BRUCE SPRINGSTEEN, la Repubblica 7/11/2010, 7 novembre 2010
ORE E ORE IN CERCA DI UNA STROFA COSÌ HO REAGITO ALLA BUONA SORTE
Dopo Born to Run volevo descrivere come si vive entro i confini ristretti delle piccole città in cui sono cresciuto. Nel 1977 abitavo in una fattoria a Holmdel, nel New Jersey. È lì che ho composto gran parte dei brani per Darkness on the Edge of Town. Avevo ventisette anni ed ero il prodotto dei successi radiofonici del momento. Brani come It´s My Life e We Gotta Get Out of this Place erano intrisi di una precoce coscienza pop. Questo, associato alla mia esperienza personale - lo stress e la tensione della vita che conducevano i miei genitori alle prese con le difficoltà economiche - influenzava la mia produzione. Reagivo alla mia buona sorte. Mi ponevo nuove domande. Mi sentivo responsabile nei confronti delle persone con cui ero cresciuto. Iniziai a chiedermi come affrontare la cosa. All´epoca ero anche in contrasto con il mio ex agente per i diritti e il controllo sulla mia musica. Correvo il rischio di perdere molto del mio lavoro, di quello che avevo realizzato. Tutto questo contribuì alla svolta che la mia produzione ebbe con Darkness.
In quel periodo iniziai ad ascoltare seriamente musica country. Scoprii Hank Williams. Del country mi piacevano i riferimenti a tematiche adulte, e io volevo scrivere brani che avessero un´eco. I film che erano sempre stati importanti per la mia attività di cantautore ebbero ancora più impatto su questo album. Mi erano sempre piaciute le tinte forti, i fuorilegge dei B - movies, Robert Mitchum in Il contrabbandiere, e Gun Crazy di Arthur Ripley. Avevo visto di recente per la prima volta Furore di John Ford. Scovavo noir degli anni Cinquanta e Sessanta come Le catene della colpa di Jacques Tourneur. Di quelle pellicole mi attiravano gli uomini e le donne in lotta contro il mondo circostante. Persino il titolo Darkness on the Edge of Town doveva molto al noir americano.
Sotto il profilo musicale volevo un disco più snello, meno grandioso di Born to Run. Le sonorità di quest´ultimo non sarebbero state consone ai brani che componevo e alle persone di cui ora narravo. Chuck Plotkin, un discografico di LA, comparve alla fine dell´album e ci aiutò a ottenere un missaggio più incisivo, più moderno. Ci aiutò a mettere a fuoco i brani come altrimenti non saremmo riusciti a fare e ci permise di portare il disco a conclusione. Nel materiale registrato c´erano molte varianti ma tolsi tutto quello che a mio avviso interrompeva la tensione dell´album. Dopo Born to Run volevo che la mia musica continuasse ad avere un valore e fosse radicata in un mondo.
Era difficile comporre. Ricordo che passavo ore cercando di tirar fuori una strofa. Badlands, Prove It all Night e Promised Land avevano tutte un ritornello ma poche strofe. Ero in cerca di un´atmosfera intermedia tra lo spirito fiducioso di Born to Run e il cinismo degli anni Settanta. Volevo che i miei nuovi protagonisti si sentissero logorati, invecchiati, ma non sconfitti. In ogni brano era sempre più vivo il senso della lotta quotidiana. Era molto più difficile inserire la possibilità della trascendenza o di una qualche redenzione individuale. Era quello il tono che volevo tenere. Mi mantenevo volontariamente alla larga da qualunque evasione dalla realtà e calavo i miei personaggi nel bel mezzo di una comunità sotto assedio. Passarono settimane, mesi addirittura, prima di arrivare a qualcosa che mi sembrasse valido.
I brani presero corpo lentamente, strofa dopo strofa, pezzo dopo pezzo. I titoli erano pesanti: Adam Raised a Cain, Darkness on the Edge of Town, Racing in the Street. Adam Raised a Cain utilizzava immagini bibliche per evocare l´amore e l´acredine tra un padre e un figlio. Darkness on the Edge of Town esprimeva l´idea che lo stimolo a intraprendere una trasformazione individuale spesso si trova quando si arriva al limite delle forze. In Racing in the Street l´idea era fare da ponte tra le canzoni sulle corse in macchina degli anni Sessanta e l´America del 1978. Per personalizzare Racing e gli altri titoli dovevo infondere nella musica le mie speranze e le mie paure. Altrimenti i personaggi suonano falsi, e resta solo retorica, parole vuote di significato.
Gran parte della mia produzione è autobiografica sotto il profilo emotivo. Devi tirar fuori le cose che hanno un senso per te se vuoi che lo abbiano per il tuo pubblico. Così i tuoi ascoltatori sanno che non è un gioco. La strofa finale del disco, Tonight i´ll be on that hill, stasera sarò su quella collina, indica che i miei personaggi sono sì incerti sul loro destino, ma saldi, determinati. Arrivato in fondo a Darkness avevo scoperto la mia voce adulta.
(Introduzione del 1998 a Darkness on the Edge of Town)
Traduzione Emilia Benghi