NICOLA LOMBARDOZZI, la Repubblica 3/11/2010, 3 novembre 2010
LA CORSA PER SALVARE IL "GIARDINO" DELLA RUSSIA
Mangiate pure qualche fragola, una qualunque delle mille specie coltivate nel mondo. Piccole e dolci, grandi e aspre, ci sono tutte e comunque scegliete bene. E, senza farvi vedere, cogliete dall´albero una delle 634 varietà di mele piantate magicamente a due passi da uno dei mari più freddi d´Europa. Ma fate in fretta perché il giardino incantato sta per morire. Ha resistito all´assedio di Leningrado, al saccheggio dei nazisti, alla furia della gente affamata, ma ora rischia di soccombere davanti al nemico più implacabile nella Russia di oggi: le ruspe dei costruttori decisi a realizzare una cittadina di villette a schiera sui terreni di un orto botanico unico e insostituibile. Una vera e propria banca mondiale delle piante che conserva specie in via di estinzione o rarità particolari come diversi tipi di ciliege, amarene, sorbole, frutti di bosco. Niente che possa commuovere i costruttori forti delle autorizzazioni statali. I progetti sono già definiti nei particolari, le case vendute sulla carta, il cemento già in arrivo per ripianare colline e tumulare aiuole di fiori esotici. L´unica speranza è affidata al presidente Medvedev in persona che, colpito dagli appelli degli scienziati di tutto il mondo, ha deciso di avviare un´inchiesta prima dello scempio. Ma la lobby dei costruttori è forte, nel fortino assediato non c´è molto ottimismo.
Nel quartier generale della "Stazione sperimentale di Pavlosk", a trenta chilometri da San Pietroburgo, scienziati in tenuta da giardiniere continuano a prendersi cura dei loro gioielli vegetali con sempre meno entusiasmo. Al secondo piano dell´edificio circolare grigio pieno di simboli dell´Unione Sovietica, la rassegnazione è nei volti e nelle cose. Il disinteresse dello Stato lo vedi nelle macchie di umidità che si ramificano sulle pareti, sui pavimenti cigolanti e sconnessi nell´arredamento fatiscente integrato con oggetti personali, vecchi comodini, qualche banco di scuola, dai dipendenti stessi. Nell´androne, su una parete scrostata, muore lentamente l´affresco ritratto di Nikolaj Vavilov creatore di questo piccolo miracolo sovietico. «Poveretto, come soffrirebbe», mormora Natalja, segretaria tuttofare mentre mostra una pila di appelli, ricorsi, documenti, tutti inesorabilmente sconfitti dai giudici che hanno autorizzato l´esproprio per fini urbanistici.
Il botanico Vavilov è un mito per i duecento tra agronomi e impiegati della stazione di Pavlovsk da lui fondata nel 1926. Un´intuizione geniale realizzata con caparbietà ma con grande capacità tecnica in un posto impossibile. L´idea era quella di conservare la diversità genetica delle piante. Molto di più che una banca di semi. Perchè non tutti i vegetali si possono conservare e tramandare attraverso i semi. Vavilov decise di conservare le piante vive, e dopo lunghi viaggi all´estero ne portò in patria oltre duecentomila trasformando i terreni di proprietà dell´Accademia sovietica delle Scienze sulle rive del Baltico, nel giardino incantato che ora rischia la fine. Un progetto affascinante ma anche dal grande senso pratico. La "banca" di Pavlosvk consente ad esempio di studiare i miglioramenti alle varietà di frutta e di fiori, adattarle al cambiamento climatico, proteggerle dalle malattie. Alcune bacche esotiche dai grandi poteri antiossidanti sono ad esempio studiate nel tentativo di selezionare naturalmente nuove varietà commerciali dagli effetti benefici. E comunque un deposito mondiale ha sempre una sua utilità. Quando qualche anno fa in Etiopia una spaventosa siccità distrusse tutti i raccolti, fu proprio il centro di Pavlovsk a rifornire il governo africano di quei particolari semi di grano che da secoli venivano coltivati sugli altipiani e che rischiavano l´estinzione.
Ma c´è una specie di maledizione sul giardino incantato mai capito del tutto dalle autorità sovietiche e da quelle che le seguirono. Lo stesso Vavilov morì in un campo di lavoro staliniano dopo essere entrato in conflitto con il potentissimo Trofim Lysenko, direttore delle Scienze Agricole. A nulla servì l´eroismo degli scienziati allievi di Vavilov che rifiutarono di nutrirsi delle loro piante nei giorni terribili della seconda guerra mondiale, preferendo morire di fame. Tutti i governi successivi considerarono Pavlovsk come uno sterile capriccio per scienziati, tagliando fondi, negando finanziamenti.
Uno dei capi del centro, Sergej Gondrabun, botanico, docente all´università di San Pietroburgo, si ostina a mostrare le sue piante, a raccontarne l´unicità. Di ruspe e di politica non vuol più parlare. Ha firmato lettere alla Fao, a Putin, a Medvedev, ha vissuto per mesi nelle aule dei tribunali. Adesso vaga tra cespugli di mirtilli e alberi di peri mediterranei in attesa della sentenza finale. «Abbiamo fatto tutto quello che potevamo fare. Se vogliono sfasciare tutto, sono solo dei pazzi scriteriati. Non sanno cosa stanno buttando via. Assaggi un po´ queste fragoline».