Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  novembre 11 Giovedì calendario

Fare sesso virtuale a pagamento via Internet attraverso una webcam equivale a prostituirsi fisicamente

Fare sesso virtuale a pagamento via Internet attraverso una webcam equivale a prostituirsi fisicamente. Lo ha stabilito la Corte di Cassazione condannando per sfruttamento il gestore di un night club toscano che offriva collegamenti hot a pagamento tra le sue dipendenti e i clienti, incassando una parte del guadagno. Quella della Cassazione è la prima sentenza definitiva in Italia sulle cam girl: "L’atto di prostituzione", sostiene la Suprema Corte, "non implica di necessità la congiunzione carnale, comunque realizzata, o anche il solo contatto fisico tra i soggetti del rapporto". Una decisione che ha sollevato non poche proteste: il giurista Carlo Zaina, sul sito Overlex.com, ha per esempio notato come, con la sua interpretazione molto estensiva di prostituzione, la Cassazione ha di fatto incluso "qualsiasi genere di disposizione del proprio corpo a fini sessuali" e quindi "qualsiasi condotta che risulti idonea a suscitare la brama di libidine del destinatario della stessa". Una logica che se fosse applicata fuori dal Web finirebbe per vietare a una quantità enorme di comportamenti sexy e interattivi "sfruttati" a fini di lucro, inclusi i locali dove si fanno spettacoli hard .