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 2010  novembre 05 Venerdì calendario

MYANMAR VOTA, INTERNET SI SPEGNE

Visti negati ai giornalisti stranieri. Divieto di avvicinarsi ai seggi per la stampa locale. Frontiere sigillate con i paesi confinanti. E adesso la rete Internet al collasso, schiacciata da un misterioso cyber attacco che sta rendendo praticamente impossibili i contatti via web con il mondo esterno. Per la macchina propagandistica della giunta militare che governa la Birmania le elezioni di domenica prossima dovranno sancire il passaggio di consegne a un governo civile e rispettabile, in grado di fare da catalizzatore dei grandi investimenti esteri che premono alle porte del paese. Nella realtà il primo appuntamento elettorale da 20 anni a questa parte somiglia ogni giorno di più a un intermezzo teatrale in cui i protagonisti di una tragedia in scena da 48 anni si cambiano d’abito, abbandonando le loro ormai consunte divise militari per indossare abiti civili.

L’ultimo colpo alla credibilità del voto è arrivato ieri, quando il crescendo di messaggi di Distributed Denial of Service (DdoS) che da giorni piovono da ogni parte del mondo sui server degli Internet provider di Myanmar ha portato al collasso la rete. Secondo Arbor Networks, una società statunitense che si occupa di sicurezza informatica, l’attacco è stato «centinaia di volte» più intenso di quanto sarebbe stato bastato a far saltare i già precari collegamenti, via terra e via satellite della ex Birmania con il mondo esterno. Un caso fino a oggi rarissimo di «attacco di natura geopolitica su larga scala che ha per bersaglio un intero paese».

Stabilire con certezza i mandanti dell’operazione per il momento è impossibile, anche perché fisicamente l’assalto informatico è stato portato da un numero imprecisato di computer sparsi in tutto il mondo che, all’insaputa dei legittimi proprietari, stanno bombardando di messaggi i server birmani. Una strategia resa possibile dalla diffusione di un virus progettato da chi, evidentemente, ha interesse a massimizzare l’isolamento del paese dal resto del mondo durante le elezioni.

Una prova generale dell’attacco c’era già stata nei mesi scorsi, in corrispondenza con l’anniversario delle proteste di piazza dell’8 agosto 1988, quando la rete Internet birmana ha funzionato a singhiozzo per giorni. I motivi di questa nuova aggressione sembrano più legati alla volontà di impedire la fuoriuscita di notizie dal paese piuttosto che la loro circolazione all’interno. I collegamenti Internet nella ex Birmania restano un privilegio di pochi, circa un cittadino ogni 455. Mentre, all’epoca della rivolta dei monaci del 2007, quelli con l’esterno consentirono ai blogger dissidenti di mostrare al resto del mondo la violenza della repressione del regime.

Tra i fattori destinati a delegittimare le elezioni di domenica non c’è però solo il muro di gomma eretto dal regime intorno al voto. Ma anche la decisione dei generali di impedire la candidatura di Aung San Suu Kyi e di chiedere alla National League for Democracy l’espulsione dell’attivista democratica e premio Nobel per la pace, pena lo scioglimento, puntualmente avvenuto, del partito.

Nonostante il fatto che il 25% dei seggi del nuovo parlamento andrà di diritto a dei militari (come anche i posti di ministro dell’Interno, della Difesa e delle Frontiere), secondo alcuni analisti il voto di domenica potrebbe comunque contribuire a inaugurare un lento processo di democratizzazione del paese. Soprattutto perché le ormai inevitabili riforme economiche, una struttura statale meno verticistica di quella attuale e la presenza in parlamento di più di un partito filo-giunta potrebbero innescare nuove dinamiche di potere. Con il risultato di rendere meno granitico il controllo esercitato dai militari su un paese ricco di materie prime come gas, legno e pietre preziose e sempre più centrale nelle strategie geopolitiche di Cina e India.