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 2010  novembre 05 Venerdì calendario

UNIVERSO, SINFONIA SCONOSCIUTA

Intervista a José Funes -
L’ universo è in espansione, a velocità sempre maggio­re. Evolve come ogni esse­re vivente, come il nostro pianeta, il sistema solare, la nostra galassia, ogni altra galassia vicina e lontana, ogni stella e ogni pianeta al loro in­terno e tutte le galassie che costi­tuiscono l’universo, insieme. Un argomento affascinante, che solo negli ultimi anni ha avuto le neces­sarie conferme scientifiche e che da subito è stato utilizzato da alcu­ni studiosi, come Stephen Hawking, per teorizzare una sorta di universo autocreante e la conse­guente inutilità di Dio. Il tema dell’universo in espansione è al centro della conferenza tenuta questo pomeriggio a Genova, alle 15 nel Palazzo Rosso auditorium di via Garibladi, 18 nell’ambito del Festival della scienza 2010, da pa­dre José Funes, gesuita, direttore della Specola Vaticana. Funes, ar­gentino, è esperto di astronomia extragalattica ed è al vertice del­l’osservatorio astronomico vatica­no dal 2006. «Negli ultimi anni – spiega padre Funes – mi sto occu­pando della formazione delle nuo­ve stelle nelle galassie più vicine al­la nostra».

Anche le stelle sono in continua formazione?

«Se ne formano continuamente in ogni galassia, secondo le sue carat­teristiche. Possiamo dire che ogni anno si formano da una a dieci stelle per unità di massa stellare.

Ogni galassia ha la sua massa stel­lare che dipende dalla densità di gas e di polveri da cui è costituita.

In sostanza, per semplificare, chi ha più materia forma più stelle».

Quasi come se fosse qualcosa di vivente?

«Il concetto di vivente è fuori dal contesto. Quello che possiamo dire è che ogni singola parte dell’uni­verso è in evoluzione, nel suo am­bito ristretto e come parte del tut­to. Riguardo poi alla possibilità che ci sia vita nell’universo al di fuori della terra e del sistema solare, c’è una branca specifica dell’astrono­mia, l’astrobiologia, che se ne oc­cupa ».

Stelle che si formano, universo in espansione... Scusi la domanda del profano: vuol dire che si forma sempre nuova materia?

«Secondo le leggi della fisica che noi conoscia­mo, la somma totale della massa e dell’ener­gia esistenti non cam­bia, è sempre la stessa.

Ed è così da sempre, per quello che scientifi­camente siamo in gra­do di sapere».

E cosa siamo in grado di sapere?

«Per esempio che della massa tota­le dell’universo, quello che noi co­nosciamo, che riusciamo a studia­re fisicamente con la nostra stru­mentazione e cioè che è fatto di a­tomi, particelle, elettroni, è solo il 4%».

Il resto?

«Per il 23% è quella che noi chia­miamo materia oscura. Non sap­piamo di cosa sia fatta. Quello che si può dire è che ne conosciamo l’esistenza in quanto genera gra­vità e supponiamo che entri nella formazione delle galassie. Vi è poi un 73% di energia oscura. Non sappiamo cosa sia, ma serve a spiegare che l’universo si espande, che l’espansione avviene con un moto accelerato e pertanto si e­spande a velocità sempre maggio­re ».

Questo cosa vuol dire?

«Che tutte le stelle e tutte le galas­sie si allontanano da noi e lo fanno tanto più rapidamente quanto più sono lontane, secondo la legge di Hubble. Insomma, tutto è in evolu­zione, anche nella nostra galassia, nel nostro sistema solare, sul no­stro pianeta. Lo si comprende dai cambiamenti di lucentezza, dalla composizione chimica che varia, dalla configurazione del sistema... i satelliti che ruotano intorno ai pia­neti, i pianeti intorno al sole, il sole intorno al centro della galassia...».

La conoscenza di queste cose a co­sa ci serve concretamente?

«Potrei risponderle, a niente. È che Dio ci ha instillato il dono della cu­riosità. L’uomo deve esplorare, co­noscere nuove mondi, cercare di capire. E in un certo senso questo migliora la nostra qualità della vita nella proporzione in cui ci aiuta a essere consapevoli, collocandoci con sempre maggiore precisione all’interno dell’universo. Noi siamo un nulla e questa consapevolezza ci dovrebbe spingere ad avere un atteggiamento più umile, anche nell’uso delle risorse. E poi, da sempre l’uomo scruta il cielo e cer­ca di capire».

Da uomo di fede lei cosa ha capi­to?

«Posso dire di aver capito meglio la creazione. La bellezza dell’univer­so aiuta a capire la bellezza del Creatore».

Come si concilia il Big bang, l’uni­verso in espansione, con la crea­zione?

«Intanto c’è da dire che la teoria del Big bang è la migliore spiega­zione scientifica che abbiamo, ma non è perfetta. Noi ci aspettiamo di capire altre cose. Scientificamente non sappiamo nulla dei primi i­stanti dell’universo. Dalla fede, in­vece, sappiamo che senza Dio non si può spiegare l’esistenza dell’uni­verso. Allo stesso tempo la scienza non può rispondere alla domanda essenziale».

Che sarebbe?

«Perché esiste l’universo e non il nulla?».

Ci sono scienziati come Stephen Hawking che rispondono negan­do che Dio possa servire all’uni­verso e che la metafisica non serve più a niente.

«Per chi ha fede Dio è fonte di ogni cosa. Lo scienziato deve cercare spiegazioni a livello naturale. È scorretto utilizzare la scienza per rispondere a domande filosofiche e metafisiche, perché le si chiede qualcosa che non può dare. Ri­guardo a Hawking, non ho ancora letto il suo libro. Certo è che non possiamo pensare a Dio come a un’energia, a una forza di gravità: è un punto di partenza sbagliato.

Dio è al di fuori delle nostre cono­scenze scientifiche. Non abbiamo bisogno di Dio per spiegare come si formano le galassie. Abbiamo in­vece bisogno di Dio per spiegare il motivo per cui esiste l’universo in­vece del nulla. E questa domanda, o meglio, questa esigenza intima dell’uomo, non ha a che fare con la scienza».