MARCELLO SORGI, La Stampa 7/11/2010, pagina 5, 7 novembre 2010
Il lungo autunno del Cavaliere - A vederlo così, come l’hanno visto all’ultimo Consiglio dei ministri, Silvio Berlusconi sembrava irriconoscibile
Il lungo autunno del Cavaliere - A vederlo così, come l’hanno visto all’ultimo Consiglio dei ministri, Silvio Berlusconi sembrava irriconoscibile. Curvo a vergare, quasi sotto dettatura di Tremonti, un richiamo scritto alla ribelle Prestigiacomo – obbligata a scusarsi con il responsabile dell’Economia -, il premier aveva l’aria rassegnata, lo sguardo velato dall’incurabile stanchezza che lo affligge e di tanto in tanto si scioglie cupamente in sonnolenza. L’autunno del Cavaliere sarà lungo, forse lunghissimo: ma il segno che è cominciato sta nella luce spenta degli occhi in cui tutti, finora, cercavano forza e incitamento. Il primo a saperlo, ovviamente è lui, anche se non si rassegna e prova a fingere come può. Battute, barzellette, complimenti galanti alle signore, all’inizio di ogni riunione, Silvio fa sempre Silvio. Poi arriva inevitabilmente il momento in cui ogni discussione svela gli incubi che lo accompagnano e gli ostacoli insormontabili da cui è circondato. Così che nel gruppo di quelli che lo frequentano più assiduamente – gruppo assai eterogeneo e diviso al suo interno da tremende rivalità – c’è chi si è sentito fare cento volte lo stesso discorso. Il complotto delle procure che puntano a farlo fuori, l’inutile ricerca di un appeasement con Fini che lo vuole morto, i poteri forti che non lo hanno mai digerito, e l’Italia, quest’Italia piena di gente che lo ama, che lui ama, e vorrebbe accontentare senza riuscirci. L’ossessione che gli uomini del governo e del partito confermano, tra mille cautele, ha avuto negli ultimi giorni un’escalation contro Italo Bocchino, il capogruppo del Fli che non perde occasione per attaccarlo in tv. Siccome, tra le altre accuse, Bocchino ripeteva da giorni che il premier aveva rinunciato alla lotta contro la prostituzione per evidenti motivi personali, il Cavaliere ha voluto che il ministro dell’interno inserisse anche questo capitolo nel pacchetto sicurezza varato venerdì scorso. La decisione, repentina, non è passata inosservata. Ed ha animato le chiacchiere che, non solo tra i ministri, hanno ormai sfatato il mito del leader senza contraddittorio. A questo punto nessuno può negare infatti che Berlusconi non sia più il Berlusconi vincente di due anni fa; che in modo angoscioso lo tormentino gli scandali, soprattutto gli ultimi, ancora aperti, con i verbali delle escort al vaglio dei giudici di Milano; che la rottura con i finiani, inaccettabile per lui alla stregua di una qualsiasi manovra di Palazzo, lo abbia reso insieme impotente e sospettoso, al punto che anche quelli che sono convinti che alla fine una ricomposizione con il Presidente della Camera sia possibile, si spaventano a parlargliene. Come ha detto Berlusconi stesso alla direzione del Pdl di giovedì, l’elaborazione del discorso d’apertura – una melassa, nella quale chiaramente non si riconosceva - è stata piuttosto laboriosa. Due giorni e due notti di lavoro, in cui al capezzale del premier in difficoltà si alternavano i ministri mediatori Alfano, Gelmini e Frattini, gli inossidabili coordinatori Verdini, Bondi e La Russa, Letta andava e veniva, Cicchitto rileggeva. Solo quando, finalmente, e faticosamente, alla vigilia, il testo è stato licenziato, verso le due di notte di giovedi, gli ultimi rimasti si sono alzati esausti per salutare. «Beati voi che andate a dormire – li ha congedati il premier, mentre ancora provava l’intonazione dei passaggi principali -. Io non so se ci andrò. E non so neanche dove». Oltre a tenere in allarme costante le scorte, richiamate continuamente per fuori programma, questa dell’erraticità notturna - per cui a Roma il premier per dormire alterna Palazzo Grazioli con il castello di Tor Crescenza, e fuori dalla Capitale si divide tra Arcore, la nuova