capite”, mentre fino a 25 anni per garantire la crescita economica bastava l’aumento progressivo della popolazione. E’ qui che scatta il cortocircuito del debito». Quale cortocircuito? «Per aumentare i consumi bisogna aumentare il potere d’acquisto e invece ciò è reso impossibile dalle tasse necessarie a coprire i costi di una società invecchiata (sanità, pensioni). In Italia nel 1975 il peso delle imposte era il 25% del Pil, nel 2005 oltre il 45%. Dunque se la popolazione non cresce, un paese diventa inevitabilmente più povero. A valore monetario corrente di potere d’acquisto, al giorno d’oggi una coppia di 40enni guadagna meno di quanto guadagnava 25 anni fa un padre di famiglia da solo. In Nord Europa e in Francia hanno capito che, in tema di famiglia, il problema non è soltanto fare figli ma educarli». In che modo va sostenuta la famiglia? «Con gli incentivi economici, cioè sgravi fiscali. Ma la mia proposta va oltre quel che si si sta discutendo alla Conferenza di Milano. C’è bisogno di un patto di stabilità a livello europeo, sul quale abbia il compito di vigilare una Authority centrale. Ogni stato deve destinare alla famiglia il 2,5% del Pil, senza un’autorità di controllo la maggioranza dei paesi resterà inadempiente. Non si esce dalla crisi economica se le famiglie non si rimettono a fare figli. C’è la flessione demografica dietro a quella dei risparmi e dei consumi. Per un’Europa che ha una moneta ma non un governo, almeno una politica comune della famiglia è lecito attendersela. In più l’Italia paga vecchie colpe come lo statalismo inefficiente, le privatizzazioni malfatte, i problemi creati al momento dell’ingresso nell’euro». E’ d’accordo con la proposta del ministro Sacconi di aiutare solo le coppie sposate? «E’ una valutazione di ordine morale e non economico. Il mio discorso è un altro. I figli non basta metterli al mondo, bisogna allevarli. E’ come la pasta: quella migliore è fatta in casa. I figli vanno seguiti, non dislocati dalle baby sitter o peggio dai nonni. Servono sgravi fiscali, deduzioni dalle imposte. Ad ogni famiglia con figli che vanno a scuola va destinato un sostegno economico equiparato al sussidio di disoccupazione. L’aiuto all’educazione deve essere uguale a quello riservato a quanti sono senza occupazione. La crescita della popolazione non ha mai minacciato lo sviluppo, al contrario lo ha favorito. Anche le Nazioni Unite in un rapporto del 2002 hanno spiegato che la popolazione mondiale tra il 1900 ed il 2000 è cresciuta di quattro volte, ma che il Pil mondiale è cresciuto nello stesso periodo di 40 volte». E’ soltanto una questione economica? «Tutt’altro. Nessun governo è riuscito ad abbassare la pressione fiscale in questi anni per la semplice ragione che ciò non è possibile in assenza di crescita demografica. Per sperare di poter aggiustare gli strumenti (cioè la finanza, i controlli, la governance), bisogna rimettere a posto la famiglia come cellula costitutiva della società. Da trent’anni a questa parte in Italia è diminuita la popolazione giovane ed è cresciuta quella anziana, perciò meno gente produce e più gente usufruisce di pensione e sanità, quindi ci sono maggiori costi fissi. Un’economia può compensare questo processo solo in due modi: o aumentando le tasse o accrescendo la popolazione. La crisi economica di oggi dipende anche dal fatto che si è persa la centralità della famiglia». *** Ecco il quoziente “alla parmigiana”: più figli, più sconti - A Parma ne vanno tanto fieri che gli hanno dato il nome della città, «Quoziente Parma» appunto. E’ il coefficiente brevettato dal comune emiliano, il primo in Italia a dotarsi di uno strumento del genere, per applicare tariffe più vantaggiose per l’accesso ai servizi dei cittadini in condizioni economiche difficili. Dopo l’approvazione all’unanimità in consiglio comunale la scorsa primavera, e dopo il debutto ufficiale quest’estate con i centri estivi, dall’inizio dell’anno scolastico il nuovo sistema è stato applicato ai servizi educativi, dopodiché si passerà all’assistenza agli anziani dalla primavera del 2011. Il concetto alla base del quoziente Parma – di cui si discute in questi giorni anche alla Conferenza nazionale della famiglia a Milano – è l’individuazione dell’effettiva situazione economica della persona o del nucleo familiare che richiede di accedere a tariffe scontate: «E’ un sistema su misura, che viene tagliato come un vestito sulle esigenze del cittadino e della famiglia», spiega Cecilia Greci, dell’Agenzia per la famiglia del Comune di Parma. Sono stati fissati quattro parametri: il numero dei componenti, la condizione dei figli a carico, la situazione lavorativa dei genitori e la presenza di persone disabili, oltre alla tipologia di disabilità. Da qui si è arrivati al coefficiente con cui viene poi integrato il tradizionale Indicatore della situazione economica equivalente, l’indice Isee in vigore a livello nazionale, in modo da superare rigidità che finivano per penalizzare proprio le famiglie più numerose. E così la tariffa Isee viene corretta tenendo conto anche dell’impegno sopportato per la presenza di un familiare con handicap, ma anche di un bambino in affidamento. «Prendiamo il caso di una famiglia composta da due genitori e due bambini, dal reddito annuo fino a 35 mila euro – prosegue la Greci -: per l’iscrizione al nido o alla scuola materna comunale ci sarà uno sconto intorno al 15%, ma qualora nella stessa famiglia ci sia un terzo figlio disabile, o un anziano disabile, lo sconto arriverà al 35-40%». Aumentando il numero dei figli aumenta anche l’entità della facilitazione. Il cammino che ha portato l’amministrazione parmigiana a dotarsi del suo quoziente familiare in anticipo su tutti gli altri ha preso il via nel 2007, dopo l’insediamento della giunta Vignali: «Abbiamo messo intorno a un tavolo le associazioni delle famiglie e abbiamo raccolto i loro contributi – racconta Cecilia Greci - Allo stesso tempo ci siamo guardati intorno, studiando le esperienze che sono state compiute altrove, come in Francia ad esempio, e nel 2009 abbiamo messo a punto il nostro quoziente. E’ uno strumento flessibile - continua Cecilia Greci - che si adatta bene ai carichi di cura sopportati dalle famiglie, e che per la sua natura si presta anche ad essere utilizzato da altri soggetti, non solo dalle pubbliche amministrazioni, per calcolare e valutare la situazione complessiva dei singoli nuclei familiari». A ogni famiglia la sua tariffa secondo le reali difficoltà di vita, così hanno ragionato a Parma, e col loro coefficiente hanno inventato una curva matematica che ha sorpassato gli scaglioni del sistema Isee. FRANCO GIUBILEI