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 2010  novembre 03 Mercoledì calendario

PROFESSIONE PILOTA, PER VOCE ARANCIO


«Signori e signore benvenuti a bordo. È il capitano che vi parla...».
Sono settemila circa i piloti professionisti iscritti all’albo dell’Enac (6.852 uomini e 151 donne). Ventiseimila le licenze complessive in attività (dati 2008).
Da oggi al 2030, secondo le stime dell’Icao (l’organizzazione dell’aviazione civile), serviranno 49.900 piloti all’anno contro i 47.025 che escono dai corsi per il brevetto.
Ma c’è veramente tutta questa richiesta? «Sì, ma non in Italia. Qui i piloti ci sono. Sono tanti e spesso senza lavoro. Dopo la vicenda Alitalia di due anni fa, quasi mille di loro sono in cassa integrazione», ci spiega il comandante Danilo Recine di Ipa (Italian Pilot Association). Allora chi li cerca? «Emirati Arabi, Dubai, Vietnam, Cina, India e Giappone. Paesi la cui economia è in continua espansione e che prevedono una forte crescita del traffico aereo. Le scuole di pilotaggio locali non riescono a far fronte alla domanda del mercato e le compagnie aeree sono quindi costrette ad attingere piloti dal bacino europeo e americano. Molti hanno rinunciato alla cassa integrazione e hanno deciso di andare a lavorare all’estero per rimanere all’interno del ciclo produttivo visto che, se non vola per più di sei mesi, un pilota non viene più preso in considerazione dalle compagnie. A questo si aggiungono poi prospettive di carriera migliori, stipendi più alti e numerosi altri benefit». C’è una soluzione per reintegrare i nostri piloti? «Ci sarebbe, se tutti facessero una rotazione e se potessero volare due o tre mesi l’anno, lo stretto necessario per mantenere la validità dei brevetti».
In Asia, il traffico cresce a tassi vertiginosi, le aerolinee hanno ordinato migliaia di aerei e l’Asia Pacific Airline Training Symposium calcola che, da qui al 2020, le compagnie asiatiche assorbiranno circa 6 mila nuovi piloti ogni anno.
Srilankan Airlines ha rivisto i piani d’espansione per la mancanza di 30 nuovi comandanti da mettere in cabina. Air India è stata costretta a tagliare alcune rotte perché non c’era nessuno in grado di far decollare gli aerei. Dragon Air, dopo due anni di trattative, ha offerto un aumento del 20% ai suoi piloti per evitarne l’esodo in massa. Philippine Airlines ha aumentato le buste paga del 60%, dopo aver ricevuto 104 lettere di dimissioni negli ultimi 4 anni da parte degli equipaggi.
All’ultimo “Recruitment Day” organizzato dalla Emirates a Milano poche settimane fa si sono presentati oltre 300 piloti italiani. E oltre cento di loro, risultati idonei, stanno aspettando la chiamata da Dubai per entrare in servizio.
«Dire di no è difficile. Mi hanno offerto 9.800 dollari di stipendio base mensile che posso raddoppiare senza difficoltà grazie ai premi produzione. Lo stipendio è esentasse e in più vivo in villa con piscina a spese del mio datore di lavoro. Tra l’altro, contrariamente a quello che mi succedeva in Italia, mi pagano pure la tintoria per l’uniforme!», ha raccontato al Corriere della Sera uno dei 40 piloti italiani che si sono trasferiti nel Golfo.
«Beh, gli stipendi di Emirates sono al massimo livello mondiale. Ma non è solo questo. Il problema è che ci sono compagnie che non crescono, tagliano il personale. E ci sono compagnie che comprano decine di aerei. Se uno lavora in una compagnia del primo tipo ed è sui 40 e non è ancora diventato comandante, ha poche speranze di avanzamento. Mentre se va a lavorare in Emirates la prospettiva è di diventare comandante in 2 o 3 anni. […] A parità di tipologia di impiego, cioè confrontando chi vola sulle lunghe tratte, in Emirates si lavora un po’ meno che in Alitalia. Perchè adesso Alitalia è ai vertici mondiali di produttività del lavoro» (un pilota Alitalia alla Stampa).
«Luigi Martini, ex calciatore della Lazio, chiusa la carriera sportiva diventò pilota dell’Alitalia. Poi parlamentare e responsabile trasporti di Alleanza nazionale. Per conservare il brevetto gli fu concesso di mantenere anche grado e stipendio. Faceva tre decolli e tre atterraggi ogni 90 giorni, quando gli impegni politici lo consentivano, pilotando aerei di linea con 160 passeggeri a bordo […]» ( Sergio Rizzo).
