Adalberto Signore, il Giornale 4/11/2010, pagina 7, 4 novembre 2010
Berlusconi pronto a fare un nuovo partito - «Del Pdl ormai c’è rimasto solo il nome, sarebbe bene cambiare anche quello
Berlusconi pronto a fare un nuovo partito - «Del Pdl ormai c’è rimasto solo il nome, sarebbe bene cambiare anche quello...». La battuta Silvio Berlusconi se l’è lasciata sfuggire qualche settimana fa, nei giorni di maggior tensione con Gianfranco Fini e quando le elezioni anticipate sembravano ad un passo. Non solo perché, questa la sua convinzione, « Po-po-lo-del-lali- ber-tà ha un impatto mediatico piuttosto deludente e neanche lontanamente paragonabile alla più immediata Forza Italia » ma anche per rilanciare l’azione del partito e «recuperare lo spirito del ’94». Ed è proprio in quest’ottica che il Cavaliere continua a spingere l’acceleratore sui Team della libertà e sui Tea party , progetti di cui si stanno occupando Denis Verdini e Daniela Santanché. Insomma, fosse per Berlusconi - lo ha ripetuto più volte nelle conversazioni degli ultimi giorni tra Arcore e Roma la soluzione ideale sarebbe quella di tornare a quel «Forza Italia» che segnò la sua discesa in campo sedici anni fa. Una strada evidentemente non percorribile, perché anche il premier sa bene che gli ex An lo vivrebbero (giustamente) come un affronto. La questione, però, è all’ordine del giorno. Al punto che c’è chi sostiene che Euromedia Research di Alessandra Ghisleri si stia già occupando della pratica. Un nuovo nome, infatti, allo stato ancora non c’è. E le ipotesi che di tanto in tanto gli hanno buttato lì confidenti e collaboratori non sembrano aver convinto il Cavaliere. Di certo, non Forza Silvio che lo stesso Berlusconi ha definito «troppo autocelebrativo ». Mentre pare che sia stato più cauto nel giudizio su Avanti Italia . Si vedrà, anche perché un cosa è la tentazione di cambiare nome una cosa è farlo davvero. Anche se le intenzioni ci sono tutte se il premier ha affrontato la cosa in diverse occasioni spiegando che il restyling dovrà passare anche per un nuovo simbolo. E chissà che sulla decisione non pesino anche alcuni delicati aspetti legali, visto che il simbolo del Pdl è stato depositato davanti al notaio con le firme di Berlusconi e Fini. Insomma, nel caso di elezioni anticipate è possibile che il presidente della Camera tenti le vie legali per impedire al Pdl di presentarsi. E anche se alla fine Berlusconi dovesse avere la ragione dalla sua - come sostengono i suoi legali - un’intervento dei Tar nella fase di presentazione delle liste sarebbe comunque un problema non di poco conto. D’altra parte, che la strada battuta dal Cavaliere vada in questa direzione lo testimoniano anche le riunioni di ieri a Palazzo Grazioli. Dove con i tre coordinatori, i capigruppo e i ministri si discute lungamente di come dovrà essere impostata la Direzione nazionale del Pdl in programma oggi. Con Berlusconi che non lascia dubbi sulle sue intenzioni: non voglio polemiche né un dibattito sullo stato del partito, ora abbiamo questioni più urgenti. Al centro della Direzione, dunque,ci sarà l’azione di governo. Anche se l’intervento del premier - che dovrebbe aprire la riunione per poi essere seguito da relazioni di circa 15 minuti l’una di coordinatori, capigruppo e alcuni ministri- non sarà solo sui cinque punti programmatici. L’intenzione, infatti, è quella di allargarlo al decreto Tremonti sullo sviluppo e al Programma nazionale di riforma per Europa 2020 (su lavoro, formazione e sviluppo) che l’Italia deve presentare a Bruxelles in una versione preliminare entro il 12 novembre (se ne stanno occupando Giulio Tremonti, Andrea Ronchi e Franco Frattini). Un discorso che potrebbe diventare una sorta di documento programmatico da usare come base di confronto quando si riuniranno le assemblee elettive dei nuovi coordinatori regionali e provinciali. Questione che però oggi non sarà affrontata e che è stata rinviata ad un’altra Direzione nazionale che dovrebbe tenersi fra 15 giorni. Quello del Cavaliere, assicura dunque Paolo Bonaiuti, non sarà un discorso di rottura. Ma un’appello alla coesione. «Se qualcuno vuole strappare », spiega ai suoi il premier, «se ne deve assumere le responsabilità». Il cerino, dunque, torna a Fini che nel week end riunisce i suoi a Perugia e dovrà decidere se dar corso alla minaccia di appoggio esterno. Berlusconi ci crede poco e anche se fosse non è scontato che una simile rottura porti direttamente alla crisi visto che la via delle elezioni anticipate è decisamente più percorribile da gennaio. Un ipotesi che il Cavaliere non scarta, altrimenti non si spiegherebbe la tentazione di rifondare il Pdl dalle fondamenta.