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 2010  novembre 07 Domenica calendario

Si vive di più con una giapponese - Masashi Tanaka, direttore del di­partimento della salute e della longe­vità dell’Istituto di gerontologia di Tokyo, massimo esperto giappone­se di longevità e invecchiamento, ha partecipato in questi giorni a Roma ad un incontro, organizzato da Fon­dazione Sigma-Tau, dedicato a «Ita­lia e Giappone: storie di straordina­ria longevità tra cinema e ricerca me­dica »

Si vive di più con una giapponese - Masashi Tanaka, direttore del di­partimento della salute e della longe­vità dell’Istituto di gerontologia di Tokyo, massimo esperto giappone­se di longevità e invecchiamento, ha partecipato in questi giorni a Roma ad un incontro, organizzato da Fon­dazione Sigma-Tau, dedicato a «Ita­lia e Giappone: storie di straordina­ria longevità tra cinema e ricerca me­dica ». Il professor Tanaka, che è sta­to anche all’università di Bologna per il Mitochondrial Day, ha illustra­to i risultati di alcune ricerche geneti­che su­lla longevità che sta sviluppan­do in Giappone. In pratica ha fornito delle risposte sulle cause che porta­no molte persone a superare la bar­riera dei cento anni. «Nei centenari giapponesi ha affer­mato - abbiamo analizzato le varia­zioni del genoma mitocondriale tra­smesse per via materna. I mitocon­d­ri sono le centrali elettriche intracel­lulari che forniscono quasi tutta l’energia necessaria per l’attività del­le cellule. Per svolgere al meglio que­sta attività utilizzano la carnitina co­me carrier per il trasporto degli acidi grassi all’interno dei mitocondri.Re­centi studi su questa sostanza endo­gena hanno, inoltre, dimostrato che la carenza di carnitina è, ad esem­pio, strettamente collegata alla tossi­cità dei farmaci usati in chemiotera­pia. «Una scoperta - ha affermato il professor Moehamed Sayed-Ah­med, direttore del National Cancer Institute de Il Cairo - che può aprire la strada verso un possibile nuovo impiego di questa straordinaria mo­lecola per attenuare il senso di nau­sea, vomito, inappetenza, fatica, con­seguenti alla chemioterapia nei pa­zienti oncologici». Tornando ai mitocondri. Sono del­le fornaci che bruciano l’idrogeno estratto dalle sostanze nutrienti con l’ossigeno assunto durante la respi­razione. Sono anche i principali pro­duttori di specie reattive dell’ossige­no ( Ros), le cui molecole possono at­taccare le proteine, i lipidi e il Dna. Quindi si presuppone – ha precisato Tanaka- che i mitocondri siano stret­tamente legati al processo di invec­chiamento. Il genoma mitocondria­l­e è un piccolo Dna circolare costitui­to da 16.569 coppie di basi, rispetto ai tre miliardi di coppie di basi del genoma umano. Ogni mitocondrio contiene diverse copie di Dna mito­condriale. La quantità di Rna mes­saggero trascritto dal genoma mito­condriale costituisce circa un terzo dell’Rna complessivo delle cellule. Questo genoma cambia molto da una persona all’altra, perché il ritmo di evoluzione del Dna mitocondria­le è 10- 20 volte superiore a quello del Dna nucleare. Possiamo quindi ipo­tizzare che le differenze funzionali tra i genomi mitocondriali di perso­ne diverse influiscano sulla loro pre­disposizione a certe malattie meta­boliche legate all’invecchiamento, come il diabete di tipo due e la sindro­me metabolica». Nel 1998 il team di ricercatori del professor Tanaka ha scoperto nei centenari giapponesi un’abbondante presenza dell’aplo­gruppo mitocondriale D che aumen­ta la resistenza a varie malattie lega­te all’invecchiamento. Nel 1999, al­l’università di Bologna, l’équipe del professor Claudio Franceschi ha sco­pe­rto che nei centenari italiani la lon­gevità era invece legata alla presen­za dell’aplogruppo J. Questi polimor­fismi sono probabilmente collegati all’effetto antiossidante o alla stabi­lizzazione degli enzimi mitocondria­li. Quindi per prevedere la longevità in Giappone e in Italia bisognerebbe seguire percorsi diversi. Per vivere a lungo se siete uomini – ha affermato Tanaka con una presumibile dote di ironia – dovete sposare una donna giapponese. La vita media delle giap­ponesi è di 86,44 anni, la più lunga di tutti i paesi del mondo. I vedovi vivo­no di meno degli uomini che hanno ancora accanto le loro mogli. Quindi potremmo dire che le mogli salvano la vita ai loro mariti. O che la durata della vita degli uomini dipende dalla longevità delle loro mogli. Per le don­ne, vivere con un marito anziano può essere stressante, e quando i lo­ro mariti muoiono riescono a star be­ne anche da sole. Quindi l’assistenza psicologica è più importante per i ve­dovi che per le vedove. Dopo poco tempo si sanno consolare molto be­ne. Le vedove, vivono più a lungo del­l­e donne che hanno ancora un mari­to. La vita media degli uomini giap­ponesi è di 79,5 anni, quindi sono so­lo al quinto posto nel mondo. Perciò, se siete donne, sposare un giappone­se può essere un buon sistema per vivere a lungo».