FRANCESCO SEMPRINI, La Stampa 3/11/2010, pagina 11, 3 novembre 2010
“All’economia fa bene un Congresso diviso” - Un Congresso diviso tra democratici e repubblicani è la combinazione migliore per favorire il rilancio economico del Paese e ridurne il debito»
“All’economia fa bene un Congresso diviso” - Un Congresso diviso tra democratici e repubblicani è la combinazione migliore per favorire il rilancio economico del Paese e ridurne il debito». È l’analisi di Allen Sinai che privilegia una ripartizione di Capitol Hill a un dominio assoluto dell’uno o dell’altro partito, perché «radicalizzerebbe il confronto trascinando il Paese al collasso», dice il guru di Wall Street che sulla scalata dei Tea Party lancia l’allarme protezionismo. Quale sarà l’impatto di queste elezioni sull’ economia Usa? «Enorme. Le politiche di stimolo fiscale e quelle macroeconomiche attuate dall’amministrazione di Barack Obama non solo non sono riuscite a far rientrare l’emergenza occupazionale, ma hanno contribuito ad allargare ulteriormente deficit e debito pubblico. Dall’inizio del 2009, con la strapotere democratico tra governo e Congresso si è assistito a una serie di politiche che non hanno fatto altro che aggravare la situazione sul piano fiscale senza sostenere la ripresa». Cosa potrebbe accadere da oggi? «Col riassestamento del baricentro verso i repubblicani, le politiche del governo dovranno necessariamente cambiare, divenendo meno spendaccione e dando maggiore enfasi alle leve tributarie come stimolo all’economia». È d’accordo sul fatto che comunque vada il Paese rimarrà spaccato sul debito? «Le principali preoccupazioni sono relative al mercato del lavoro e alla irresponsabilità fiscale di Washington. È un parere che sembra condiviso da più parti, democratici, moderati indipendenti, repubblicani economisti e uomini d’affari: la politica di Washington in questo momento presenta pericolosi disfunzioni. Ritengo che dopo il voto i politici debbano sedersi a un tavolo e avviare entro e non oltre sei mesi una serie di iniziative concrete per risolvere il problema del debito, anziché continuare a darsi battaglia tra loro». Analizziamo gli scenari: se i democratici mantengono Camera e Senato cosa succede? «In questo caso l’amministrazione americana con l’appoggio del Congresso proseguirà in materia macroeconomica sulla strada che ha percorso in questi due anni e a mio avviso il risultato sarà fallimentare in termini di paralisi del mercato del lavoro e aumento del debito pubblico». In caso di doppia vittoria del partito repubblicano? «Ci potrebbero essere dei progressi in termini di promozione di programmi per la ripresa ma il rischio è che si crei uno scontro frontale con l’amministrazione democratica e quindi si una sorta di paralisi». In caso di Congresso diviso? «Se invece, e questa è l’ipotesi più probabile, i repubblicani conquistassero la Camera e i democratici mantenessero il Senato ci sarebbe la necessità di un maggiore compromesso e quindi credo nascerebbe una naturale convergenza verso il centro e le posizioni moderate. Il baricentro oscillerebbe talvolta verso il centro-destra, talvolta verso il centro-sinistra, ma in ogni caso anche l’amministrazione sarebbe spinta a posizionarsi su politiche più centriste». Ma col Congresso spaccato non c’è il rischio di paralisi? «Meno che con un congresso tutto repubblicano. Con Capitol Hill divisa a metà Obama avrebbe tutto l’interesse a sbloccare eventuali impasse se vuole avere una chance di vincere alle presidenziali del 2012. Se il Congresso fosse totalmente repubblicano si rischierebbero derive liberal del governo che diventerebbe ostaggio dei suoi elettori meno moderati». Ci sono rischi per l’attuazione della riforma finanziaria? «Ci potrebbero essere problemi per quanto riguarda l’attuazione di alcuni aspetti ma ritengo che il dibattito sulla regolamentazione del settore sia ormai cosa fatta». La prossima tappa è la riforma delle pensioni? «La riforma del Social Security sarà senza dubbio un momento importante del dibattito più generale sul deficit, e forse potrebbe essere avviata qualche discussione, ma non mi aspetto qualcosa di sostanziale in tempi brevi». Quali ricadute potrebbe avere un successo dei Tea Party? «In generale il rischio è di una radicalizzazione del confronto, delle scelte politiche ed economiche, perché al di là delle - talvolta condivisibili - rimostranze sulla tassazione, occorre dire che le loro posizioni potrebbero portare a derive pericolose come il protezionismo. Non dobbiamo dimenticarci però che i Tea Party nascono come movimento di protesta causato da un sentimento di frustrazione nei confronti delle politiche irresponsabili di Washington in materia fiscale. Una volta eliminate queste i contestatori patriottici perdono spinta».