Peppino Caldarola, Il Riformista 6/11/2010, 6 novembre 2010
ASCESA E CADUTA DELL’UOMO CHE FERMAVA LE ACQUE
Guido Bertolaso va in pensione giovedì prossimo. Al suo posto Franco Gabrielli, prefetto e superpoliziotto che diresse il vecchio Sisde prima della riforma. Per Bertolaso si parla di nuovi incarichi. Berlusconi lo vuole tenere legato a sé. Quando annunciò, un anno fa, che avrebbe lasciato molti pensarono ad un incarico Onu. Oggi è tutto più difficile. In un anno il destino di Bertolaso è cambiato radicalmente. L’uomo delle mille emergenze, il funzionario che rovesciava lo stereotipo del pressapochismo italico sostituendolo con l’immagine del civil servant tuttofare ed efficientissimo, torna a casa in un clima di sconfitta e di discredito. Questo medico laureato a Liverpool specializzato in catastrofi ha inanellato successi incredibili prima del tonfo finale. Non si conoscono le sue opinioni politiche, anche se l’inizio della sua carriera coincide con la nomina alla Protezione civile decisa dal governo Prodi. Si dice che fosse molto amico di Rutelli, sicuramente nella sua biografia c’è stata molta dc.
La carriera di medico stava un po’ stretta a questo figlio di un generale dell’aereonautica che amava costruire squadre speciali e intervenire nelle situazioni difficili. I suoi primi passi li mosse in Thailandia organizzando ospedali da campo, poi andò in Africa e in America Latina. I suoi biografi dicono che fosse portato in un palmo di mano da Emilio Colombo, che Andreotti gli spianò la strada della cooperazione internazionale, che Beniamino Andreatta avesse un debole per lui. L’opinione pubblica lo ha conosciuto in tv vedendolo all’opera nei disastri che hanno costellato la recente storia di questo paese con la sua divisa di ordinanza, una maglia blu con il colletto orlato dai colori della bandiera che hanno fatto parlare di lui come del Sergio Marchionne dell’emergenza.
Se iniziò con Prodi, deve la sua fortuna a Silvio Berlusconi. Per due volte il centro-sinistra lo mise a capo della grandi emergenze e per due volte fu costretto a lasciare l’incarico. Il secondo abbandono fu più traumatico. Memorabile il suo scontro con Pecoraro Scanio, che molti ritengono all’origine dei problemi attuali di Napoli, che lo portò nel 2007 a lasciare l’incarico di commissario per la “monnezza” campana. Quando arrivò Berlusconi, il prefetto Gianni De Gennaro aveva istruito la pratica e avviato quel risanamento che poi Bertolaso completò. Le giornate napoletane segnarono il suo sfondamento mediatico. Berlusconi ogni settimana si recava nel capoluogo, in una di queste viste si fece beccare al compleanno di Noemi Letizia, e lì trovava Guido Bertolaso che stava provvedendo alla pulizia della città.
Non poteva partire meglio la nuova avventura di governo del Cavaliere che vedeva nel capo della protezione civile l’interprete più autentico della sua filosofia del fare. Poi venne il terremoto dell’Aquila e anche qui la coppia Berlusconi-Bertolaso stupì il mondo con una organizzazione dei primi soccorsi che apparve a molti impeccabile. Il capo della protezione civile si tolse anche alcuni sassolini nelle scarpe quando polemizzò con il vulcanologo titolato Enzo Boschi a cui addossò la colpa, del tutto infondata, di aver ignorato la minaccia sismica. I suoi apologeti dicono che fu sua l’idea del G8 a L’Aquila, togliendo a La Maddalena l’onore dell’incontro fra i Grandi. Sembrava Nembo Kid, l’uomo di scrivania che di fronte ai cataclismi si trasformava e nella sua tenuta blu metteva riparo ai disastri della natura. Le porte della politica si stavano spalancando. La destra lo considerava candidato virtuale alla Presidenza del Lazio o degli Abruzzi, Berlusconi lo nominava sottosegretario, con Gianni Letta formava il club romano che sembrava fare da contraltare alle invasioni barbariche di Bossi e del professor Tremonti. L’uomo sembrava invincibile, una vera risorsa del paese, un modello di funzionario pubblico moderno.
