Marianna Aprile, Oggi, n. 45, 11 novembre 2010, pag. 28, 11 novembre 2010
RUBY, TUTTA LA VERITA’
«Mi chiamano escort, ladra. Ma i magistrati, Pietro Forno stesso, conoscono la mia verità». Il giorno in cui esplode la bomba delle feste del premier Silvio Berlusconi ad Arcore Ruby ci risponde così. Parla a raffica, non prende fiato. A fatica la convinciamo a concederci un incontro. Ruby in realtà si chiama Karima El Mahroug. È nata in Marocco, a Fkih ben Salah (Marrakesh), da Sara e Mohammed, e con loro e tre dei suoi sei fratelli nel 2001 è arrivata a Letojanni, vicino Messina. Da lì è fuggita, nel 2004.
Ruby è diffidente e scaltra, non sfugge alle telefonate dei giornalisti, alle loro domande via Facebook. A tutti risponde, sconfessando le indiscrezioni di stampa sulle sue sere a Villa San Martino, la residenza del premier.
A tutti dà indicazioni diverse sul suo rifugio: Portofino, Sicilia, Genova. Dopo un giorno e una notte di telefonate, decisioni e ripensamenti, nella luce discreta di un’alba ligure la incontriamo. «Giura che non farai foto a questa casa», chiede. Ma due ore dopo accetta di farsi immortalare in pigiama e senza trucco, mentre sfoglia i giornali pieni di immagini in cui dimostra, di proposito, ben più dei diciott’anni appena conquistati. «Questa casa me l’ha prestata un amico».
Dev’essere davvero un caro amico se ha l’ardire di entrare, sia pure solo per questioni logistiche, in questa ingarbugliatissima storia di inchieste, minorenni in fuga e uomini di potere. Una storia in cui persino le date di nascita sono incerte: per alcuni Ruby è nata l’11 novembre. Ma sia lei sia Gigliola Graziani, la direttrice della casa-famiglia di Sant’Ilario, a un passo da Genova, cui la ragazza è stata affidata parlano dell’1 novembre. La prima cosa che facciamo, quindi, è chiederle di poter vedere e fotografare un suo documento. «Ce li hanno a Sant’Ilario, il paese di Bocca di rosa, la canzone di De Andrè», dice ridendo maliziosa.
Come ti senti?
«Spero finisca presto. La mia sola colpa è stata quella di aver mentito sull’età. La colpa di Silvio, invece, è quella di far entrare in casa sua gente che non conosce. Lui è un’istituzione, dovrebbe comportarsi di conseguenza. Casini come Noemi e la D’Addario se li è cercati. Non può pretendere discrezione da gente sconosciuta. È un fatto di scelte. C’è sempre un oggetto di rinuncia nella vita».
In che senso?
«Io leggo Freud e ti dico una cosa: ognuno parla dell’oggetto della rinuncia della sua vita. I preti parlano di sesso; le puttane parlano di Dio. Silvio parla di famiglia e di valori».
Leggi Freud?
«Non sono come Noemi che non sa usare i congiuntivi».
Lo chiami Silvio?
«Non Papi, no».
Parliamo di voi.
«Sono stata a casa sua il 14 febbraio scorso, e non tre volte. Non abbiamo mai fatto sesso».
Racconta del 14 febbraio.
«Ero con la mia amica Priscilla, in taxi, ma non sapevo dove stessimo andando. Priscilla fa l’agente immobiliare, è brasiliana. Tempo fa è stata presentata a Silvio da un imprenditore dei gioielli, il Signor C., e ora sono amici».
Perché lei ti porta ad Arcore?
«Sapeva che ero in difficoltà e ha pensato che Silvio potesse aiutarmi. Sono senza documenti, non potevo stare a casa sua. Ci tengo a dire che né Priscilla, né Silvio né Lele sapevano che ero minorenne. Ho detto a tutti che avevo 24 anni. Il mio modo di vestire e di truccarmi mi fa sembrare più grande. Quella sera avevo un tailleur pantalone color panna e una camicia con il collo alto, i capelli raccolti a "banana"».
