Oggi, n. 45, 10 novembre 2010, pag. 21, 10 novembre 2010
LADY BRIATORE
I miei anni dorati con Flavio
Per render conto di tutte le conquiste femminili di Flavio Briatore non basterebbe un libro: ci vorrebbe un’enciclopedia. Il catalogo è infinito: Adriana Volpe, Naomi Campbell, Heidi Klum, Vanessa Kelly, Elle Macpherson. C’è però una donna che Briatore ha sempre nascosto ai giornalisti. Si chiama Marcy Schlobohm, è un’ex modella americana. È la sua prima moglie e lo è stata per più di quattro anni (dal 1983 al 1987). Una moglie segreta. A Marcy, Briatore ha fatto solo un velocissimo, fuorviante cenno in un’intervista di tre anni fa. Ora esce Il Signor Billionaire (edizioni Aliberti), biografìa non autorizzata del manager cuneese scritta da Maria Elena Scandaliato, Nicola Palma e Andrea Sceresini (vedi box pagina seguente). Pubblichiamo in esclusiva e in anteprima alcuni brani della lunga intervista a Marcy, che occupa il terzultimo capitolo del libro.
New York, Central Park. È una bella giornata di fine settembre. L’appuntamento è qui, sulla sommità di una grande roccia levigata, lato sud, dalle parti del Wallman Rink. Lei arriva puntuale: bionda, occhiali scuri, camicia bianca e jeans strappati. Ci saluta in italiano, sorridente. Il suo nome è Marcy Schlobohm, ed è stata la prima moglie di Flavio Briatore. Di lei non sapevamo quasi nulla: che era un’ex modella di Vogue, e che era stata fidanzata con Philippe Junot (il playboy d’Oltralpe che spezzò il cuore a Caroline di Monaco). Di lei il manager piemontese ha parlato una volta sola, in un’intervista dell’agosto del 2007, un anno prima delle nozze con la Gregoraci. Nessuno, fino allora, aveva mai sospettato che avesse già preso moglie. Ha dichiarato Briatore: «Non erano nozze vere e proprie. Ero innamorato da quattro anni di una ragazza che si chiamava Marcy. Un giorno abbiamo fatto una cerimonia alle Isole Vergini. Uno di quei matrimoni che non hanno valore legale, dove non ci sono firme, hanno significato solo gli sguardi degli sposi che sospirano. Ovviamente tutto è finito poco dopo».
FIRME E TIMBRI
Le cose, però, non stanno così. Marcy Schlobohm e Flavio Briatore si sono sposati a Saint Thomas il 26 agosto del 1983. Il loro matrimonio è durato oltre quattro anni, fino al divorzio, il 17 novembre del 1987. Nulla di «giocoso», dunque. Le firme ci sono, e ci sono le carte, con tanto di bolli e timbri. Oggi Marcy ha 46 anni e un nuovo cognome: Imbert. Fa l’imprenditrice, vive tra l’Europa e gli Stati Uniti, dove produce una sua linea di gioielli. Si è risposata, ha avuto una figlia. Trovarla è stata una piccola impresa. L’intervista dura varie ore: prima un pomeriggio, e poi l’indomani. «È strano per me», dice, «sono tanti anni che non pensavo a queste cose». Il ricordo dell’ex marito la affascina, o forse un po’ la spaventa. «Speriamo che lui non diventa incazzato», sbotta a un certo punto, con la sua spettacolare cadenza yankee. Quando vi siete conosciuti? «Era l’estate del 1980, e io dovevo ancora compiere i 18 anni. Ero a Milano, al Nepentha [la discoteca-simbolo della Milano da bere, ndr]. Venne da me il conte Gigi Perez, che lavorava con Achille Caproni [conte anche lui, e all’epoca socio di Briatore, ndr]. Mi portò da un ragazzo, e mi disse: "Marcy, questo è Flavio". Io gli ho stretto la mano e l’ho salutato. Ho visto subito che era un uomo di classe, molto brillante. Era il tipo di uomo che piaceva a me: alto, con i capelli neri. Lui mi ha detto: "Piacere di conoscerti". Ci siamo seduti al tavolo, uno accanto all’altra. Abbiamo trascorso una serata molto simpatica». E poi? «Il giorno dopo, Flavio mi ha telefonato. Siamo usciti insieme per due mesi. Dopodiché
