ANTONIO SALVATI, La Stampa 3/11/2010, pagina 19, 3 novembre 2010
Uccide il padre, il paese lo difende - Più passa il tempo e più la gente non si spiega dove Francesco, 21 anni appena, abbia trovato la forza per sferrare quattro coltellate al petto del padre Mauro, il doppio della sua età, che qui ad Acerra conoscono tutti per lo strano soprannome (’a volpe) e per un passato di droga, alcol e violenza
Uccide il padre, il paese lo difende - Più passa il tempo e più la gente non si spiega dove Francesco, 21 anni appena, abbia trovato la forza per sferrare quattro coltellate al petto del padre Mauro, il doppio della sua età, che qui ad Acerra conoscono tutti per lo strano soprannome (’a volpe) e per un passato di droga, alcol e violenza. «Ha difeso la famiglia», dicono adesso gli abitanti della città. «In quella casa non ce la facevano più», sibila una donna anziana che aggiunge: «Era un violento, le urla le sentivamo tutti». Come lunedì sera poco prima delle 23, quando Mauro è tornato prima nella sua abitazione in via Caporale e poi, trovatala vuota, si è diretto verso casa della suocera a qualche centinaio di metri di distanza. La sua famiglia composta da moglie e tre figli si era riunita qui, in questo paio di stanze suddivise su due piani. Giù la moglie, la suocera e il figlioletto di 17 mesi. Sopra c’era invece Francesco, impegnato col fratello di 17 anni alla playstation. Mauro voleva comunicare alla moglie che stava per uscire con un amico, cosa che da qualche giorno faceva con una certa frequenza visto che fino al 29 ottobre era stato agli arresti domiciliari. Un passato difficile il suo. Irascibile, violento, problemi di dipendenza dalla droga mai del tutto superati, una fedina penale non proprio immacolata: l’ultimo incontro con le forze dell’ordine risale a maggio, quando evase i domiciliari per andare al bar. Ritornò in carcere, ma ci rimase per poco: fu di nuovo rispedito ai domiciliari, dove era stato relegato dopo aver litigato, e ferito un vicino di casa extracomunitario «colpevole» di averlo denunciato ai carabinieri per minacce. Senza lavoro da tempo: la sua ultima occupazione fu quella di autista di ambulanze, ma quando lo licenziarono decise di darne alle fiamme una. La moglie deve aver chiesto qualche spiegazione in più («Piove, dove vai?», sembra aver detto), scatenando l’ira del marito che ha iniziato ad urlare e a minacciare la donna. Dal piano superiore sono scesi i due ragazzi, il più piccolo ha cercato di far ragionare il padre, avendo però la peggio. La situazione è degenerata, così Francesco ha afferrato un coltellaccio da cucina e ha sorpreso il padre alle spalle. Una mano alla gola, l’altra che si abbatte sul petto del genitore. Mauro stramazza al suolo, in un lago di sangue. Fuggono tutti: la moglie e i due figli si rifugiano a casa, Francesco fa perdere le tracce dopo aver gettato l’arma del delitto in un tombino. Qualcuno avverte i carabinieri che trovano l’uomo ormai senza vita, la suocera e i genitori della vittima in lacrime. Poco dopo arriva la moglie e il figlio minorenne: raccontano, o meglio cercano di spiegare, che l’uomo è rincasato ferito per poi stramazzare al suolo. Madre e figlio si contraddicono a più riprese, e poi manca il figlio più grande, Francesco. Da quando il padre aveva perso il lavoro, era lui che aveva preso in mano le redini della famiglia. Guadagnava soldi guidando saltuariamente le ambulanze della Misericordia di Caivano, come il papà, e arrangiandosi con qualche altro lavoretto. «Portava avanti la famiglia - si fa scappare un vicino di casa - Si arrangiava, ma i pochi soldi che guadagnava li portava alla madre ed ai fratelli». I carabinieri lo cercano e lo trovano quasi subito. Prima ha mentito, poi è crollato. Ha raccontato tutto, la disperazione, la rabbia, il dolore. La preoccupazione per la sua famiglia, che da oggi sarà seguita dai servizi sociali del Comune, come ha assicurato il sindaco Tommaso Esposito. Adesso Francesco è in carcere, sottoposto a fermo con l’accusa di omicidio. Ma in paese non c’è una persona che lo condanna.