Andrea Scaglia, Libero 4/11/2010, 4 novembre 2010
EXARCHIA, IL QUARTIERE CHE BOMBARDA L’EUROPA
Arrivi nella piazza che dà il nome al quartiere ed ecco l’immancabile simil-fast-food, qualche bar più tradizionale, giardinetti e palme davvero non rigogliose, gente di passaggio e due clochard con cani al seguito. Poi imbocchi una delle viuzze ripide che dallo slargo s’irraggiano, incroci gruppi di ragazzi che camminano rasenti i muri, con i tanti volantini semistrappati a resistere sovrastati da quelli più recenti, oltrepassi una taverna che da fuori appare malmessa ma accogliente. Poco più in là, una pattuglia di Polizia a presidiare un crocevia, sul muro la parola agonà, vuol dire lotta e qui la leggi un po’ dappertutto. Alzi lo sguardo e dalla ringhiera rugginosa d’un balcone penzola un lenzuolo rosso, sopra disegnata la A cerchiata. Sembra fatto apposta.
Avevano provato a “ripulirlo” ai tempi delle ultime Olimpiadi di Atene muri ristuccati e strade più o meno ripulite e controlli periodici, raffazzonato make-up in favor di mondovisione -, ma il quartiere di Exarchia è in sostanza rimasto quel che era. Universitari e bohemiénne, circoli anarchici e rigurgiti punk, tanti immigrati che lavorano o s’arrangiano. Tavolini, quando il tempo lo permette, con cronici fuoricorso a legger di politica davanti al bicchiere di ouzo. Negozi d’arte di strada, graffitti e centri autogestiti, vicoli parlanti di scritte e ciclostili. E però, per la verità, non c’è allegria cioè, la sera i locali di via Tzavela ridono rumorosamente, ma non è questo. Si respira invece la tensione, la rabbia cova malcelata, anche se ci si chiede se non sia l’affrettata impressione del forestiero. In ogni caso, parli con chi ci abita magari perché lì ci sei finito con un amico che ad Atene ci vive da tempo e hai davvero l’impressione della roccaforte, noi contro tutti, «qui la Polizia non ci entra volentieri» ci dice il barista. Un ormeggio accogliente per gli anarchici di tutta Europa. Questo era diversi mesi fa. Dicono che la situazione non è poi cambiata di molto.
ATTENTATI IN SERIE
E gli investigatori greci sono orientati a credere che sia proprio qualcuno di qui o comunque che a Exarchia ha più d’un contatto ad aver inviato i pacchi esplosivi a Sarkozy e a Berlusconi e alla Merkel, e ad aver l’altro giorno piazzato una bombetta davanti
alla locale ambasciata svizzera, e un’altra è stata trovata e fatta brillare nei paraggi del Parlamento greco, e ne sono stati arrestati due ventenni. E attenzione, non è che si possa tanto scherzare, manco fossero dinamitardi della domenica, innocui casinisti solo un po’ troppo esuberanti: lo scorso 24 giugno proprio un pacco bomba ha ucciso un funzionario del ministero greco degli Interni. Di accusati ancora non ce n’è. Resta il fatto che, da quel giorno, le pattuglie controllano e per la verità anche intervengono senza troppe formalità con maggior frequenza.
TRENT’ANNI DI RIVOLTE
Intendiamoci, non è che siano tutti bombaroli o koukouloforoi, così chiamano gli incappucciati, internazionalmente più conosciuti come block bloc. E nemmeno si può dire che il Politecnico, vero snodo di tutto il movimento, sia soltanto un circolo anarchico travestito da università. D’altro canto, c’è da dire che il quartiere si mostra orgoglioso della sua tradizione barricadiera. Proprio dal Politecnico il 17 novembre del ’73 partì la protesta che, propagandosi, portò al crollo dell’odioso regime dei Colonnelli e quel giorno furono 44 le vittime che rimasero sulle strade di Atene, e proprio “17 novembre” si sarebbe anni dopo chiamato il gruppo terroristico più temibile della Grecia. E negli anni Ottanta, a Exarchia, occupazioni universitarie e vere e proprie rivolte contro la Polizia erano la regola. «Italiano? Carlo Giuliani!», perché anche qui il ragazzo morto durante il G8 di Genova è entrato nel mito degli antagonisti, a lui dedicato c’è anche uno delle decine di gruppi semiclandestini, è la Brigata Giuliani.
I MORTI DI MAGGIO
E pure Exarchia ha il suo giovane martire. Si chiamava Alexandros Alexis Grigoropoulos, aveva 15 anni e quella sera del 6 dicembre 2008 stava andando a una festa da amici. Venne colpito proprio in via Tzavela, una pallottola in pieno petto sparata dal poliziotto che disse di aver reagito a un’aggressione di gruppo, poi i filmati lo smentirono. Una vicenda che s’innescò su una grave crisi sociale ed economica, con il governo travolto dagli scandali il conservatore Karamanlis se ne sarebbe andato pochi mesi dopo. E nei giorni successivi la rivolta si estese alla Grecia tutta, scontri e roghi, fermi a centinaia. Un anno dopo, nonostante gli appelli dei genitori del ragazzo, la commemorazione fornì il pretesto per altre violenze. Con gruppi di esagitati arrivati da tutta Europa. Assaltarono l’università, ammainarono la bandiera greca e ci issarono quella nera e rossa dell’anarchia. Poi ferirono a sprangate il rettore. In quell’occasione la Polizia fermò anche cinque italiani. L’incrocio in cui Alexis cadde ferito a morte è ancora meta di pellegrinaggi, c’è una lapide con la sua foto, sotto una scritta fra le altre: «Aveva solo 15 anni».
E però l’esibito orgoglio guerrigliero diventa imbarazzo di fronte alla tragedia del maggio scorso. Le proteste contro le misure anti-crisi del governo del socialista Papandreou radunavano per le strade di Grecia milioni di persone. Dal corteo di Atene si distaccò un drappello di koukouloforoi, gli incappucciati. Una banca a fuoco: ci morirono asfissiate tre persone, fra queste una donna incinta. La Polizia identificò i colpevoli in un gruppetto di anarchici. Quelli di Exarchia provarono a difendersi, tirando in ballo infiltrati neonazisti. Nessuno gli ha creduto.