Chi è stato il primo a sapere che eri minorenne?
«Lele. Gliel’ho detto dopo esser stata a casa del Presidente».
Continuiamo col 14 febbraio.
«Il taxi si è avvicinato a un ingresso laterale, Priscilla ha chiamato in villa e i carabinieri ci hanno lasciato passare».
Non avevi riconosciuto il posto?
«Ma chi li ha mai visti i telegiornali e i giornali! Io guardavo Walker Texas Ranger, figurati. Quando ho visto quel villone ho chiesto alla mia amica dove fossimo. E lei mi ha detto: "Dal presidente". M’è preso un colpo. Io fino a pochi mesi prima dormivo su una panchina a Catania».
Neanche un po’ di timore?
«Ho chiesto a Priscilla cosa avrei dovuto fare. Mi disse di stare tranquilla. Una volta dentro, ci ha accolti lui, in golfino blu e giacca. Mi ha detto che ero elegantissima e che ho le gambe lunghissime. Io mi limitavo a dire "grazie". Non volevo dare troppa confidenza, non sapendo che tipo fosse».
Ma non avevi mai sentito parlare delle sue cene?
«Mai. Sto leggendo tutto in questi giorni. Quella sera eravamo dieci ragazze, alcune famose altre no, tutte eleganti. Ma nomi non ne faccio. Erano tutte molto appariscenti: in rosso, verde smeraldo... E poi c’era Emilio».
Fede?
«Sì, seduto di fronte al presidente, a una tavola ovale. Lo avevo conosciuto a Taormina a un concorso e lo avevo rivisto in un locale a Milano, dove lui mi aveva anche mandato le telecamere di Sipario a riprendermi mentre facevo la danza del ventre. Ma non c’erano stati altri contatti».
Tu a cena dove sedevi?
«Accanto a Silvio. E vicino alla tenda c’era Apicella che suonava». (Storce il naso)
Di che parlavate?
«Di tutto tranne che di politica. A parte Silvio che prendeva in giro politici di sinistra, tipo Bersani. Ci ha fatto vedere una statua di marmo con la sua faccia e il corpo di Superman. Poi mi ha dedicato una canzone, perché ero nuova. Mi ha cantato Se tu non fossi tu, di Apicella».
E tu cosa facevi?
«Mi sentivo Cenerentola, con la prospettiva di tornare alla realtà e ai sacrifici a mezzanotte».
Fuori il menu, allora.
«Tutto tricolore: pomodori mozzarella e olive; pasta al pomodoro, pasta al pesto e pasta ai formaggi; timballo tricolore; gelato al pistacchio, fragola e vaniglia. Pensavo si mangiasse meglio... Poi Silvio ci ha regalato una collana di Damiani con un cuore, perché era San Valentino».
Posso vedere la collana?
«L’ho persa. Era l’unico regalo suo».
Continua.
«Ci siamo spostati in un salotto dove lui ci ha raccontato la barzelletta del Bunga Bunga, bevendo Sanbitter. Glieli portavo io. Poi volli andare via, ero a disagio perché tutte erano in confidenza con lui e io no. Prima però lui mi ha portata al piano di sopra, nel suo ufficio».
E il famoso Bunga Bunga?
«E io che ne so?»
Perché ti ha portata di sopra?
«Sapeva dei miei problemi e voleva aiutarmi. Mi disse che non voleva in cambio nulla, che tutte quelle che vanno da lui gli chiedono una mano senza che lui ne abbia un tornaconto e che solo col tempo imparano a volergli bene. Mi disse: "Non sono un uomo cattivo, non stare sulle tue". Gli dissi che sono egiziana, che avevo 24 anni. Mi diede una busta da aprire in macchina. Io gli chiesi di aiutarmi ad avere la cittadinanza e a diventare carabiniere».
Cosa c’era nella busta?
«Settemila euro in contanti. Ne ho subito spediti duemila a mia madre».
Dove sei andata dopo?