Ma come si diventa piloti di linea? Ci aiuta a capire il comandante Recine. «Si può diventare prima pilota militare entrando in accademia aeronautica, e poi, scaduti i vincoli di permanenza nelle forze armate, andare a lavorare per una compagnia di linea. Oppure si può diventare pilota civile, frequentando scuole di volo private e conseguendo tutte le licenze necessarie». Quanto tempo occorre?«La licenza di volo per fare il pilota di linea si può conseguire anche abbastanza rapidamente, in un anno e mezzo o due anni, ma per essere presi in considerazione da una compagnia aerea bisogna avere esperienza e le abilitazioni». Requisiti fisici? «Per accedere all’accademia aeronautica sono richiesti requisiti fisici particolari, come dieci decimi senza lenti o una determinata altezza. Chi pilota un tornado, ad esempio, deve avere una certa statura per non avere problemi in caso di lancio. Nel mondo civile non c’è questo tipo di restrizione. Non c’è l’esigenza». Quali sono i costi? «Per prendere le licenze, fare attività di volo e conseguire almeno un’abilitazione sono necessari dai 100 ai 150 mila euro». Abilitazioni per cosa? Non basta il brevetto? «La licenza di volo non è come la patente. Il pilota deve conseguire anche un’abilitazione per ogni tipo di aeromobile che intende condurre. In Alitalia, un corso di abilitazione per Airbus dura un mese e mezzo e costa intorno ai 40 mila euro». Esistono dei controlli sui piloti? «Certo. Fino ai quarant’anni, un pilota si deve sottoporre ogni anno a una visita presso l’Istituto medico legale dell’Aeronautica o in altri centri riconosciuti. Dopo i quaranta, lo deve fare ogni sei mesi. Oltre ai controlli medici, due volte l’anno, si è obbligati a sostenere anche delle prove ai simulatori di volo. Se non si passano, non si vola». La giornata tipo? «Bisogna distinguere tra un pilota di corto-medio raggio e uno di lungo raggio. Il primo ha un’attività più frenetica: fa quattro-cinque voli al giorno per tre o quattro giorni consecutivi, rimanendo fuori ogni sera in un posto diverso. La sua giornata inizia al mattino e finisce la sera, ma può lavorare anche fino a 13 ore al giorno e avere anche solo 6 giorni di riposo. Il pilota di lungo raggio, invece, ha più giorni liberi ma fa tratte più lunghe, anche fino a 19 ore, ha più notti da fare in volo e il fuso orario da smaltire». Quante ore fanno al mese?«Anche 100 ore di volo. A queste si devono poi aggiungere le ore di servizio. Un pilota che, ad esempio, fa Roma-Milano, può rimanere fermo un’ora, poi ripartire per Palermo e rimanere fermo un’altra ora. Per fare 4 ore di volo, si arriva a farne 9 di lavoro». Quanto si guadagna? «Dipende da quanto si vola e dal grado di anzianità del pilota. L’attività di volo può arrivare a incidere anche per due terzi sul netto della busta paga. Le cifre negli ultimi anni però sono diminuite molto». A che età si va in pensione?«A 60 anni, ma l’Enac ha da poco approvato la possibilità di volare fino a 65 anni». La carriera è aperta anche alle donne? «Sì, anche se non sono molte. In Alitalia ce ne sono due o tre. In compagnie come Lufthansa, Klm, British Airways sono di più».
A cinque anni «mi regalarono un quaderno, i miei genitori. Sulla copertina c’ erano aerei militari. Rimasi incantata» (Antonella Celletti, prima donna pilota di Alitalia).
Il 90% dei piloti di linea delle grandi compagnie proviene dal mondo militare, il 10% da una formazione di volo civile (leggi qui tutte le modalità).