all’improvviso, non si è fatto più sentire. Non so perché. Le cose sono andate così: io lavoravo tra Parigi e Milano, e a Parigi avevo conosciuto Philippe Junot. Sono uscita con lui per quattro mesi: una semplice storiella. Poi, un bel giorno, Flavio si è fatto nuovamente vivo. Non so come fece a trovarmi. Voleva che tornassi con lui a Milano, e così è stato, perché mi mancava moltissimo, e già dalla prima sera io avevo capito che un giorno l’avrei sposato. Insomma, siamo andati subito a vivere assieme. Mi portava a comprare i vestiti da Valentino, da Yves Saint Laurent, mi copriva di regali. Era un uomo molto carismatico. Aveva un forte charme, mi affascinò fin da subito. Io ero giovanissima. Ci trasferimmo in una bellissima casa, in piazza Tricolore». Una casa «famosa». È vero che c’erano i rubinetti d’oro? «Non so se era tutto oro. Credo che fossero placcati». Davate tante feste? «Sì. C’erano molti invitati, gente elegante. Mangiavamo caviale e bevevamo champagne. Mi trovavo molto bene, tutti erano gentili con me. Per Flavio ero come un gioiellino, ero la sua fonte di bellezza. Un po’ come tutte le sue donne, del resto. Facevamo una bella vita, le cene, il Nepentha. C’erano i vip, c’erano le modelle. Se non eri importante non potevi entrare: per Flavio, la porta era sempre spalancata. Non si faceva mancare nulla: aveva una Rolls, poi si comprò una Mercedes. Aveva un cameriere e un cuoco personale. E poi, avevamo una casa a Saint Thomas e un appartamento a New York. Viaggiavamo. Furono anni indimenticabili». Eravate ricchi, insomma. Lei faceva la modella, ma Flavio? Qual era il suo lavoro?
«Oh, ne aveva vari. Innanzitutto, faceva l’agente di cambio: lavorava in Borsa. So che aveva delle sue aziende». Briatore in quegli anni faceva anche il discografico... «Sì, certo. Era molto amico di Iva Zanicchi, per esempio. Flavio le faceva da intermediario: organizzava le serate, i concerti. Gliene organizzò uno anche qui, a New York. Era il 1985, se non sbaglio. E c’era Loredana Berte, e c’era Pupo. Venivano anche a casa nostra, a Milano. Iva venne pure a Saint Thomas. Lei e Flavio erano molto amici. È una donna fantastica». E chi altro frequentavate? «Un sacco di gente. Emilio Fede, Bettino Craxi, tutta la bella società dell’epoca». Briatore frequentava Craxi? «Sicuro. Andammo a cena con lui, una sera. Me lo ricordo bene, perché per quell’occasione Flavio mi comprò un vestito di Yves Saint Laurent. Cenammo a casa di Craxi o a casa di un suo amico intimo». Ma Flavio parlava con Craxi? Si conoscevano? «Certo. C’era anche Emilio Fede, quella sera. Rimanemmo lì fino a tardi».
Fede e Briatore dovevano essere molto amici.
«Sì, certo. Emilio era un tipo parecchio simpatico, mi faceva molto ridere. Scherzava sempre. Mi ha invitato anche in Tv, una volta. Così, per un pomeriggio, sono stata nel pubblico di una sua trasmissione».
Un altro amico di Briatore era il conte Achille Caproni.
«Era molto simpatico, ma anche strano. Era gentilissimo e molto intelligente. Un uomo piuttosto silenzioso. Andavamo spesso nella sua villa, a Venegono, vicino a Milano: c’era un parco enorme, ci facevamo spesso delle feste. Sua moglie, Gabi, era una donna eccentrica, piena di verve».
La signora Gabi e Briatore ebbero un breve flirt, lo sapeva? «Sì, me lo disse Flavio. Ma il conte Caproni non lo venne mai a sapere, ne sono sicura».
Mentre stavate assieme, Flavio ha mai frequentato un certo Gaetano Corallo [affarista, che gli inquirenti ritenevano vicino al boss catanese Nitto Santapaola, ndr]? «Gaetano? Ma certo! Tutti lo chiamavano Gaetanino. Sì, sì, l’ho conosciuto anche io. Era un tipo molto simpatico, anche se un po’ duro. Non parlava inglese. Veniva a casa nostra a Milano, ogni tanto. Siamo stati anche a cena fuori. Era il 1981, il 1982».
E un certo Rosario Spadaro?
«Il nome mi dice qualcosa, sì. Ma non ricordo di più». Sono due personaggi piuttosto importanti. Entrambi sono stati indagati per mafia: si occupavano di casinò...
«Mafia? My God, mio Dio. Io ho paura della mafia. A me la mafia non piace».
