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 2010  ottobre 31 Domenica calendario

KEITH RICHARDS - FEDELE AL BLUES, AL RIFF, AL ROCK LE CONFESSIONI DELL´ULTIMO GUARDIANO

L’inizio è folgorante. Sembrerebbe piuttosto l´autobiografia di Bonnie and Clyde, due banditi in giro per le strade d´America, e invece sono e Ron Wood che attraversano l´Arkansas su una Chevrolet Impala gialla totalmente imbottita di droga, di qualsiasi tipo di droga, dalla mescalina all´eroina. E lo fanno a dispetto di tutto, del fatto che i governanti avevano tentato in ogni modo di non farli più rientrare in America, che erano a stento tollerati dalle forze di polizia, e che a quei tempi, nel 1975, girare nelle provincie del sud coi capelli lunghi e la smargiassa aria da "faccio un po´ come mi pare" era ancora altamente pericoloso. L´arresto, il processo immediato col giudice ubriaco fradicio e fan degli Stones, e il salvataggio in extremis da parte del loro abilissimo avvocato, sono degni di un film. Roba da Blues Brothers, o Easy Rider. Ma è tutto vero. E alla fine il chitarrista dei Rolling Stones si domanda: che fine avrà fatto la Chevrolet imbottita di droga? L´hanno mai scoperto o qualcuno ci ha girato per anni senza neanche immaginarlo?
Il bello di questa autobiografia intitolata semplicemente Life è proprio nella sua divertita spudoratezza. Richards non ha mai nascosto le sue nefandezze, il gusto per una vita al limite, ha perfino detto una volta di aver sniffato le ceneri del padre, poi smentendo in parte, ma lasciando tutti nella convinzione che qualcosa di vero ci doveva essere. E infatti nel libro conferma, spiega meglio, ma il fatto è lì, «cenere alla cenere» racconta Keith. Alla fine è uno sincero, anzi, è l´anima sincera dei Rolling Stones, lo è sempre stato, e anche nel momento capitale dell´autobiografia non si è smentito. Cosa ho da perdere, sembra essersi detto prima di cominciare a scrivere le sue memorie, aiutato da James Fox. La sua fama di tossico e alcolista, di ribelle impenitente, era già conclamata. E quindi ha riversato tutto in quella che sembra una reale e disarmante confessione.
Ma c´è dell´altro. In fondo, mettendo da parte le scorribande, la vita da ribaldo rocker, le droghe, i fulminanti backstage vissuti in ogni angolo del mondo, alla fine c´è il romanzo di una vita, e non di una vita qualsiasi. Un perfetto romanzo rock, raccontato nei dettagli, dalla povertà della provincia di Dartford, la scuola, i disagi scolastici, le prime ribellioni, l´incontro con Jagger (che poi come racconta a un certo punto diventa insopportabile e pertanto chiamato «Brenda») e gli altri del gruppo, il riscatto, il successo improvviso e violento, gli eroi working class che diventano campioni di moda e di stile, i nuovi principi del mondo. Ma rimanendo fedele, almeno lui, al blues, all´anima oscura del rock, a quei primi brividi percepiti da ragazzo, quando bastava sentire su una radiolina che nella notte intercettava stazioni lontane, un pezzo di Elvis per cambiare la propria visione del mondo.
Lui del resto è stato una specie di garante. Anche quando gli Stones hanno cominciato a portare in giro la versione circense di se stessi, si diceva sempre: per fortuna che c´è lui, l´unico che sembrava portare le stimmate, il marchio dell´autenticità, l´unico che sembrava ancora soffrire o godere dei riff scintillanti prodotti dalla sua chitarra. L´unico che sembra avere scavata nelle rughe del volto l´essenza maledetta del rock. Per fortuna che c´è Keith Richards, quello che in una notte sballata ha inciso su una cassetta il riff di Satisfaction e il giorno dopo non si ricordava nemmeno di averlo inventato. Per fortuna che c´è Keith che scrive un´autobiografia che racconta la vera vita di un rocker, senza pudori, e senza censure.