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 2010  novembre 03 Mercoledì calendario

PARIS-SACLAY, COSÌ NASCE LA SILICON VALLEY DI SARKOZY

Certo, dal punto di vista dell’azione di governo la presidenza Sarkozy verrà ricordata soprattutto per la riforma previdenziale e per la caduta del mito della pensione a 60 anni. Eppure c’è un altro, imponente cantiere in corso. Meno visibile, meno mediatico, la cui realizzazione avrà però un impatto di lungo periodo forse anche più importante: quello dell’università, della ricerca, più in generale dell’industria della conoscenza. Con un investimento statale nell’ordine dei 25 miliardi in dieci anni, cui se ne dovrebbero aggiungere almeno altri 15 tra enti pubblici locali e privati. Senza contare i 30 miliardi che verranno spesi in 15 anni per il piano trasporti della Grande Parigi, destinato a collegare con una doppia linea di metropolitana automatica otto grandi poli di sviluppo della regione parigina.

Al centro di questa colossale operazione di rinnovamento, trasformazione, internazionalizzazione del sistema universitario francese - che intreccia il cosiddetto Piano Campus, finanziato con la vendita del 3% di Edf, e il Grande Prestito da 35 miliardi, 19 dei quali messi appunto su questa priorità nazionale - c’è il Plateau, l’altopiano (ma anche la piattaforma o il palcoscenico), di Parigi Saclay. Settemila e settecento ettari, più o meno le dimensioni della parte storica, "intra muros", della capitale, venti chilometri a sud di Parigi, tra Orly e Versailles.

Un territorio sul quale già oggi, e da tempo, vi sono alcune realtà d’eccellenza: il Commissariato per l’energia atomica (che in Francia è una sorta di stato nello stato), qui addirittura dagli anni 50; l’università di Paris Sud (con i suoi due Nobel per la fisica e le sue quattro medaglie Fields per la matematica); il Polytechnique, chiamato abitualmente X, la grande scuola per antonomasia dell’ingegneria francese, trasferito nel 1974; Hec, la grande scuola economico-commerciale; importanti strutture private, dal Technopole di Renault ai laboratori di ricerca di Thales e Danone, mentre sta arrivando anche Edf.

«Il problema - spiega l’economista Pierre Veltz - è che ognuna di queste realtà vive di vita propria. Ha relazioni con Parigi e il mondo ma non con i vicini di casa. Ed è esattamente questo il lavoro che dobbiamo fare. Abbattere gli steccati, tra le accademie e tra le accademie e l’industria. Per creare un grande campus, in grado di rivaleggiare con i vari Oxford, Stanford, la Cambridge inglese e quella americana. E un grande cluster, il principale d’Europa e tra i principali al mondo».

Veltz, 65 anni, professore a Sciences Po e all’Ecole des Ponts (una delle altre scuole di riferimento per ingegneri), esperto in organizzazione socio-economica del territorio, è l’uomo al quale il presidente Nicolas Sarkozy ha affidato il compito di guidare l’Epps, l’Etablissement public Paris-Saclay incaricato di gestire l’ambiziosa operazione (nel consiglio di amministrazione c’è anche Claude Bébéar, l’uomo che ha fatto di Axa quello che è ora). In collaborazione con la fondazione scientifica che riunisce i 23 attori del campus, tra cui nove delle 16 maggiori "grandi scuole" francesi (cioè le università pubbliche d’eccellenza cui si accede per concorso).

«Almeno a parole - dice Veltz - la situazione è semplice. I problemi da risolvere sono sostanzialmente quattro: nella regione parigina c’è un potenziale enorme ma molto frammentato; c’è poca sinergia; si fa molta ricerca di base e poca ricerca applicata; non c’è stata una corretta organizzazione del territorio, sia dal punto di vista dei collegamenti, dei trasporti, sia dal punto di vista residenziale e dei servizi. Oggi a Saclay ci sono circa 20mila studenti, 10mila insegnanti e 15mila ricercatori in 250 laboratori privati. E nella quasi totalità è gente che va il mattino e se ne va la sera. Ecco, il nostro compito è trasformare tutto questo, e quello che arriverà, in un sistema di lavoro e di vita fortemente integrato».

Ad aiutare Veltz c’è un gruppo di professionisti guidati dall’architetto paesaggista Michel Desvigne. Che dovrà fare i conti anche con alcuni vincoli fissati dal decreto che ha dato vita alla Oin, l’Operazione di interesse nazionale Parigi-Saclay. A partire dalla salvaguardia di 2.300 ettari agricoli.

«Il nostro, in questo momento, è il maggior progetto di sviluppo di un campus universitario in Europa, con un investimento statale di circa 2 miliardi su un territorio con 49 comuni e 650mila abitanti. Roba da far tremare le vene ai polsi, ma ce la faremo, sono sicuro che ce la faremo», assicura Veltz. Che non si può permettere di perdere tempo visto che si sta muovendo su una scena mondiale sempre più concorrenziale dove i cinesi, come dice scherzando ma non troppo il direttore di Polytechnique Xavier Michel, a Shanghai di Saclay ne stanno costruendo tre.

Ma insomma, l’operazione è partita e non c’è ragione per cui non dovrebbe andare in porto, sia pure tra le solite, mille difficoltà. Il 2020 è domani. E nel 2020 Saclay sarà 40mila studenti, 13mila insegnanti, 30mila addetti nel privato tra cui 20mila ricercatori (in 400 laboratori). I metri quadrati destinati alle attività di ricerca passeranno dai 400mila di oggi a 900mila e quelli per le residenze e i servizi da 80 a oltre 300mila.

«E poi - conclude Veltz - dovremo venderlo, questo prodotto. Renderlo attrattivo. Perché vengano dall’estero studenti, professori, ricercatori. Ci vuole un’immagine forte di luogo aperto, dinamico, efficiente, davvero internazionale». Ecco, sarà forse questa la prova più difficile da superare. Convincere tedeschi, cinesi, magari anche qualche inglese o americano, e gli stessi studenti e ricercatori francesi che se ne vanno sempre più numerosi, che questo non è solo il paese del dirigismo, della burocrazia, dei sindacati d’antan e degli scioperi. Non è solo un paese della vecchia Europa che gioca in difesa ma della nuova Europa che qualcuno sta cercando comunque di costruire. Bella scommessa.