Davide Milosa, il Fatto Quotidiano 4/11/2010, 4 novembre 2010
LELE MORA E IL BOSS CALABRESE
Sul caso Ruby si profila l’ombra della ‘ndrangheta. Le relazioni pericolose con la criminalità organizzata calabrese ora rischiano di incrociare l’inchiesta sulle ragazze e sulle escort che hanno frequentato la villa di Berlusconi ad Arcore. Al centro di questo intreccio c’è Lele Mora, indagato per favoreggiamento alla prostituzione assieme al consigliere regionale del Pdl Nicole Minetti e al direttore del Tg4 Emilio Fede. L’inchiesta, partita nel 2009 grazie ad alcune notizie confidenziali su un giro di escort, ha ripreso vigore nel luglio scorso, dopo che nelle intercettazioni è finito il nome di Ruby. A questo punto il quadro si è fatto più complesso. Da una parte si è sviluppata l’inchiesta per i festini a villa San Martino. Dall’altra le investigazioni sulle attività mafiose.
NEL FRATTEMPO il fronte escort si è arricchito anche del filone siciliano alimentato dalle dichiarazione della modella Nadia Macrì che racconta di incontri a sfondo sessuale con il premier. Sul punto ieri è intervenuto il procuratore di Milano Edmondo Bruti Liberati: “I fascicoli verranno affidati allo stesso pm”, ha dichiarato. Precisando: “Noi perseguiamo reati, non ci interessano le vite private”. L’inchiesta dunque prosegue. Ma sullo sfondo si fanno sempre più ingombranti i presunti rapporti tra Mora e uomini vicini ai clan. L’“impresario dei vip” ieri, intervistato da Simona Ventura, ha parlato di Ruby e delle feste a villa San Martino. Intervista soft con elogio al premier: “Un vero re” che “come tutti i potenti è un uomo solo”; e scontato ritratto della ragazza marocchina: “Aveva solo bisogno di aiuto”. Per capire gli incroci mafiosi, però, bisogna riavvolgere il nastro fino al 19 febbraio 2009. A Milano è la giornata inaugurale della Borsa internazionale del turismo. Davanti agli stand delle varie regioni italiane il via vai è continuo. Due persone, tra le tante, stanno parlando. Uno di loro è un politico della giunta comunale di Reggio Calabria, allora capitanata da Peppe Scopelliti. Discutono di eventi. Parlano di Lele Mora, della sua scuderia. Si pensa agli artisti che lui gestisce. In fondo, già in passato il Comune della città calabrese ha speso 120 mila euro per avere in passarella Valeria Marini e altri vip della squadra di Mora.
Questa volta, però, qualcosa non torna. Perché l’interlocutore del politico si chiama Paolo Martino ed è cugino del superboss della ‘ndrangheta Paolino De Stefano, ucciso nel 1985. Alle spalle, Martino ha precedenti per mafia e traffico di droga. Sul tavolo può mettere rapporti con la massoneria e l’estrema destra. Non a caso, fu lui, assieme ai potenti clan della ‘ndrangheta reggina, a dare appoggio alla latitanza di Franco Freda, il terrorista nero processato per la strage di piazza Fontana. Erano gli anni Settanta. Oggi la partita è un’altra. Ma il punto resta decisivo e potrebbe dare una svolta ulteriore all’inchiesta milanese sul giro di belle ragazze che hanno frequentato i saloni di Arcore. Torniamo al 2009. All’epoca Lele Mora si ritrova coinvolto nella parte milanese dell’inchiesta su Vallettopoli. Tutto gira attorno alla cocaina consumata nei locali della movida meneghina. Lui verrà scagionato, ma i suoi guai però non finiscono con l’archiviazione. All’epoca Dario Mora, classe 1955, da Bagnolo Po in provincia di Rovigo, combatte con i creditori. E’ pieno di debiti. Deve vendere la sua villa in Sardegna. La Lm Management segna il rosso fisso e il crac finanziario è dietro l’angolo. Il fallimento verrà certificato dal tribunale di Milano l’estate scorsa. C’è un buco da quasi 20 milioni di euro. Tutto finito dunque? Non sembra. Visto che è lo stesso impresario di vip e starlette di secondo piano ad ammettere la proprietà di 40 appartamenti in cui distribuire le sue ragazze.
DENTRO questa storia qualcosa continua a non tornare. Per esempio: dopo il fallimento, Mora dove prende il denaro ? E allora ecco di nuovo Paolo Martino. Torna a Milano nel 2006, con un compito preciso: gestire gli affari della criminalità organizzata calabrese in Lombardia. Non è un caso. Il suo nome compare nell’ultima inchiesta di mafia al nord del 13 luglio. Da qui emerge un rapporto strettissimo tra Martino e il clan dei Valle, a loro volta legati alla famiglia Lampada, definita dal Ros carabinieri di Reggio Calabria il braccio finanziario della cosca Condello. In Lombardia l’affare si chiama casinò e videopoker.
La torta è golosissima. E la cosa non sembra lasciare indifferente lo stesso Mora. L’impresario dei vip, infatti, risulta in contatto con Pasquale Di Martino, imprenditore legato al clan Sarno. Il dato emerge da un’altra inchiesta: quella sulla nuova P2. Ecco che cosa annotano gli investigatori: “Pasquale Di Martino ha instaurato rapporti con Lele Mora e Flavio Carboni e, dal tenore di molte conversazioni intercettate, tali contatti sembrano essere finalizzati a realizzare, tramite tali personaggi, importanti iniziative imprenditoriali verosimilmente nel settore dei casinò”. Il carico da novanta arriva però dalle visure camerali. Fino al 2007, Paolo Martino risulta uno dei due soci della Lucky world. La società, attualmente inattiva, ha sede in viale Piave a Milano e si occupa di compravendita di videopoker. Socio di Martino è Francesco Lampada, arrestato il primo luglio scorso per mafia. Fino al 2009, amministratore unico della Lucky world è un certo Stefano Trabucco, persona vicina allo stesso Lele Mora. Trabucco a oggi non è indagato. Secondo gli investigatori risulta, però, in contatto con il boss calabrese. Tanto da essere considerato il trait d’union con Mora. E che Trabucco orbiti attorno alla corte dell’impresario dei vip emerge dalla sua partecipazione alla Stella srl, tra i cui soci compaiono personaggi coinvolti nell’ultima indagine sulla discoteca Hollywood: per anni il sancta santorum di Mora che ai tempi d’oro prima di Vallettopoli officiava le serate seduto su un vero trono. Altri tempi.