Neanche a noi. Come siete arrivati al matrimonio? «Ci siamo sposati il 26 agosto 1983, a Saint Thomas, dopo due anni e mezzo di fidanzamento. Fu una cerimonia civile: molto bella, anche se veloce. Eravamo vestiti normalmente. Ricordo che Flavio indossava un anello. Io, invece, portavo un diamante e una fede nuziale. Dopo ab¬biamo fatto una festa». Come siete arrivati a Saint Thomas?
«È molto difficile da spiegare. Ecco, ci proverò: noi vivevamo a Milano, sempre in piazza Tricolore. Flavio lavorava tanto, come suo solito. A un certo punto, andò a Parigi per affari. Da lì, nel giro di un paio di giorni, saremmo dovuti partire per le vacanze. Ci saremmo recati a Saint Thomas, come sempre: avevamo una casa alle Isole Vergini e lì trascorrevamo le nostre ferie. Io, mentre lui era a Parigi, andai a Milano a prendere le valigie. Da lì, poi, avrei raggiunto Flavio in Francia, e saremmo partiti assieme. Mi seguite?».
Perfettamente.
«Dunque, ero in casa nostra, ed ero da sola. Sentii suonare alla porta. Andai ad aprire, e c’erano tre uomini della polizia. Entrarono nell’appartamento, e cominciarono a interrogarmi. Mi avranno parlato per tre o quattro ore: volevano sapere cosa faceva Flavio quando era in casa, volevano sapere se giocava a carte, se giocava d’azzardo. Cose di questo tipo. Hanno perquisito l’appartamento, volevano vedere la cassaforte. Poi sono andati via».
E lei che cosa fece?
«Chiamai Flavio. Gli raccontai tutto. Lui mi rispose: "Parti subito, vieni a Parigi da me. Ce ne andiamo a Saint Thomas". E così è stato. Dopodiché, siamo rimasti lì, perché lui non aveva altra scelta: non poteva più tornare in Italia. Questo è quello che mi ha raccontato. Ricordo che mi disse: "Non ti preoccupare, si sistemerà tutto"».
È la faccenda del gioco d’azzardo. Briatore ha avuto un processo, è stato condannato [nel 1987, poi è sopraggiunta l’amnistia, ndr], ed è dovuto all’estero per un po’.
«Sul serio? Flavio ha avuto un processo? Non lo sapevo. Mai visto Flavio giocare a carte. Andavamo ogni tanto al casinò: due o tre volte siamo stati a Montecarlo. Ma niente di più».
Flavio, alla fine degli anni Settanta, lavorava spesso come porteur. Non gliel’ha mai raccontato?
«Porteur? E che cosa sarebbe?». Una persona che porta la gente a giocare al casinò.
«È la prima volta che ne sento parlare».
In quel periodo, a Flavio non mancava l’Italia? Non voleva tornare?
«No, non credo. Facevamo una bella vita, piena di viaggi: prendevamo la barca e facevamo il giro delle isole, mangiavamo a bordo. Era bellissimo. Flavio, inoltre, lavorava per Benetton: gestiva i negozi di Benetton, stava a Saint Thomas e a New York, dove c’era il quartier generale del gruppo. Insomma, non poteva lamentarsi. E non lo faceva».
Per quale motivo, secondo lei, Luciano Benetton affidò a Flavio Briatore un compito così delicato?
«Semplice: perché credeva in lui. Flavio, d’altro canto, aveva parecchie amicizie in America, e aiutò Luciano ad aprire tutti i suoi vari negozi».
Quanti erano, in tutto, i negozi Benetton?
«Tanti: sette, mi pare. Flavio li gestiva, io mi occupavo delle relazioni pubbliche, perché parlavo inglese. Lui, invece, lo masticava appena. I negozi andavano molto bene, uno solo stentava a decollare, e allora abbiamo deciso di chiuderlo: ci abbiamo aperto una gelateria».
E lei Benetton lo ha mai conosciuto?
«Molto bene. Veniva spesso a Saint Thomas con Marina Sa-lamon, che sarebbe diventata sua moglie. Era un uomo elegante, brillantissimo, un vero gentleman. Lui e Flavio erano amici. Luciano, addirittura, ci ha fatto da testimone di nozze, era uno dei due testimoni di Flavio. L’altro si chiamava Antonello Gambino».
Chi era?
«Oh, era un italiano che viveva lì. Faceva l’architetto, se non mi sbaglio».
Ma lui e Flavio erano soci d’affari?
