Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2010  novembre 04 Giovedì calendario

UNA STAGIONE DI RIFORME MODERATE

Il partito del presidente perde sempre voti nelle elezioni di metà mandato, perché gli americani amano i "checks and balances" ovvero il bilanciamento delle istituzioni che li governano. Quindi la sconfitta dei democratici era attesa, ma le dimensioni sono maggiori del previsto. È una delle maggiori sconfitte in una elezione di midterm del dopoguerra, se non la più grande. La Camera è ora solidamente nelle mani repubblicane e per un soffio i democratici non hanno perso anche il Senato: la maggioranza l’hanno mantenuta solo perché solo un terzo del Senato veniva rieletto, se si fosse votato per tutti i seggi i democratici avrebbero perso anche il Senato e nettamente. Non solo, ma in alcuni stati cruciali, come l’Ohio, la vittoria inattesa di un governatore repubblicano è un segnale molto pericoloso per i democratici. Potenziali candidati alle prossime elezioni presidenziali saranno sicuramente galvanizzati e i migliori di loro vorranno entrare in lizza senza aspettare il secondo mandato di Barack Obama. Non a caso il repubblicano Mitt Romney si aggira già nel New Hampshire, il primo stato a votare tra un anno per le primarie.

Gli americani non potevano essere più chiari. Disapprovano l’amministrazione Obama e il suo modo di governare solo con i voti dei democratici senza cooperare con i repubblicani al Congresso. I democratici hanno perso tutta la fetta di elettori moderati di centro che avevano votato per loro. La spiegazione più banale, ovvero che l’economia va male e gli americani hanno votato contro il governo, sottovaluta le complessità del paese. Certo, un’economia debole non aiuta ma non basta a spiegare questo risultato. Gli americani vogliono il governo diviso, soprattutto dopo due anni di monopolio assoluto di uno dei due partiti.
A questo punto non vi sarà paralisi ma cooperazione. Gli Stati Uniti di solito funzionano meglio con un governo diviso, perché costringe i due partiti al compromesso e a produrre politiche moderate. In termini di politica economica ciò si tradurrà nella fine di ogni stimolo fiscale dal lato della spesa, un bene perché ora sono probabilmente controproducenti. Gli sgravi fiscali saranno estesi ancora per qualche anno finché l’economia non si riprenderà. Fra pochi giorni una commissione istituita da Obama sul deficit farà un rapporto che suonerà da sirena più che da campanello d’allarme sulla finanza pubblica fuori controllo. Dopo la sconfitta elettorale, Obama dovrà tenerne conto e l’amministrazione probabilmente annuncerà un piano di rientro dal deficit un po’ più chiaro, deciso e credibile di quello attuale. È possibile che si rimetta mano alla complicatissima riforma sanitaria, di cui la maggioranza della gente si dichiara scontenta.
In generale gli americani hanno detto no a una filosofia politica che voleva muovere lo stato sociale verso un modello europeo. In questo senso non conta solo quello che Obama ha fatto, ma anche la sua retorica su quello che avrebbe voluto fare, come la sua insistenza sulla redistribuzione della ricchezza. La vasta maggioranza degli americani, a torto o a ragione, non chiede questo. Vuole invece uno stato limitato, crede che gli individui debbano in generale farcela da soli (entro certi limiti ovviamente), non vogliono uno stato paternalista dalla culla alla tomba. E anche molti dei meno abbienti la pensano così. Gli americani vedono la ricchezza come un premio per il proprio lavoro e intelligenza, gli europei la considerano un privilegio ingiusto. Le motivazioni di questa differenza vengono da molto lontano, dalla diversa storia di Europa e America, già Tocqueville lo aveva capito. Non bastano due anni di team Obama-Pelosi per cambiare la storia.