FRANCESCO MOSCATELLI, La Stampa 4/11/2010, pagina 25, 4 novembre 2010
“Ci spaventa meno ma l’Aids continua a infettarci” - Negli anni Novanta c’erano i fumetti di Lupo Alberto, gli spot in tv - «Di chi è questo?» -, e le campagne choc che sbattevano il «mostro» sui cartelloni pubblicitari
“Ci spaventa meno ma l’Aids continua a infettarci” - Negli anni Novanta c’erano i fumetti di Lupo Alberto, gli spot in tv - «Di chi è questo?» -, e le campagne choc che sbattevano il «mostro» sui cartelloni pubblicitari. L’Aids uccideva. E faceva paura. Oggi, a ventotto anni di distanza dall’inizio dell’epidemia, l’Hiv continua a colpire (nel mondo si registrano 7500 nuovi casi ogni giorno), ma lo fa in silenzio. In Europa, e in Italia, dove possiamo permetterci i farmaci antiretrovirali, ci si continua ad ammalare. In Africa - 22 milioni di persone infettate, due terzi del totale mondiale – si continua anche a morire: per ogni due pazienti trattati con le terapie, altre cinque persone contraggono il virus. A lanciare l’allarme è Françoise Barré-Sinoussi, la donna che scoprì il virus assieme all’epidemiologo francese Luc Montagnier e che per questo, nel 2008, ha ricevuto il premio Nobel per la Medicina. Ieri mattina era alla clinica Humanitas di Rozzano, alle porte di Milano, per un convegno sulle malattie infettive. «In Europa la diffusione su larga scala delle terapie combinate antiretrovirali, che pur non consentendo la guarigione permettono di tenere sotto controllo l’infezione, ha modificato sostanzialmente l’andamento della malattia nelle persone sieropositive – spiega la professoressa -. La vera emergenza è il contagio. Dal 1996 a oggi il tasso di mortalità in Europa è diminuito dell’85% circa, così come la progressione dell’infezione – da asintomatica all’Aids conclamato – è in proporzione diminuita. I successi delle terapie antiretrovirali hanno inoltre consentito di azzerare la trasmissione della malattia fra madre e feto. Così, oggi, le donne non hanno più paura né dei propri partner sieropositivi né di eventuali gravidanze». In Italia, 180 mila persone Hiv positive, delle quali 22 mila con Aids conclamata, e duemila morti ogni anno, i problemi si chiamano aumento dei contagi per via sessuale e inconsapevolezza: più della metà delle persone infette non sa di esserlo. L’Aids coinvolge tutti: uomini e donne di mezza età, ma sempre più spesso anche giovani e giovanissimi. «Il mondo dei media e la politica hanno responsabilità precise, hanno abbassato la guardia – spiega Domenico Mavilio, capolaboratorio dell’unità di Immunologia dell’Humanitas –. Le nuove generazioni non sono informate né sui rischi né sulla prevenzione, ce ne rendiamo conto tutti i giorni». Anche Françoise Barré-Sinoussi ha ribadito il concetto. «I ragazzi, che spesso sono poco consapevoli del rischio a causa della scarsa informazione, costituiscono un drammatico bacino di sviluppo dell’infezione da Hiv. Sottovalutare il pericolo è un errore. A fronte di una riduzione della mortalità, infatti, la percentuale di nuovi infetti non è diminuita. Aumentano anzi i casi di contagio attribuibili a rapporti sessuali: in Italia, ad esempio, nel 2008 costituiscono il 74%». A Milano la dottoressa Barré-Sinoussi ha parlato anche della grande sfida che attende la comunità scientifica: lo sviluppo di un vaccino. «Il fallimento dell’ultima sperimentazione clinica deve essere uno stimolo per tornare in laboratorio. Sono ottimista. Oggi, rispetto agli anni ’80, le nuove tecnologie e gli approcci scientifici innovativi costituiscono un netto vantaggio per la messa a punto di un vaccino. La soluzione, forse, è più vicina di quanto crediamo: esistono piccole percentuali di pazienti infettati dal virus Hiv che, senza alcun farmaco, non sviluppano l’Aids. Noi scienziati dobbiamo “andare a scuola” da loro, ossia capire quali meccanismi hanno naturalmente sviluppato, e replicarli con un vaccino».