Adriano Botta, L’espresso 11/11/2010, 11 novembre 2010
Fare sesso virtuale a pagamento via Internet attraverso una webcam equivale a prostituirsi fisicamente
Fare sesso virtuale a pagamento via Internet attraverso una webcam equivale a prostituirsi fisicamente. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione condannando per sfruttamento il gestore di un night club toscano che offriva collegamenti hot a pagamento tra le sue dipendenti e i clienti, incassando una parte del guadagno. Quella della Cassazione è la prima sentenza definitiva in Italia sulle cam girl: "L’atto di prostituzione", sostiene la Suprema Corte, "non implica di necessità la congiunzione carnale, comunque realizzata, o anche il solo contatto fisico tra i soggetti del rapporto". Una decisione che ha sollevato non poche proteste: il giurista Carlo Zaina, sul sito Overlex.com, ha per esempio notato come, con la sua interpretazione molto estensiva di prostituzione, la Cassazione ha di fatto incluso "qualsiasi genere di disposizione del proprio corpo a fini sessuali" e quindi "qualsiasi condotta che risulti idonea a suscitare la brama di libidine del destinatario della stessa". Una logica che se fosse applicata fuori dal Web finirebbe per vietare a una quantità enorme di comportamenti sexy e interattivi "sfruttati" a fini di lucro, inclusi i locali dove si fanno spettacoli hard .