Aldo Grasso, Corriere della Sera 04/11/2010, 4 novembre 2010
BELLA CIAO E GIOVINEZZA: SE LA STORIA E’ UN KARAOKE - L’
annuncio che al prossimo festival di Sanremo risuoneranno le note di «Bella ciao», subito controbilanciate da quelle di «Giovinezza», in attesa che anche la Lega trovi la sua hit di riferimento, avrebbe molto divertito Edmondo Berselli, il politologo cui piaceva raccontare la storia della nostra società attraverso lo strumento popolare della canzone. I 150 anni della storia d’Italia si festeggiano anche così, attraverso un’indistinta colonna sonora che mescola le bandiere nere con quelle rosse in nome più dell’ipocrisia (conciliare il politeismo ideologico anche in campo musicale) che di una ritrovata unità. Le canzoni sono a pieno titolo «luoghi della memoria», secondo la felice definizione dello storico Mario Isnenghi, costituiscono una sorta di geografia dell’immaginario, piccole narrazioni di grandi ricordi; basti pensare agli studi di Gianfranco Baldazzi, Gianni Borgna, Emilio Franzina, Michele Straniero. Anche la canzone può dar vita al passato, tramandandone un racconto pubblico, trasformando un’emozione personale in un sentimento condiviso. In Italia, l’idea di far convivere canzoni, storia e atmosfere contestuali nasce con il film di Domenico Paolella «Canzoni di mezzo secolo», 1952, ripreso l’anno seguente con «Canzoni, canzoni, canzoni» e replicato nel 1962, con «Canzoni di ieri, canzoni di oggi, canzoni di domani». Da questo modello nascono le grandi antologie storico - musical i , le parate storiche di canzoni che radio e tv ogni tanto offrono.
In verità, ci aveva già pensato anche un programma di History Channel di qualche anno fa a karaokizzare le canzoni che a buon diritto fanno parte del nostra vita: Inno di Mameli, «Funiculì-Funiculà», «Mamma mia dammi cento lire», «Bella ciao», «Giovinezza» e molte altre. Qualche immagine di repertorio, i testi della canzone, il canto collettivo che ci unisce. Con le canzoni si possono dire molte cose; anzi tutto ciò che è troppo difficile o stupido o ardimentoso per essere scritto può essere bellamente cantato. E se il posto di queste canzoni è quasi nullo nella storia della musica, costituisce invece un patrimonio immenso «nella storia sentimentale della società». Le vicende di guerra, di lotta sociale, di appartenenza sono nell’aria, quasi si annusano: difficili da dimostrare, nero su bianco, ma facili da affidare al sentimento «irresponsabile» di una melodia. Con la «Giovinezza» sanremese il fascismo passa dall’apologia di reato all’apologia del surrogato. Di una tragedia storica.
Dopo Sanremo non si dirà più «sono solo canzonette». Si dirà «è solo l’Italia» .
Aldo Grasso