Il primo passo per diventare pilota di linea è la licenza di pilota privato, denominata Ppl (Private Pilot Licence), che abilita a condurre un aereo di dimensioni medio-piccole con passeggeri non paganti. I requisiti richiesti sono l’idoneità al volo (certificata da visita medica) e un’età minima di 16 anni. All’esame si può accedere dopo aver effettuato almeno 47 ore di volo. Il secondo brevetto è il Cpl (Commercial Pilot License/ Licenza di pilota commerciale). Per il conseguimento sono necessarie 150 ore di volo e il superamento di un esame. Successivamente (con minimo 1000 ore di volo) si può sostenere l’esame teorico per l’Atpl (Airline Transport Pilot License), il brevetto di pilota di linea. Per diventare pilota di linea a tutti gli effetti bisogna poi cumulare 1500 ore di volo e conseguire almeno un’abilitazione (Type Rating) per la conduzione di un modello specifico di aereo. Le abilitazioni possono essere fornite direttamente dalla compagnia aerea che assume il pilota o rilasciate al termine di un corso teorico-pratico svolto presso i Centri di Addestramento (Trto - Type Rating Training Organization). Tutte le licenze sono rilasciate dall’Enac.
Per conseguire la licenza di pilota, sono previsti due tipi di percorsi: uno modulare o uno integrato. Il primo permette di conseguire per gradi i vari brevetti fino al conseguimento dell’Atpl, senza vincoli di tempo e diluendo i costi negli anni. Il corso integrato, invece, dà la possibilità di svolgere l’addestramento teorico per la Licenza di pilota di linea (l’Atpl “frozen”) con 750 ore ripartite tra varie materie. Ottenuta la licenza, restano però escluse le 1.500 ore di volo, l’ esame pratico e l’ abilitazione al velivolo.
I brevetti sopra indicati possono essere conseguiti anche all’estero. Molti scelgono scuole straniere. Statunitensi, soprattutto. Più economiche, prestigiose e utili a imparare bene l’inglese. I costi vanno dai 40-45 mila euro in su.
Nel 2007 i piloti di Alitalia hanno guadagnato da un minimo di 68.000 a un massimo di 121.000 euro. «Un livello che raggiunge la forchetta 88.000-174.000 per quanto riguarda i comandanti» (Fonte: Il Messaggero). Più alta, secondo i dati Aea, la busta paga media dei piloti di Iberia (147mila), Lufthansa (153mila), Air France (170mila). Più basso lo stipendio dei piloti Swiss (108mila) (Fonte: Il Sole 24 Ore).
Il pianista Roberto Cominati, vincitore del Premio Busoni nel 1993, è anche pilota di linea. Alterna i concerti alla Scala, all’Accademia di Santa Cecilia, al Festival di Salisburgo, a Berlino ecc. al volo ai comandi di un Boeing 737. Da bambino sognava di fare il pilota, più che il pianista. «Con la compagnia aerea ho dei contratti a termine. Ho a disposizione 4 o 5 giorni liberi ogni mese e ne approfitto per svolgere la mia attività concertistica».
Bruce Dickinson degli Iron Maiden vola da professionista da dieci anni. Ha imparato con la British Airways. Pochi giorni fa ha pilotato l’aereo della squadra del Liverpool in trasferta a Napoli. Tra i piloti famosi anche John Travolta, Tom Cruise, Harrison Ford, Bud Spencer.
«Due piloti? Ne basta uno. E se c’ è un’ emergenza, ai comandi può andare una hostess». Michael O’Leary, il numero uno di Ryanair, ha capito che in futuro non ci saranno abbastanza piloti e ha proposto di impiegarne uno solo invece dei due attuali. «Sono proposte assurde e strumentali. Non lo faranno mai. Se dovesse succedere qualcosa a uno dei due, il problema diventerebbe serio», ci dice Recine.
Lo svedese Thomas Salme per tredici anni ha pilotato aerei di linea, senza aver mai ottenuto il brevetto di pilota. Nel marzo scorso la polizia olandese, in seguito a una soffiata, lo ha smascherato all’aeroporto di Amsterdam poco prima che prendesse il volo ai comandi di un Boeing 737 diretto ad Ankara con 101 passeggeri. Salme ha confessato e si è limitato a dire: «Peccato, prima o poi doveva succedere». Il tribunale olandese gli ha inflitto una condanna di duemila euro di multa e la sospensione dai voli per un anno. Secondo il presidente dell’associazione piloti olandesi, Evert van Zwal, la truffa è stata possibile perché in Europa i modelli di licenza per i piloti sono così diversi e complicati che gli stessi ispettori hanno difficoltà a orientarsi.
«Se non avessi fatto il calciatore avrei voluto fare il pilota di aerei. Mi piace volare, sono sempre rilassato: nessuna turbolenza mi fa paura» (Fabio Capello).