Adriana Cerretelli, Il Sole 24 Ore 9/11/2010, 9 novembre 2010
«UN PREMIO ALLE AZIENDE CHE INQUINANO MENO»
Investire in nuovi impianti di produzione per abbattere i consumi di energia potrebbe presto rappresentare per le imprese europee non solo un costo ma anche un buon affare. Come? Attraverso i "certificati bianchi", smerciabili sul mercato comunitario. Parola del tedesco Günter Oettinger.
Domani il commissario dell’Unione europea all’Energia presenterà la sua strategia di lungo termine: Energia 2020 il nome del pacchetto che spazia dal risparmio energetico, appunto, alla creazione di infrastutture paneuropee fino a una politica estera comune passando per gli stimoli all’innovazione tecnologica.
Di tutte le priorità è comunque la prima, il risparmio energetico, quella sulla quale - dice in questa intervista a Il Sole 24 Ore concessa a meno di un mese dalla Conferenza delle Nazioni Unite a Cancun sull’Ambiente - l’Europa deve premere l’acceleratore.
I fatti. Il teorema dell’Unione europea anti-effetto serra si articola sulla formula 20-20-20 da realizzare entro il 2020: riduzione del 20% delle emissioni di CO2, aumento del 20% delle rinnovabili e del 20% dell’efficienza energetica. Se sui primi due obiettivi le cose avanzano, sul terzo è il disastro annunciato. Senza una decisa sterzata, con le misure attuali si arriverà a malapena a migliorare l’efficienza dell’11 per cento. Quindi, ambizioni dimezzate.
Invece no. Oettinger a quel 20% non vuole rinunciare. Ma sa che sarà complicatissimo arrivarci. «Perchè per ora, a differenza degli altri due obiettivi che sono stati molto ben sviscerati, il terzo è solo un target politico. Non si è ancora deciso che cosa significhi in concreto efficienza energetica, quale sia l’anno-base di riferimento su cui calcolarne l’evoluzione, se l’obiettivo debba essere o no vincolante, se il risparmio debba essere del 20% uguale per tutti o se l’onere vada differenziato, come è avvenuto con i tagli alla CO2, per paesi e per settori industriali, se poi il tutto vada fissato in piani nazionali».
In attesa di sciogliere questi nodi al vertice sull’energia dei 27 capi di governo europei che si terrà in febbraio a Bruxelles, il commissario ha in testa due progetti chiari. Che in giugno potrebbe formalizzare in una proposta di direttiva comunitaria. Il primo riguarda i "certificati bianchi" di cui si diceva, un sistema che funziona già in alcuni paesi europei, tra gli altri in Gran Bretagna.
«Per spingere l’industria a ridurre, oltre alle emissioni di CO2, anche i consumi energetici, si può pensare a un secondo certificato». Nel primo caso c’è già il mercato Ets - l’emission trading scheme, lo schema per lo scambio di diritti di emissione, cioè la declinazione Ue del sistema cap-and-trade - che funziona. Nel secondo va avviato, ricalcandone le orme. Come? Per indurre le imprese più energivore, ma non solo, a tagliare i consumi, bisogna premiarne gli investimenti, sottolinea il commissario.
Il premio sarà il certificato, emesso dall’Authority nazionale competente. Il suo valore dipenderà dalla percentuale di risparmio ottenuta e aumenterà man mano che i target si faranno più stringenti. Supponiamo un risparmio del 20 per cento. Il certificato potrà essere venduto recuperando così parte dell’investimento effettuato. L’impresa che lo acquisterà potrà contabilizzare quel 20% "di carta" per incrementare a sua volta la propria efficienza.
Poi c’è l’edilizia. Per i nuovi edifici ci sono già gli incentivi previsti dalla direttiva vigente. Oettinger li vuole introdurre anche per incoraggiare il rinnovo di quelli esistenti. Di mezzo, in questo caso, ci sono i privati cittadini e l’ammortamento dei costi in 20-30 anni. «L’efficienza energetica va cofinanziata con aiuti europei che affianchino quelli nazionali», dice Oettinger. Per quelli pubblici ogni gara d’appalto dovrà prevedere una percentuale obbligatoria di risparmio di energia.
Arriva l’inverno, timori di penuria di gas in Europa anche quest’anno? «Non c’è nessuna garanzia che i rischi siano eliminati. Però abbiamo imparato dalla crisi del gennaio scorso. C’è un buon sistema di early warning con la Russia. E poi Gazprom, che ci fornisce 500 miliardi di metri cubi di gas all’anno, sa che non possiamo portare quella cifra a zero ma sa anche che una nuova crisi non farebbe che accelerare il nostro ricorso alle rinnovabili e al nucleare. Questo è il nostro miglior argomento con Mosca».