Attorno a lui intanto si costruiva qualcosa di grande e, come vedremo, di terribile. La sua Protezione civile usciva dal tran tran dei grandi rischi per diventare la più grande agenzia pubblica italiana. Altro che Cassa del Mezzogiorno, altro che partecipazioni statali. L’affare erano le opere, tutte, maestose o piccole, strade o auditorium, caserme o case per gli sfollati, Sardegna o Toscana. Dovunque ci fossero lavori con pagamenti a piè di lista interveniva Nembo Kid con le imprese amiche, i progetti ben studiati, la rete di affaristi che si mobilitava. Berlusconi aveva trovato nella ricetta Bertolaso il modo per sfuggire alla taccagneria di Tremonti, i ministri scoprivano un antico sapore di vecchia dc in questa scorciatoia che reintroduceva nella sala di comando il nuovo partito della spesa pubblica. Quello che in altri paesi si è fatto spesso con la creazione di Authority, basta pensare alla storia americana del New Deal, qui si poteva fare con la vorace super-agenzia guidata dal medico laureato a Liverpool.
Nelle mani di Bertolaso si concentrava un potere immenso e spesso incontrollato. Non poteva durare. E non è durato. Prima in Campania, poi in Sardegna, poi a L’Aquila, infine a Roma si ammassavano i fascicoli giudiziari con il suo nome. Quando fu inquisito la prima volta ci fu un’ondata di incredulità tanto la buona fama aveva consolidato l’immagine dell’uomo delle emergenze. Poi vennero le accuse sulle imprese amiche, su una parentopoli affaristica, infine non mancarono le voci su massaggiatrici a sua disposizione h24 e su appartamentini per il sollazzo. Sono tutti procedimenti in corso nei quali Bertolaso si sta difendendo con puntigliosità. Ma un’altra debacle incombeva su di lui. Era la dannazione italiana delle promesse mancate, degli obiettivi falliti, dei problemi incancreniti. Quelli dell’Aquila sono ancora in situazione d’emergenza e la ricostruzione è di là da venire, Napoli si è riempita di “monnezza” e quella gente che si era rassicurata alcuni mesi fa con le sue parole è tornata in strada inferocita. L’uomo delle cose in grande non si è fatto mancare neppure la grande gaffe. Berlusconi dopo il terremoto di Haiti pensò che fosse arrivato il momento di cantarle chiare all’America e mandò nell’isola il capo della Protezione Civile a sistemare le cose. Bertolaso gli credette sulla parola e disse frasi sgarbate e incaute sul sostegno Usa suscitando un finimondo e una protesta formale di Hillary Clinton. È per questo che oggi è difficile pensare a un incarico Onu per lui.
La stella di Bertolaso mandata in orbita da Berlusconi è diventata cadente assai rapidamente. Della straordinaria costruzione mediatica non è rimasto niente. È simbolico che negli stessi giorni in cui il capo della protezione civile lascia silenziosamente l’incarico per raggiunti limiti di età, il suo mentore vede crollare la sua egemonia. L’uomo che voleva impersonare la neutralità del funzionario statale ha scoperto di essere diventato una delle travi che tenevano assieme il berlusconismo. Le sue ultime ore sono state persino accompagnate da un bruttissima gaffe quando ha parlato, quasi auspicandola, di una terribile e prossima eruzione del Vesuvio. Sembrava destinato a finire nel Pantheon degli italiani celebri, finirà le sue giornate raccogliendo forse un incarico prestigioso e remunerato ma dimenticato da tutti, tranne che dai pm. Forse ha osato troppo, forse ha sopravvalutato le difficoltà, sicuramente ha commesso molte leggerezze. La sua sconfitta non è una buona notizia per chi sperava che emergesse una nuova burocrazia statale moderna, trasparente, efficiente. Berlusconi è riuscito a rovinare anche questo.
P. C.