Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  novembre 04 Giovedì calendario

YSL SOGNI, CAPRICCI E FOLLIE UNA VITA CON IL RE DEL LUSSO

Cinquant´anni insieme, uniti dalla passione per il bello, l´eleganza, le case irripetibili e l´arte. Pierre Bergé ha conosciuto Yves Saint Laurent ai funerali di Dior, «un segno del destino». È il 1957: il timido Yves, 21 anni, è l´erede del maestro: disegnerà per la maison. Pierre ne ha 27 e diventerà il suo compagno di vita. Ed è Bergé a raccontare nel documentario di Pierre Thoretton, L´amour fou, presentato in anteprima al Festival di Roma, fuori concorso nella sezione Extra (uscirà nelle sale intorno a Natale distribuito da Bim), il rapporto con il genio fragile. L´uomo che inventò lo smoking, gli abiti da zarina, i tailleur pantalone indossati dalle donne di potere «perché» ripeteva «l´importante, più che rendere belle le donne, è farle sentire sicure. Un modo di amarle, nell´impossibilità di amarle».
Il film inizia con l´addio di Saint Laurent alla moda, il 7 gennaio 2002; è stanco, depresso, il mondo che ha costruito - fatto di lusso estremo, lontano dalle miserie e dalla crisi - a cui ha dedicato la vita, non gli appartiene più. «Ho conosciuto quei falsi amici che sono i tranquillanti e le droghe; la prigione della depressione e delle cliniche. Faccio parte di quella che Marcel Proust chiama "la magnifica e lamentosa famiglia dei nevrotici"».
Ai funerali, nel 2008, seduto in prima fila accanto al vedovo, che tutti hanno frequentato e consolato, c´è il presidente Sarkozy con Carla Bruni (che era stata una delle mannequin di YSL), la bara è avvolta dalla bandiera francese. Bergé, che ha seguito Saint Laurent come un´ombra, parla nella casa-museo parigina dove hanno collezionato quella che Le Monde, quando andò all´asta da Christie´s, definì «la collection du siecle»: Matisse, Picasso, Degas, Ensor, Brancusi, Mondrian, pezzi d´argento magnifici, vasi Déco. Il mondo di Saint Laurent e Bergé finisce nelle casse, smontato pezzo per pezzo, mentre il compagno dello stilista racconta mezzo secolo d´amore «folle», risse e complicità. Un matrimonio che molti definirebbero ideale. «Una sera hanno bussato alla porta due ragazzi e hanno chiesto di Yves. Lui è uscito. Mi sono sentito morire. Ho fatto la borsa e sono andato in albergo». I periodi di separazione si ripetono, ma Bergé tornerà sempre, l´amore che li lega è più forte. Anche se è difficile stare vicino a quel giovanotto timido, gli occhi chiari incorniciati dalla famosa montatura, che non si libera della malinconia. Lo racconta Loulou de La Falaise, sua musa; nei filmati Mick Jagger suona il piano e Andy Warhol gli regala i ritratti.
È di Bergé la voce narrante che ricostruisce una vita dorata inimmaginabile per la gente comune, capricci e follie, sogni realizzati in 24 ore. Yves s´innamora del Marocco, acquista la prima casa a Marrakech «affacciata su un giardino di limoni», poi la magnifica dimora col giardino Majorelle, l´incredibile castello in Normandia, che raggiungono con l´aereo guidato da Bergé «è più comodo così». Certo, spiega, era un problema arredare le stanze; la soluzione - a chi non verrebbe in mente - è intitolarle ai personaggi della Recherche di Proust.
Una vita insieme, ricca, appassionata, poi la depressione e le droghe che minano l´equilibrio di Saint Laurent, costretto a disegnare due collezioni all´anno, senza ripetersi mentre l´industria della moda cambia, la crisi colpisce il lusso, gli anni 90 minacciano l´impero del creatore di sogni.
Come nella coppia Valentino-Giammetti (raccontata nel documentario The Last Emperor di Matt Tyrnauer) il compagno coi piedi per terra lavora dietro le quinte. Il creativo crea. Forse questo è il segreto della longevità della coppia, spazi e ruoli separati, la dedizione nei momenti più duri. È Bergé che nel 1961 trova gli investitori in America e fonda la maison Yves Saint Laurent. Il collage privato (i cani, le amiche bellissime, esigenti, le case, i viaggi) s´intreccia con la vita pubblica, scene da un matrimonio di due principi azzurri. Scorrono le tappe della carriera: la trionfale sfilate russa del 1976; il profumo-icona Opium (1977), le sahariane per esploratrici cosmopolite, gli abiti ispirati a Mondrian, una giovanissima Laetitia Casta, coperta solo di rose. All´ultima sfilata, nel 2002, trionfale retrospettiva - 300 modelli in passerella e Catherine Deneuve, emozionata, che gli dedica Ma plus belle histoire d´amour c´est vous - appare stanco, appesantito. «Avevo un cuore innocente», canta la Deneuve «il mio viaggio è finito». Quello di Yves Henri Donat Mathieu Saint Laurent, arrivato a Parigi dall´algerina Orano, no: il suo talento rivive nell´archivio della fondazione che raccoglie i cinquemila abiti capolavoro.
Il mondo era ai suoi piedi, ma l´omosessuale Saint Laurent - in anni in cui era scandaloso esserlo - confessa a Laurence Benaim, autore di una sua biografia, il dubbio che lo ha accompagnato: «Il giorno in cui mi conferirono la Legion d´Onore mio padre era sconvolto. Io avevo il mio bel nastro rosso, mi ritrovai solo con lui e scoppiai a piangere. Papà, gli dissi, tu sai come sono. Forse tu avresti voluto che io fossi un vero uomo, che portassi avanti il tuo nome. Lui mi rispose: "Mio caro, non ha alcuna importanza"». Berlusconi prenda appunti.