«Vivevo con Caterina P., quella che poi il 27 maggio mi ha fatta portare in questura per la storia del furto. Il 15 febbraio, alle 16 mi chiama Silvio e mi chiede se il suo regalo mi era piaciuto. Il 18 febbraio mi chiama Lele, che conoscevo da dicembre 2009. Voleva sapere perché continuavo a rifiutare i casting che mi proponeva e non gli portavo i miei documenti. E allora ho dovuto dirgli che ero minorenne. Mi ha cacciata e dopo due giorni ci siamo rivisti, e mi ha detto che voleva farmi adottare da Diana, sua figlia ».
Come hai conosciuto Mora?
«Sono andata nella sua agenzia e gli ho chiesto di farmi lavorare».
Sapeva che aveva una fama controversa?
«Il fatto che presenta ragazze al premier? Mica gli punta una pistola alla tempia. Ci va chi ci vuole andare».
Mora non te l’ha presentato Emilio Fede?
«No. E Silvio non me l’ha presentato Mora. Quando Lele ha saputo che ero stata ad Arcore ha avvisato Silvio che ero minorenne e lui mi ha chiamata. Mi ha detto che l’avevo deluso e che non voleva più sentirmi. Quella stessa sera sono andata via da casa di Caterina e mi sono trasferita da Michelle O.».
Veniamo al 27 maggio, il giorno in cui Caterina ti fa portare in questura.
«Mi ha fatto portare in Questura. Mi accusava di furto, io invece per tre mesi le avevo pagato affitto e bollette. A quel punto è arrivata Michelle O. e ha chiamato Nicole Minetti, che non conoscevo. Appena la Minetti è arrivata, tutto si è sbloccato. Una funzionaria ha detto che dovevano lasciarmi andare, che ero la nipote di Mubarak e sono andata via con Michelle e Nicole».
Lei ha detto che eravate amiche.
«Dopo il 27 maggio lo siamo diventate, mi disse che potevo rivolgermi a lei se avessi avuto bisogno. Poi ci sentivamo al telefono e ci siamo incontrate altre tre volte».
Perché allora ti ha aiutata?
«Quando siamo uscite dalla Questura mi ha detto che l’aiuto era arrivato da Silvio. Poi me lo ha passato al telefono e lui mi ha detto che non voleva più vedermi».
Il premier ti aveva detto di sparire. Perché poi ti ha aiutata?
«Tutt’ora non lo capisco. In Questura avevo fatto il suo nome e lui deve aver avuto paura che inventassi chissà che».
Metti giù con Silvio e...?
«La Minetti mi disse che ero stata un’incosciente e mi invitò a farmi la mia vita. Tornai da Michelle, finché non abbiamo litigato perché il suo fidanzato ci aveva provato con me. Lei mi ha picchiata e sono finita in ospedale. E dopo a Sant’Ilario. Nel frattempo Lele mandava avanti le pratiche per l’adozione».
Non ti è venuto il dubbio che Lele lo stesse facendo per evitare che tu andassi in giro a parlare di tutto questo?
«È inevitabile che ci abbia pensato. Forse hanno paura che io inventi delle cose».
Tu dici di essere stata ad Arcore una sola volta. Le indiscrezioni parlano di tre serate.
«Dopo il 27 maggio sono stata interrogata 23 volte dai pubblici ministeri Pietro Forno e Antonio Sangermano, che mi hanno chiesto solo di Silvio. A loro ho raccontato solo del 14 febbraio, non so le altre due serate da dove sono uscite. Io non gliene ho mai parlato».
Ne hai parlato ad altri?
«Per farmi bella spesso raccontavo storie alle mie amiche, ma non ai magistrati. Ad alcune amiche parlai di showgirl e ministre alle cene di Silvio».
Hai fama di racconta-balle, lo sai?
«Lo so. Ma quando a 12 anni ti cacciano di casa inventi una realtà parallela».
Perché tuo padre ti cacciò?
