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 2010  novembre 03 Mercoledì calendario

PARTI PREMATURI SE 22 SETTIMANE BASTANO PER VIVERE

A ventidue settimane si può nascere o si può essere abortiti. Può succedere di essere abortiti “vivi”. È successo a Paolo Tommaso, il “prodotto” di un aborto seguito a una diagnosi di malformazione poi rivelatasi errata, che il 2 marzo 2007 “nacque” all’ospedale Careggi di Firenze, nel senso che dopo alcune ore il medico di turno si accorse che il feto espulso dava segni di vita. Tommaso pesava 500 grammi, era lungo 25 centimetri e morì sei giorni dopo, l’8 marzo 2007. Il ritardo nell’intervento di rianimazione può essergli stato fatale.
T re anni dopo, a Roma, il 10 maggio 2010, al Policlinico Umberto I è nata Angelica, aveva anche lei ventidue settimane, pesava 550 grammi, era lunga 32 centimetri e aveva i polmoni, i reni, il sistema nervoso e tutti gli organi principali non perfettamente giunti a maturazione. Sarà dimessa questa settimana, pesa 3 chili e 400 grammi, è lunga 52,4 centimetri. La mamma avrebbe voluto rinunciare a darle una possibilità di salvarsi per paura che Angelica crescesse con handicap tali da procurarle grande sofferenza. Ma i medici l’hanno convinta a tentare. Questa, dice il professor Mario De Curtis, responsabile dell’unità di terapia intensiva neonatale del Policlinico Umberto I di Roma, «è la conferma che le scelte terapeutiche vanno individualizzate e non bisogna basarsi sull’età gestazionale».
La polemica di De Curtis è contro quelle proposte, formulate anche in convegni accademici e che sono realtà in altri paesi, che chiedono di evitare “l’accanimento terapeutico” nei neonati estremamente prematuri, quelli di 22-24 settimane, e quindi di non fornire rianimazione o assistenza intensiva nei neonati di 22 e 23 settimane, e limitarla nei neonati di 24 settimane solo ai casi che rispondono bene alle manovre o su esplicita richiesta dei genitori.
Il professor De Curtis ha ragione, per almeno due motivi. Il primo sono i dati del registro di neonati altamente prematuri affiliato al Vermont-Oxford Network (un registro internazionale, il più grande del mondo, che raccoglie notizie su oltre 35.000 nati di peso molto basso o età gestazionale sotto le 30 settimane ogni anno) il quale attesta che la sopravvivenza nei nati sotto le 24 settimane non è un’evenienza eccezionale: nei neonati censiti nel 2004, la sopravvivenza a 23 settimane è stata attorno al 30 per cento. Accanimento terapeutico significa praticare cure futili, ben sapendo che non produrranno effetti sull’esito finale. E non è questo il caso. Bisogna, inoltre, tenere conto anche del fatto che la data di gestazione non è sempre esattamente determinabile. In secondo luogo, il professor De Curtis ha ragione perché con il suo operato difende la figura e la professione del medico, che non può essere ridotto a mero esecutore di protocolli stabiliti rigidamente per legge o al dettato “terapeutico” dei genitori.
In Italia si può abortire sino alla ventiquattresima settimana, non l’ideologia, o la fede, ma i progressi della medicina e l’esperienza potrebbero indurre il legislatore a ripensare quel limite.