9 novembre 2010
Veneto, rabbia sotto l’acqua «Dove sono i fratelli d’Italia?» - Se la produttività del Veneto si ferma, si blocca anche l’Italia
Veneto, rabbia sotto l’acqua «Dove sono i fratelli d’Italia?» - Se la produttività del Veneto si ferma, si blocca anche l’Italia. Eppure solo qualche giorno fa la ripresa veniva sottolineata da un’export in aumento. Prima del diluvio. Intere aree produttive sono sott’acqua, non si contano gli impianti e le merci da buttare. È ormai evidente che questa parte del Paese è confine dell’impero, «per i media nazionali siamo lontani». Evita i piagnistei il presidente degli industriali del Veneto, Andrea Tomat ma non nasconde la delusione. C’è voluto un appello dell’élite nordestina per risvegliare l’attenzione dell’opinione pubblica su un cataclisma che ha messo in ginocchio il triangolo produttivo più importante d’Italia. «È difficile quantificare i danni in questo momento - osserva Tomat - e in ogni caso sarebbe prematuro e parziale. Adesso servono le risorse economiche che facciano ripartire il tessuto economico regionale». Il leader degli industriali veneti, da imprenditore e da presidente, si augura che «non ci siano altre criticità significative» e non fa differenze tra categorie, «bisogna fare in modo che tutti gli imprenditori vengano aiutati». È questione di tempo, prima si riesce a rimettere in piedi il sistema, prima si è in grado di ripartire. Una cosa è sicura, in una regione in cui i tavoli di crisi nell’ultimo anno si sono moltiplicati insieme alle ore di cassa integrazione, e in cui il tasso di disoccupazione ha raggiunto il 6%, percentuale impressionante per quest’area, l’alluvione infligge un colpo mortale. Tomat respinge al mittente l’ipotesi che il Veneto non abbia saputo reggere a un cementificazione selvaggia che ne ha stravolto il profilo originario. «Non siamo nel 1966 - puntualizza - allora ad allagarsi furono soprattutto le campagne, oggi abbiamo di fronte aree antropizzate ed è evidente che l’effetto economico è estremamente più grave». Detto ciò, per Tomat è giusto chinare il capo di fronte a un «fattore natura che non può essere controllato, è assurdo - aggiunge - dare la colpa a un solo elemento». L’appello del Nordest ha avuto un certo seguito, ma venti milioni stanziati dal governo non sono il miliardo chiesto da Zaia, da mercoledì Commissario straordinario per l’alluvione, «una nomina intelligente», chiosa Tomat. Anche Guido Bertolaso, sottosegretario alla Protezione civile, prossimo alla pensione, ha ridimensionato la cifra gridata dal governatore leghista. Tuttavia, per la Lega, l’alluvione è un banco di prova. Anche se al ”Prima i Veneti” tanto sbandierato, l’Italia ha risposto con un’alzata di spalle. E alla vigilia della visita a Padova del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, l’onda di piena si trasforma nell’ennesima polemica politica. L’affondo del Carroccio parte dal capogruppo in consiglio regionale, Federico Caner. «Napolitano definisce “vergognoso” il crollo di Pompei - sottolinea - ma finora non ha speso una parola per la silenziosa tragedia del Veneto alluvionato. Lo aspettiamo giovedì a Padova: allora chiederemo risposte, allora sarà impossibile girare la testa altrove ignorando l’orgoglio e la dignità del popolo veneto». Per l’esponente leghista «il Veneto silenzioso la propria parte l’ha già fatta. Ora attende che i “fratelli d’Italia”, gli stessi che ci chiedono di festeggiare l’Unità, dimostrino di esserlo realmente». Ma non finisce qui, la Lega fa un nodo al fazzoletto e sul presunto disinteresse di Roma, costruisce una vera e propria invettiva. «Ci chiedono in ogni occasione di cantare un Inno chiamandoci “fratelli” - insiste Caner - a cui ogni anno lasciamo un residuo fiscale pari al 10,3% del nostro Pil, cioè 11,5 volte superiore a ciò che adesso vogliamo indietro non per elemosina ma per necessità». Poi risponde per le rime al leader dell’Udc: «Veneto, finalmente benvenuto in Italia», ironizza Casini da Napoli. «Noi gli rispondiamo invece “Benvenuto in Veneto”, quando vorrà venire a verificare in prima persona cosa sta succedendo nella nostra regione alluvionata». Meno infuocato e forse più disincantato, Giuseppe Bortolussi all’opposizione in consiglio regionale e mente dell’ufficio studi della Cgia di Mestre: «La Regione Veneto è in ginocchio - spiega - ha dai 370 ai 390 milioni in meno di finanziamenti ai quali si aggiungono 130-140 milioni in meno di addizionale Irpef, che fanno circa 500 milioni». La cifra che servirebbe per rimettere in piedi il Veneto alluvionato. «Non ci sono risorse per intervenire, lo deve fare lo Stato. E poi parliamoci chiaro - conclude - se non tira il Pil del Nordest è difficile che il resto del Paese se la cavi».