Francesco De Dominicis, Libero 4/11/2010, 4 novembre 2010
IN TASCA 25 MILIONI DI CARTE NON UTILIZZATE
Le banche esultano, ma attenzione al trucco. Gli ultimi dati dell’Abi rivelano che sta aumentando con un buon ritmo il business delle carte di credito. Nel 2009, secondo un rapporto diffuso ieri in un convegno dell’Assobancaria, le tessere di plastica vendute dagli istituti di credito sono salite a quota 77 milioni. Non male. Stiamo parlando di una crescita pari al 4% sul 2008: motivo di orgoglio per l’industria bancaria che con le carte di pagamento (compresi i bancomat, le revolving e le prepagate) fa parecchi quattrini.
Occhio, però. Perché dei 77 milioni di tessere in circolazione solo 52 milioni sono attivi, cioè hanno fatto almeno un’operazione nell’arco dei dodici mesi dello scorso anno. Si tratta del 68% dei pezzi piazzati ai correntisti. Il resto, vale a dire grosso modo 25 milioni di carte (il 32%), non viene mai utilizzato: in sostanza resta nelle tasche degli italiani e, probabilmente a loro insaputa, fa macinare lo stesso utili ai colossi del credito. Le solite fregature allo sportello, insomma. La faccenda è intrigante. Così abbiamo provato a fare due conti per capire qual è il giro d’affari. Stando alle statistiche dell’Associazione guidata da Giuseppe Mussari, la mappa delle carte dormienti è questa: 17 milioni sono carte di credito; 3,3 sono bancomat; 2,2 tessere revolving (quelle più pericolose, che consentono il pagamento a rate con interessi a doppia cifra).
E qui serve una precisazione. Il canone annuo per una carta di credito (le fetta più grossa delle dormienti, dunque) nella maggior parte dei casi si aggira sui 40-50 euro. Vale la pena sottolineare che in talune circostanze il costo è inserito nel cosiddetto pacchetto legato al conto corrente, all’interno del quale si possono trovare diversi prodotti sia bancari (assegni, finanziamenti, custodia titoli) sia di altra natura (polizze assicurative). E c’è da dire che in parecchi casi se la carta non viene attivata il contratto resta congelato e quindi non c’è alcun costo per i correntisti. Ma pur ragionando per difetto quindi attribuendo un costo medio assai contenuto e cioè di 20 euro annui da moltiplicare per i 25 milioni di carte inutilizzate si ar-
riva a calcolare un volume di 500 milioni di euro. Mezzo miliardo tondo tondo che le banche italiane si assicurano. Con buona pace delle norme sulla trasparenza e della correttezza nei confronti della clientela. Cifra che, salvo sorprese, i cervelloni delle banche si affretteranno a correggere. Di là dalle precisazioni a mezzo stampa, però, resta un fatto. La moral suasion della Banca d’Italia proprio sulle carte di pagamento per ora non sfonda allo sportello. Ad aprile, dopo gli scandali American Express e Diners, il governatore Mario Draghi aveva sollevato il coperchio. Nel mirino di via Nazionale erano finite, in particolare, le revolving. Da questo punto di vista i numeri dicono che il settore, per fortuna, registra un crollo vertiginoso ormai da un paio di anni: nel 2008 erano 3,6 milioni (in calo del 17%)e lo scorso anno sono scese a 3,4 milioni (-6%).
C’è da scommettere che gli istituti cambieranno obiettivo. Per l’Abi «rispetto a Francia, Gran Bretagna, Spagna e Olanda, siamo ancora indietro sul fronte dei pagamenti elettronici». Meglio preparare la controffensiva.