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 2010  novembre 03 Mercoledì calendario

Tre casalinghe arrabbiate dietro il boom del Tea Party - Le rivoluzioni nascono nei modi più strani

Tre casalinghe arrabbiate dietro il boom del Tea Party - Le rivoluzioni nascono nei modi più strani. Quella che ha appena cambiato lo scenario politico della più potente nazione sulla faccia della Terra, è nata meno di due anni fa nel tinello di un paio di case alla periferia di Atlanta. Protagoniste: un’ex assistente di volo della Delta che aveva lasciato il lavoro per dedicarsi alla figlia, e una casalinga costretta a fare pulizie a domicilio per aiutare il marito sull’orlo della bancarotta. Amy Kremer e Jenny Beth Martin, 39 e 40 anni, sono le vere vincitrici delle elezioni di Midterm. Il movimento del Tea Party, che ha dominato nel bene e nel male il voto per il Congresso, è in buona parte una loro creatura. Amy e Jenny Beth sono attualmente alla guida rispettivamente del «Tea Party Express» e dei «Tea Party Patriots», le due anime dell’organizzazione che danno già segni di convivere a fatica e potrebbero prendere strade diverse. Anche le due eroine hanno già assorbito i vizi della politica e si accusano a vicenda di voler dominare la scena. Quale che sia il loro destino, è innegabile che abbiano dato vita a qualcosa di enorme. Le tre Washington Washington lo ha compreso in pieno per la prima volta la notte scorsa, quando celebrazioni della vittoria e riconoscimenti della sconfitta non sono avvenuti come sempre solo in due quartieri generali (democratici da una parte, repubblicani dall’altra), ma in tre. Al «Leadership Institute» di Arlington, un centro studi conservatore a due passi dal Pentagono, si sono riuniti i leader del Tea Party per attendere i risultati da soli, lontani non solo dall’odiata Nancy Pelosi e dai suoi deputati democratici, ma anche dai capi dell’establishment repubblicano, accampati nelle sale del Grand Hyatt Hotel. «Prima ancora che chiudessero i seggi - raccontava ieri sera la Martin ad Arlington, tradendo la commozione - sono andata a piantare una bandiera a stelle e strisce sul prato del Capitol. Stanotte gli americani si riprendono il loro Congresso». Un epilogo che sembrava impensabile alla fine del 2008, quando Amy, lasciato il lavoro, riempiva il tempo libero curando un blog di giardinaggio e un altro di politica. Irritata dalla scelta di fine presidenza di George W.Bush di intervenire per salvare i colossi di Wall Street in crisi, preoccupata per l’imminente arrivo alla Casa Bianca di Barack Obama, la Kremer si mise a cercare sul web persone che ne condividessero la frustrazione. Nello stesso periodo, Jenny Beth bolliva di rabbia per gli stessi motivi: «Come potevano permettersi di usare soldi pubblici per proteggere le banche, quando gente come mio marito non aveva aiuti per cercare di tenere in piedi la sua impresa?», ha raccontato. Anche lei decise di sfogarsi sul web. Alle origini di un fenomeno Finirono per incontrarsi su un blog, «Smart Girl Politics», avviato da un’altra mamma arrabbiata, Stacy Mott, una casalinga del New Jersey di profonde convinzioni conservatrici che riversava su Internet nel tempo lasciato libero da due gemelli e un neonato. Dagli scambi di pareri online, le tre donne passarono a parlarsi in conferenza telefonica, poi a incontrarsi, quindi a proporre ad altri di unirsi in una battaglia per «ristabilire i principi su cui è nato questo Paese». Secondo un’inchiesta sulle radici del Tea Party condotta dal «Wall Street Journal», tutto è nato dalle tre donne e dal successivo ingresso in scena di gente con qualche esperienza politica che condivideva le loro idee. Michael Patrick Leahy era uno di questi: dopo aver creato su Twitter una lista di 25 «voci conservatrici», invitando altri a seguirle, in pochi giorni si è trovato tra le mani 1.500 seguaci in ogni parte del Paese. L’avanguardia del Tea Party. «L’ha inventato mia figlia» Il nome del movimento è spuntato quasi per caso. Pare che il copyright spetti a un commentatore della Tv Cnbc, Rick Santelli, che nel febbraio 2009 si è scagliato in diretta contro le politiche di Obama esclamando che era l’ora di dar vita «a un nuovo Tea Party». Un’idea, ha raccontato, che gli è venuta perché in quei giorni la figlia a scuola stava studiando il Tea Party di Boston, la rivolta dei coloni americani nel 1773 contro l’odiata Corona britannica. Da quel momento in poi, per tutto il 2009, è stato un fiorire di iniziative collegate l’una all’altra grazie a legami creati sui social network. Mentre fiorivano le marce e le proteste con le maschere della Rivoluzione americana, sul carro hanno cominciato a salire personaggi di vario genere. Sul fronte della politica ufficiale, Sarah Palin è stata tra i primi a capire la portata del Tea Party e a farsi eleggere come la sua beniamina. Ma a comprendere che il movimento stava catalizzando un’immensa rabbia della classe media, cresciuta soprattutto durante la battaglia per la riforma della sanità di Obama, sono stati anche strateghi politici, commentatori Tv e radiofonici, ex membri di amministrazioni repubblicane in cerca di rivincita. E finanzieri con masse di denaro da investire. Soldi e spaccature Tra quest’ultimi, a spiccare sono stati subito i ricchissimi fratelli David e Charles Koch, con un patrimonio combinato superiore a quello di Bill Gates e una passione per le battaglie «libertarie», che hanno iniziato a iniettare soldi nel movimento, rendendolo capace di mettere in piedi campagne elettorali capaci di far saltare candidati repubblicani tradizionali e in seguito pezzi da novanta democratici. Insieme al successo, sono emerse le inevitabili spaccature. La Kremer si è dedicata a mettere a punto il «Tea Party Express», una macchina elettorale molto efficace e oggi sempre più legata al partito repubblicano. La Martin invece, dicendosi più volte disgustata dai repubblicani al pari dei democratici, è diventato l’anima dei «Patriots», una realtà attivista che sembra la parte più vitale del movimento. Ieri in ogni parte d’America le due galassie dell’universo Tea Party hanno festeggiato insieme. Ma ora inizia il cammino verso le elezioni presidenziali del 2012, e il futuro del Partito del Tè è tutto da scrivere.