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 2010  novembre 09 Martedì calendario

Il ragazzo da tre milioni di dollari (2 articoli) - Filippo Candio s’è atteggiato a italiano un po’ pollo ed è stato il primo italiano a entrare nel tavolo finale delle Wsop, il mondiale di poker sportivo, che per i cartofili è più di un mundial e dieci olimpiadi concentrate insieme

Il ragazzo da tre milioni di dollari (2 articoli) - Filippo Candio s’è atteggiato a italiano un po’ pollo ed è stato il primo italiano a entrare nel tavolo finale delle Wsop, il mondiale di poker sportivo, che per i cartofili è più di un mundial e dieci olimpiadi concentrate insieme. Las Vegas, i casinò, le luci del deserto, le belle croupier, il pubblico, le tv, centinaia di giocatori. E il montepremi, una vera montagna di dollari sparsa su un tavolo in bella vista. Candio è arrivato quarto, portando a casa tre milioni di dollari. Sardo, 26 anni, qualche esame a giurisprudenza, poi abbandonata per fare il professionista interinale nei tornei del pianeta. E’ l’ultima star della pokermania che conquista ogni età, soprattutto giovani. Viene dal gioco su internet, la rivoluzione copernicana del poker. Da quando anche la casalinga, l’adolescente, il manager stracco di lavoro si collegano a un pc per inventare full, il gioco s’è emendato dalle brutte fame di un tempo. Chi si dichiarava pokerista, o era un pollo che si sentiva faina spennando gli amici del giovedì, o era una lenza di scarsa raccomandabilità. Il Web ha creato la terza via, di brave persone normalissime, visi acqua e sapone, mimetizzati con occhiali e felpe per essere più impenetrabili. Le falangi di appassionati generano affari e mercato (10 miliardi di dollari nel mondo). Telecronache commentate (da Caressa a Pagano), riviste per appassionati, sponsor, campionati. Biblioteche di consigli, dalla psicologia alla probabilistica. Joe Navarro, ex agente Fbi, forte di centinaia di interrogatori a mascalzoni che mentivano, ha scritto un manuale per smascherare il bluff: il punto più vulnerabile è il piede: pochi si premurano di mascherarne i movimenti, perché lo pensano protetto dal tavolo. Il Texas Hold’em richiede abilità, matematiche e psicologiche. Per questo s’è meritato la promozione a «sport». I campioni sono mediatici, testimonial di pubblicità, hanno un ranking come i tennisti, in base ai premi incassati. Hanno anche tifosi e cronisti che ne seguono le gesta. Qualche scoria di proibito tuttavia resta. Il Texas si gioca con i soldi, confina con l’azzardo. Nessuno dovrebbe rovinarsi, perché il poker sportivo è un torneo. I partecipanti pagano la stessa quota di iscrizione (1 euro, 1000 euro, 10mila euro...) e ricevono lo stesso numero di fiches. Vince chi elimina tutti gli avversari; e chi perde, perde solo la quota di iscrizione. Però il denaro c’è, si paga, si vince (anche molto nei grandi tornei), e quando spunta la febbre del gioco è difficile prevedere dove finisca. La legge non sa che carte pigliare. E così, un po’ ipocritamente, il poker va in tv, si pubblicizza, ma dal vero si può giocare solo nei casinò. Se una bocciofila organizza un torneo fa qualcosa di illegale. Il vero mondo libero, selvaggio e legale del poker è internet. In Italia ci sono 10 siti con regolare concessione statale, pagano le tasse e arruolano Totti o Buffon come testimonial (altre centinaia di poker room nell’off shore del web sono bloccate, ma si raggiungono con qualche trucchetto). Chiunque può iscriversi, usando la carta di credito. Il poker al computer è comodo, veloce, nutre ambizioni, perché i siti mettono in palio assegni per partecipare (viaggio e iscrizione) ai grandi tornei live nel mondo. I ragazzi della webgeneration impazziscono. Hanno imparato l’arte sullo schermo, senza aver spillato carte vere, come se fosse più un videogioco che una faccenda da bische e Dostoevskji. Alcuni, pochissimi, diventano campioni e accumulano stipendi da Wall Street. Gli altri bruciano paghette, carte di credito ai furibondi genitori, e notti sottratte a sonno e studio. Forse la nuova finanziaria liberalizzerà le sale da gioco, per cavarne tasse. E per mettere un po’ d’ordine in un fenomeno sociale vitaminizzato da tv, spot, costumi: mezzo milione di italiani dai 18 anni in su ormai giocano on line, e l’espressione «puntare tutto», «all in», è divenuta gergo quotidiano, forte della sua metafisica temerarietà. Il poker, intanto, va avanti per la sua strada, come fa da secoli, inventato dai persiani, e reso virile dal West americano. Pensa persino di bussare alla porta del Coni, per diventare regolare «sport della mente». Forse anche del corpo, perché sedere per dodici-quattordici ora di fila, a smontare bluff, è fatica da maratoneti. BRUNO VENTAVOLI *** In garage ho una Porsche, e sto racimolando gli ultimi punti per vincere un’altra auto». Luca Moschitta, di Catania, è uno dei fenomeni del poker online italiano. Ha iniziato a giocare a 18 anni. Oggi, a 21, dedica al poker molte ore al giorno - «in media 3 o 4, ma arrivo anche a 8», ha un contratto con una «poker room», e si mantiene con tris, full e scale reali. A gennaio volerà alle Bahamas per partecipare al torneo «Pokerstars Carribbean Adventure». Quando hai cominciato a giocare? «A 18 anni, perché ho visto una partita in tv: era semplice e non posso negare che il fatto di poter guadagnare mi ha subito attratto molto. Ho iniziato online, con le carte, a dire il vero, non avevo nemmeno mai provato. Mi affascina la competizione, la sfida contro gli altri giocatori». Davvero ti mantieni con il poker? «Sì, ma non posso dire quanto guadagno. Ho un contratto con la Pokerstars che mi garantisce uno stipendio mensile, e in più ci sono le vincite». Che cosa dicono i tuoi genitori? «All’inizio erano diffidenti, oggi sono abbastanza contenti, perché studio e lavoro. Dopo il liceo mi sono iscritto a economia aziendale. Non frequento le lezioni, vado solo a dare gli esami. Per me lo studio è un hobby che mi permette di rimanere in equilibrio con me stesso». Pensi che continuerai a giocare per tutta la vita? «Economicamente potrei farcela, ma spero di rimanere nel mondo del poker, magari come manager in un’azienda». Per molti il gioco si trasforma in patologia. Non temi di influenzare negativamente altri ragazzi? «Come in ogni gioco, anche nel poker online ci sono dei rischi, ma per divertirsi bastano pochi soldi. Si può giocare anche gratis. Anzi: conosco persone che perdevano tantissimo al lotto o al casinò che con il poker online si sono salvate. Il problema non è mai il gioco, sono le persone». FRANCESCO MOSCATELLI