Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  novembre 04 Giovedì calendario

LO YEMEN COVA IL FUOCO SOTTO LA CORRUZIONE

Nello Yemen la povertà alimenta lo scontento e, combinata con l’Islam wahhabita importato dall’Arabia Saudita, innesca il terrorismo qaedista. Ma Al-Qaeda è solo una delle sfide per il presidente Salah, cui vanno aggiunti la guerriglia Huthi al Nord e il movimento secessionista al Sud, dove i mancati investimenti fanno rimpiangere il protettorato britannico. ùLa povertà è dovuta a fattori strutturali (la produzione petrolifera è scesa da 456mila barili al giorno nel 2003 a 287mila nel 2009), alla corruzione e a decisioni miopi. È stata la corruzione a permettere che la rete elettrica - indispensabile per le infrastrutture, a loro volta necessarie per passare da un’economia petrolifera a una differenziata - fosse svenduta a un quarto del prezzo. Ed è stata la corruzione a far sì che il porto di Aden fosse dato in concessione per trent’anni a DP World che gestisce anche il porto di Gibuti: le strutture sono in concorrenza e difficilmente ad Aden saranno promossi gli investimenti attesi. Le scelte miopi sono molteplici: l’acqua è assorbita dalla coltura del qat (un arbusto le cui foglie causano euforia e dipendenza) anziché dei cereali per combattere la malnutrizione; la popolazione cresce al 3,1% annuo, ma il governo non insiste sul controllo delle nascite perché culturalmente inaccettabile; durante la prima guerra del Golfo le autorità avevano preso le parti di Saddam e per ripicca i sauditi avevano cacciato 750mila immigrati yemeniti. Ora, per diminuire le spese del budget, il governo yemenita vuole eliminare i sussidi al carburante ma, poiché ne saranno colpiti i nuclei famigliari più deboli, sarebbe auspicabile compensare la manovra con aiuti in contanti. Lo Yemen è l’unica repubblica della penisola araba ma la popolazione non è coinvolta nel processo politico che resta prerogativa delle élite. Ad aprile gli yemeniti andranno alle urne per eleggere i deputati (tra cui solo una donna) e in questo contesto verrebbe da pensare che le elezioni siano un esercizio superfluo. Ma rispettare l’appuntamento è fondamentale per non mandare a monte il dialogo avviato dal presidente Salah a maggio, in occasione del 20° anniversario dell’unificazione. Quale soluzione? Occorre prendere coscienza che lo Yemen è un problema per l’Occidente e i 200 milioni di dollari stanziati dagli Usa per il 2011 sono pochi (rispetto ai diversi miliardi allocati al Pakistan e ai 2 miliardi stanziati dai sauditi per lo Yemen) e insufficienti per far fronte alle molteplici sfide che minacciano la sicurezza del paese e anche la nostra: il rischio è che buona parte del denaro sia destinato a spese militari tra cui i droni che hanno già mietuto troppe vittime collaterali e suscitato tanta rabbia. Allo Yemen non servono aiuti solo militari, ma iniziative congiunte in ambito economico, umanitario e di sviluppo (anche nel sistema giuridico). Senza sottovalutare i diritti umani, perché secondo Amnesty International «troppo spesso sono sacrificati in nome della sicurezza».