«Non lo so: io non mi intendevo di affari, Flavio non mi diceva mai nulla. Non voleva che mi interessassi di queste cose. Erano gli anni Ottanta: le donne si occupavano di altro, non certo di business. Soprattutto, le donne degli italiani».
E com’era la vostra vita a Saint Thomas?
«Bellissima. Flavio aveva questa barca molto veloce: si chiamava Azzurro».
E non c’era solo la barca: c’era anche un locale, il celebre Jimmy’z...
«Sì, sì: il Jimmy’z. Se Flavio lo aprì, fu anche per merito mio: fui io, infatti, a presentargli Regine Zylberberg». Regine, la regina della notte. Come l’ha conosciuta? «Tramite Philippe Junot».
Com’era il Jimmy’z?
«Enorme. C’erano 250 posti per mangiare all’esterno, vicino alla piscina. Dentro, invece, c’era spazio per 2.500 persone, ed era sempre pieno. Il giorno dell’inaugurazione fu fantastico. Vennero Regine, Junot, John Travolta».
Lei e Briatore avete divorziato dopo oltre quattro anni di matrimonio. Perché?
«Semplice: io non ero più innamorata di lui, e lui non lo era più di me. Non abbiamo litigato: semplicemente, non riuscivamo più a stare assieme. Flavio lavorava moltissimo, dalle otto di mattina alle due di notte. Prima era diverso: le cose cambiarono con l’apertura del Jimmy’z. Mio marito passava le giornate in ufficio, poi la sera andava al locale, controllava che tutto andasse bene. Io, d’altro canto, continuavo a fare la modella. Non ci vedevamo più. Prima ci siamo separati: io ho preso le mie cose e ho lasciato Saint Thomas. Poi è arrivato il divorzio. Ricordo che Flavio mi destinò una piccola somma di denaro. A me, comunque sia, i soldi non interessavano».
Lei era molto gelosa?
«No, no. Ci fidavamo l’uno dell’altra. Io, forse, ero un po’ più gelosa di lui, ma perché lo sono di carattere: e poi Flavio, all’epoca, non era un playboy. Certo, aveva un fascino incredibile. Non ho mai conosciuto, nella mia vita, un uomo così affascinante. Ma vi assicuro: quando stava con me, Flavio non faceva il playboy. Forse, ha cominciato a farlo dopo, per dimenticarmi. Io la penso così, perché la nostra è stata una storia molto importante. E lo è stata, ne sono certa, anche per lui».
Lo ha più rivisto?
«Solo una volta, circa a metà degli anni Novanta. Mi sarebbe piaciuto lavorare per Benetton. Volevo proporgli di lanciare una linea d’abbigliamento per fantini: così, andai da Flavio. Lui fu molto gentile: mi accolse, disse che mi avrebbe aiutato. Era già famoso, era già un leader della Formula 1. Ricordo che pensai: "Oddio, ma non è cambiato per nulla". Aveva ancora i suoi meravigliosi capelli neri, era alto, sorridente, elegantissimo. Mi colpì molto. Da allora, non l’ho mai più rivisto».
Ma leggerà di lui sui giornali, l’avrà visto in Tv...
«Certo. I miei amici mi fanno vedere gli articoli, le foto. Dicono: "Guarda, Marcy, qui si parla di Flavio". E io leggo». Saprà, allora, del suo ultimo matrimonio... «Certo. E sono contenta per lui. Ha trovato una donna che lo ama. Sono sicura che Elisabetta Gregoraci ama Flavio Briatore per quello che è, e non per i suoi soldi. Con Naomi, invece era diverso: si amavano per pubblicità, perché conveniva a entrambi. Io, almeno, la penso così. E credo che lui sia felice».
Un’ultima cosa. Nell’agosto 2007, Flavio Briatore ha rilasciato un’intervista a Vanity Fair. Parlando, per la prima e ultima volta, del vostro matrimonio, ha detto che «non erano nozze vere e proprie».
«Una bugia. Il nostro è stato un matrimonio legale, ed è durato vari anni. Il giornalista autore dell’articolo avrebbe dovuto fare alcune verifiche».
Eppure è strano, non trova? In vostro, in fondo, non è stato un matrimonio segreto...
«Assolutamente no. Tutti i nostri amici sapevano che eravamo sposati. Iva Zanicchi lo sapeva. E anche gli altri. Flavio mente, vuole che nessuno sappia di me: è tutto quello che posso dirvi. Ma non chiedetemi come mai: non ne ho idea».
È trascorso ormai un quarto di secolo. Il suo ex marito è diventato famoso in Italia e nel mondo. Non le piacerebbe rivederlo?
«Sono sincera: no».