MICHELA TAMBURRINO, La Stampa 7/11/2010, pagina 17, 7 novembre 2010
La “signora Coriandoli” orfana dei cinepanettoni - Dal pedalò alla signora Coriandoli fino alle lacrime dell’Isola dei Famosi, il grande successo e poi il silenzio, cercato ma anche subito
La “signora Coriandoli” orfana dei cinepanettoni - Dal pedalò alla signora Coriandoli fino alle lacrime dell’Isola dei Famosi, il grande successo e poi il silenzio, cercato ma anche subito. Maurizio Ferrini è un uomo colto, intelligente, spiritoso, che si è travestito da personaggio ma che ha rifiutato l’etichetta del personaggio e ha accettato le conseguenze della sua scelta. «Mi chiamavano per fare i film sugli yuppie, i primi cinepanettoni. E io niente. A forza di rifiuti il telefono ha smesso di suonare». E dire che in Ferrini c’erano le stimmate del comico che poi cresce, magari persino sfruttando i clichés. Errore. Il carattere era un altro. «Correvano gli anni Ottanta e io andavo in giro per le piazze della Romagna, l’Arci mi sistemava nelle Feste dell’Unità locali, mi spinsi fino a Camerino, piacevo ai Comuni. Nell’83 mandai una cassetta che raccoglieva i miei spettacolini a Nicoletta Braschi, già fidanzata con Roberto Benigni, pregandola di farla arrivare a Renzo Arbore. Vai a sapere che Benigni e Arbore avevano litigato! Fortunatamente la Braschi non si perse d’animo e la cassetta finì nel cappotto di Arbore, a una festa». Cambio di scena, un anno e mezzo dopo, Arbore si fa vivo e al telefono risponde la madre di Ferrini: «Un po’ la signora Coriandoli. Quando torno a casa mi dice serafica “Guarda che ti ha cercato Arbore” come se fosse normale. Mi diede appuntamento a sei mesi di distanza. Era gennaio 1985 a casa sua. Io arrivai con un furgone Fiat, di quelli vuoti dentro e lì mi cambiavo. Entrai facendo quello che poi avete visto, Arbore mi cucì addosso il ruolo, il venditore di pedalò di Cesenatico. Erano tutti lì, sul divano a guardarmi, Frassica, Laurito, Pazzaglia, Catalano. Parlavamo a ruota libera e per segnalare che stavamo uscendo dal personaggio dovevamo alzare la mano. Si litigava anche molto, erano sfuriate creative. Eravamo pronti per le 32 puntate. Arbore chiamò Minoli, capostruttura, e gli disse: “Non ti fare vedere in trasmissione, mai. Siamo una nave che va a picco, nessuno capirà quello che facciamo. Questo programma sarà la nostra bara”. Per 10 giorni i giornali tacquero in memoria dei caduti. Noi ci dicevamo, “di fronte alle grandi tragedie, si resta ammutoliti”. Poi esplose il fenomeno, i giornalisti bivaccavano nel mitico Studio 1 di via Teulada, qualcuno sarà ancora sperso lì. Rivedo il povero Romano Prodi, allora presidente dell’Iri, schiacciato nel corridoio tentando di entrare. Stava lì imbonzinato mentre Isabella Rossellini gli sfilava accanto». Un delirio che portò Ferrini in Russia per raccontare quei posti inviato da Panorama e, tutti, a Stupinigi per la Festa del solstizio d’estate. L’Avvocato invitò a pranzo Arbore e insieme complottarono per una sorta di burla. Agnelli disse: “Alla fine dello spettacolo, cantate Bandiera rossa. Voglio vedere quanti miei concittadini sanno accettare la provocazione”. La metà andò via». Passano gli anni e arriva l’89 e Ferrini, pensando di divertire Boncompagni, tira fuori un vecchio personaggio. Boncompagni lo rivolta, gli mette vestito, orecchini e capelli, nasce la signora Emma Coriandoli: «Cadde il muro di Berlino come apparve lei, fu la spallata della Coriandoli a far precipitare il comunismo». Dal 1991 al 1993 è un ritorno di fiamma per Ferrini in tacchi a spillo: Arriva «Striscia la notizia», i