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 2010  novembre 07 Domenica calendario

SOGNO UN PAESE DI GIOVANI

Questa settimana si è chiuso, con un accordo fra le parti, il caso antitrust aperto dalla Federal Trade Commission statunitense contro Intel. Questo paper di Joshua Wright, (George Mason University), non aggiornato agli ultimi sviluppi ma molto informato e preciso, consente di dare una lettura critica alla disputa. Per Wright, l’azione contro Intel è stata viziata alla fonte da una «adversarial attitude» che rende difficile guardare con benevolenza agli argomenti dell’accusa. Wright s’inserisce in una scuola di critici della disciplina antitrust che ha i nomi più noti in Robert Bork e George Stigler. Intel è nell’occhio del ciclone a causa degli sconti che offriva ai propri acquirenti (produttori di personal computer), vincolando l’ottenimento dello sconto a un rapporto di esclusiva. Per Wright, l’idea che questa condotta abbia avuto effetti nocivi sui consumatori ha scarsa evidenza empirica. Gli sconti di Intel sono «una normale condotta imprenditoriale» e non c’è segnale che abbiano potuto nuocere al consumatore. Al contrario, hanno forse aiutato a calmierare il prezzo dei pc per l’utente finale – senza «ostruire» al competitor Amd la possibilità di crescere, come dimostrato dall’andamento delle quote di mercato delle due imprese.

1Joshua D. Wright, «An Antitrust Analysis of the Federal Trade Commission’s Complaint against Intel», George Mason Research Paper, giugno 2010.


http://papers.ssrn.com/sol3/

papers.cfm?abstract_id=1624943

«Il "futuro" è sempre stato appannaggio delle grandi imprese. Fiat, Eni, Iri, Pirelli. I loro uffici studi e le loro pianificazioni strategiche osservavano i mercati ed elaboravano gli scenari politico-culturali dei decenni a venire. Perché, adesso, non lo possiamo fare anche noi?».

Antonio Guarda Nardini, 48 anni, spiega così la ragione che ha indotto la Nardini (la dizione precisa del gruppo è Ditta Bortolo Nardini, dal nome del fondatore) a creare una fondazione culturale e a organizzare, per l’11 novembre, il primo convegno internazionale dal titolo «Benvenuti al Capodanno 2050».

A Bassano del Grappa la Nardini produce un milione e mezzo di bottiglie di grappa all’anno, fattura 20 milioni di euro e dà lavoro a 70 addetti. La sua storia è una narrazione esemplare del capitalismo diffuso di questo paese, sospeso fra mercati internazionali e provincia profonda, tecnologie organizzative e cultura materiale. Un passato che, nel suo caso specifico, risale al 1779 (anno della fondazione) e un futuro che, ogni giorno, va intuito, pensato, anticipato e costruito. «Il mix fra profilo storico e orizzonti futuri – riflette Guarda Nardini – è un elemento costitutivo della nostra corporate identity». Il fattore-storia è ben delineato dalla continuità aziendale: se oggi l’impresa è presieduta da Giuseppe (sesta generazione), insieme ad Antonio e agli altri tre cugini Cristina, Angelo e Leonardo (settima generazione), in distilleria ci sono alcuni dipendenti le cui famiglie lavorano in questa azienda da cinque generazioni. «Il futuro – ragiona Guarda Nardini – non può limitarsi alla pur importante spinta strategica dell’azienda. Per cercare di avere una visione più completa e articolata, che serva a noi come azienda ma anche a tutta la comunità italiana, abbiamo pensato di coinvolgere demografi, scrittori, economisti e antropologi. Italiani e stranieri». Un pensiero complesso, dunque, che sarà utile a un’azienda attiva in un segmento globale molto competitivo (l’export vale non più del 12% dei ricavi) e che servirà anche a creare una sorta di "esternalità positiva" per tutti. «Un futuro – continua Guarda Nardini – in cui la componente italiana è inserita, se non quasi disciolta, dentro al contesto internazionale. Noi produciamo grappa: dunque, non possiamo delocalizzare in alcun modo. Ma, qui nel Nord-Est come in tutto il Nord produttivo, abbiamo visto moltissime aziende che, per recuperare produttività, hanno scelto di spostare le loro produzioni all’estero. Con l’obiettivo di ridurre i costi, ma anche con quello di conquistare nuovi mercati».

Dunque, nella quotidianità lo scenario internazionale è insieme vincolo e opportunità. La stessa ambivalenza, peraltro, che ha la "comunità", il "territorio" o il "sistema locale" che dir si voglia, a seconda della sfumatura politico-culturale assegnata a queste espressioni. E, proprio di fronte a queste complessità, il gruppo di Bassano del Grappa ha scelto l’impegno culturale. «In fondo molte aziende riproducono comportamenti da civil servant», nota Nardini, che ricorda bene le attività di molti grandi gruppi americani, osservate nei suoi sedici anni negli Stati Uniti (oltre agli studi universitari e post-universitari, due anni in un risk management di Wall Street, gli altri commercializzando alcolici e mobili di design, cibo e alcolici italiani). «Anche in Italia – aggiunge però – parecchie imprese si dedicano agli investimenti culturali: nell’arte, nei restauri, nell’architettura, nell’editoria. Quando abbiamo deciso di impegnarci, abbiamo pensato di fare qualcosa di diverso dagli altri».

Dunque, in coerenza con un profilo strategico da "ricerca della nicchia" tipico della piccola e media impresa italiana, la Ditta Bortolo Nardini ha scelto di maneggiare la cosa insieme più concreta e sfuggente: il futuro. «Una sfida originale ma complessa», ammette Guarda Nardini.