villa sul lago di Como e la Sardegna -, è un ulteriore segnale di inquietudine che s’è fatto notare negli ultimi tempi. Non che Berlusconi sia mai stato un abitudinario, anche prima. Ma chi gli è stato vicino ricorda alcuni punti fermi immutabili della sua agenda settimanale, a cominciare dal lunedì dedicato alla ditta di famiglia e all’immancabile cena ad Arcore con i leghisti. Bene, con evidente sorpresa di tutto il vertice Mediaset, abituato a riceverlo con la familiarità di chi vuol sempre ricordargli quale sia la sua vera casa, Berlusconi negli ultimi mesi s’è visto meno accanto a Confalonieri e al ristretto gruppo di dirigenti ammessi alle riunioni con “il dottore”, come continuano a chiamarlo in azienda. E quando è andato, non è apparso brillante al solito, né pignolo, come quando ad esempio, ai tempi in cui Mediaset doveva decidere modi e tempi del passaggio al digitale, Berlusconi bruscamente aveva fatto sentire, anche ai suoi familiari, la sua autorità monarchica e il peso dell’esperienza imprenditoriale. Allo stesso modo, da mesi, lui che non s’era mai rassegnato a star fuori dalle sue tv, lui che chiamava continuamente anche per un dettaglio o per l’acconciatura di una conduttrice (una volta, di recente, s’era lamentato anche per le pose scomposte di una concorrente del Grande Fratello), è come se si fosse distratto. Negli studi di Cologno Monzese c’era perfino chi lo riconosceva, facendosi prendere dai rimpianti, quando a notte fonda lo sentivano irrompere con una telefonata a “Ballarò”: ciò che da mesi non accade. Girano un sacco di voci e di ipotesi su questa forma d’assenza e sulla strana malinconia che si sono impadronite di Berlusconi. Ma al dunque, la spiegazione che si impone sulle altre è quella della solitudine. Sì, incredibile a dirsi, l’uomo che tutti immaginano al centro dei suoi festini, con le escort, con le minorenni, tra le bolle nella piscina dell’idromassaggio, soffrirebbe questa sopravvenuta condizione di single. Berlusconi è sempre stato un briccone con le donne, spiegano gli amici dei tempi migliori, ma alla fine tornava sempre a casa: dalla mamma o da Veronica, che sapevano capirlo e perdonarlo, e rappresentavano per lui l’unica vera lente d’ingrandimento con cui guardava il mondo. Non a caso adesso che mamma Rosa se n’è andata, quando Berlusconi, e capita spesso, se la prende in privato con i magistrati: «Mi fanno sembrare un delinquente, chissà cosa avrebbe detto mia madre», si sfoga, con quel gesto, quasi un tic, di mettersi la mano sulla tasca posteriore dei pantaloni dove in genere si tiene il portafoglio. Quanto a Veronica, la sensazione delle persone più vicine è che dietro la corteccia di durezza che gli fa considerare chiusa una volta e per tutte la storia – e lo è sicuramente – sopravviva il sentimento di una vita, l’amore per i figli, l’immagine che ogni tanto salta fuori di loro due sul lettone con il piccolo Silvio, il nipotino adorato di cui al nonno capita di parlare con tenerezza nei momenti più disparati. Mai, proprio mai, Berlusconi si sarebbe aspettato l’attacco pubblico e diretto della moglie sui giornali, che per lui ha reso la rottura definitiva. E mai è riuscito a riflettere sulla spirale dei suoi inconfessabili svaghi privati, che lui stesso s’è stretta intorno, e a poco a poco ha scavato il solco incolmabile con Veronica. E’ in quest’insieme complicato, di affetti e risentimenti, di nostalgie familiari e solitudine, di vita di corte, nelle stanze dove si consuma giornalmente la commedia del potere, e di vita notturna fatta di escort e ruffiani, che Berlusconi s’è incamminato sul viale del tramonto. Certi giorni, sembra proprio non abbia più voglia. Certi altri, pare animato dalla voglia di riscossa. Procede a scatti, ha ancora qualche lampo, eppure si muove senza costrutto. Inutilmente il tempo interminabile delle sue notti insonni è scandito dall’eco dei suoi passi solitari, nei corridoi infiniti dei palazzi berlusconiani disabitati.