film «Compagni di Scuola» di Verdone e un altro, di Steno, «Animali metropolitani», con Senta Berger, che poi non è mai uscito per via di una causa che intentò Canale 5 alla produzione. Ma Ferrini non è contento, non è per quei film che si è tanto dato da fare: «Mi venne a prendere Aurelio De Laurentiis con il macchinone per darmi un ruolo da Yuppies, non mi piaceva e dissi di no. Fatma Ruffini mi offrì “Scherzi a parte” con Teo Teocoli, io nei panni della Coriandoli. Dissi di no per preservare il personaggio dalla furia del bravo Teocoli. Ruffini se la legò al dito, non mi ha mai più chiamato. Mi ero dato la zappa sui piedi». Ferrini si chiude in se stesso, si dedica alla sua crescita professionale. «Ho fatto tanti studi segreti, in quanto non conosciuti, di sceneggiatura. Ho avuto contatti con case di produzioni importanti, ho imparato tanto». Per far questo Ferrini sceglie Riccione dove vive un anno e mezzo. «Studiavo ma non riuscivo a scrivere. Stavo lì anche otto ore al giorno e poi buttavo tutto. Ho cominciato ad avere problemi, anche economici, ti viene l’ansia, i troppi no mi avevano isolato, perché in Italia o fai tanto o non fai niente». Parallelamente, al non lavoro, Ferrini spendeva. «Ho speso tanto anche per capire perché spendevo tanto. Non tantissimo, certo più di quanto potessi permettermi. Lo shopping è sempre compensativo, compri l’affetto che non ricevi attraverso gli oggetti, curi un trauma. Erano libri, viaggi, non macchine o palazzi, ma compravo con fido bancario, io che avevo un rapporto alterato con il denaro. Ho fatto debiti che ripianavo con qualche serata. Poi ho capito, mi sono innamorato di Lucia, in mezzo c’è stata la mia vita in Svizzera dove ho conosciuto produttori che mi hanno aperto un mondo di lavoro». Ma prima della rinascita totale, del passaggio a Lugano, nell’estate 2005 una sua amica gli consiglia di rivolgersi a Lele Mora che certamente è dietro la chiamata per andare a «L’Isola dei famosi»: deve sostituire Albano che è fuggito via. «Nella vita bisogna sempre fare qualcosa che non ti piace. Io ero imbarazzatissimo, lì in mutande, fui pure accusato di molestie, figuriamoci, una brutta bugia. Eravamo seguiti da un medico dell’Onu per i rifugiati, la vita lì era veramente terribile». E adesso, dopo venticinque anni di desiderio e di studio Ferrini è alla vigilia della svolta: «Ho partorito due sceneggiature che presto saranno film. Ho quasi paura di dirlo, dopo tanti “al lupo al lupo”, temo di non essere creduto. Perciò, da Ancona, dove abito ora, tornerò a vivere in Romagna, ho bisogno della mia provincia, mi servono quelle facce. Mi trasferisco a Cesenatico perché giro lì, grazie ai buoni uffici del sindaco, Nivardo Panzavolta. Sono contento e sto bene, sono persino diventato vegetariano, io che avevo fatto la pubblicità del pollo». Contento anche perché sente che il pubblico non l’ha dimenticato, nonostante non appaia. La gente lo riconosce, lo ferma per strada. Ma lui nonostante questo, poco si è pentito delle scelte fatte per sottrazione: «Ho detto di no a proposte che non mi corrispondevano. Certo qualcosa mi è mancato ma la mia grande passione è sempre stato il cinema, per quello sì che ho avuto nostalgia. Purtroppo raramente mi è arrivato un copione come dicevo io. Un blocco è stato creato anche dai miei personaggi. Dopo il venditore di pedalò volevano ancora di più. Ecco la signora Coriandoli che ha di fatto impedito che uscissero altri personaggi così forti». Dei vecchi amici oggi chi vede? «Sono in ottimi rapporti con Frassica, con Arbore, con Laurito e con Boncompagni».