«Avevo 12 anni e voleva sposassi un uomo di 49 anni, che non amavo. Me ne sono andata. Quella sera mi ritrovai da sola in un bar senza soldi. Rubai una borsa. Dentro c’erano due cellulari, i documenti di una ragazza appena diciottenne e 250 euro in contanti. Presi solo il suo codice fiscale, 50 euro e sotterrai la borsa poco lontano. Andai in un albergo a Letojanni e chiesi una camera. La mattina dopo trovai il maresciallo del paese che mi chiese dov’era la borsa che avevo rubato. E io glielo dissi».
E come ti sei mantenuta?
«Facevo la cameriera a Catania, volantinaggio, le pulizie. Poi sono finita in una comunità a Badolato Superiore, vicino a Catanzaro, dove ho ricevuto la comunione da padre Ligio, a cui presi la macchina per scappare. Mollai l’auto e mi nascosi in una tomba vuota del cimitero. Il giorno dopo sono tornata a Catania e da lì a Milano: sono arrivata l’11 novembre 2009».
Ruby a una festa Qui conosci il tuo ex fidanzato, Domenico Rizza.
«E dopo tre settimane andiamo a convivere, fino a gennaio».
Lo amavi?
«Forse (e non trattiene le lacrime, ndr). Un giorno arrivò a casa un documento in cui c’era scritto che era indagato per sfruttamento della prostituzione. Domenico ammise quella cosa orrenda ma decisi di rimanere con lui e l’8 gennaio del 2010 abbiamo fatto l’amore per la prima volta. Io ero vergine. Dopo qualche giorno mi ha lasciata e poi ho scoperto che faceva il gigolò col nome di Nico Razza».
Ma come si passa dalla verginità agli spettacoli lesbo e fetish che facevi nei locali?
«Ho sempre fatto la danza del ventre. Solo nel mese di ottobre ho fatto tre serate un po’ hard ma per far arrabbiare il mio ex. Non mi piaceva e ho smesso».
Andiamo avanti.
«Un mese dopo la rottura con Domenico ho scoperto di essere incinta, lui se ne fregò. Pensai di tenere il bambino, ma poi mi convinsi che non era il caso. Mi feci accompagnare da un’amica e da Natalia Bush a Catania da mia madre e abortii».
Ma quindi a febbraio...
«Sì, a casa del premier ero incinta».
Come ti sei mantenuta dopo la vostra rottura?
«Avevo i soldi di Silvio, io non spendo nulla».
Hai mai fatto la escort?
«Dopo la rottura con Rizza e prima di Arcore avevo bisogno di soldi e ci ho provato. Sono arrivata in un hotel di lusso dove mi aspettava un cinese che mi avrebbe dato mille euro per una prestazione. Non ce l’ho fatta. Lui però i soldi me li ha dati lo stesso. Dopo allora non ci ho più provato. Prostitute si nasce, non si diventa. È grazie ai settemila euro di Silvio che non lo sono diventata».
A ottobre ti hanno fermato a Genova con un uomo più grande di te e 5 mila euro in contanti.
«I soldi me li aveva dati Lele, che per me è come un padre. L’uomo era il mio fidanzato, P.R.».
Sul tuo profilo di Facebook ci sono delle foto con Fabrizio Corona.
«Ci conosciamo da 4 anni, da quando ero a Catania. Poi a Milano non ci siamo più potuti frequentare perché la signorina Rodriguez è gelosa».
Torniamo all’inchiesta: si è detto che questa storia è un modo per ricattare il premier.
«Non avrei motivo di farlo».
Potrebbero farlo altri tramite te, ci hai pensato?
«Io in questa storia sono l’anello debole. Voglio solo tornarmene in Sicilia coi miei documenti. Milano non fa per me».
E il premier cosa risponde a tutto questo? In conferenza stampa a Bruxelles la scorsa settimana ha così spiegato le cose: «Sono orgoglioso del mio stile di vita. Sono una persona giocosa, ogni tanto sento il bisogno di una serata distensiva come terapia mentale per pulire il cervello da tutte le preoccupazioni. Nessuno alla mia età mi farà cambiare stile di vita del quale vado orgoglioso».