ANGELO AQUARO, la Repubblica 31/10/2010, 31 ottobre 2010
TANTI CONTROLLI, MA TROPPI "BUCHI" COSÌ AL QAEDA SEMINA IL PANICO - NEW YORK
Quanti altri pacchi bomba sono già in volo per esplodere nelle metropoli degli Usa e d´Europa? Non hanno dubbi gli uomini dell´intelligence che stanno mettendo insieme i fili che legano il comizio di Barack Obama, oggi, a Chicago, la città dove doveva era diretto l´esplosivo, all´arresto ieri sera della donna accusata di essere la postina di Al Qaeda, nella capitale dello sperdutissimo Yemen, a Sanaa. Dieci, cento, mille altre trappole mortali potrebbero essere pronte a scattare. E la più pericolosa è quella messa a punto proprio da Anwar Al Awlaki, l´imam born in the Usa e fuggito nello Yemen dei suoi genitori, dopo che un giudice americano aveva annullato il suo arresto per un cavillo.
Dieci, cento, mille trappole facilissime da approntare e difficilissime da intercettare: perché vuote. È stato Awlaki a teorizzare i falsi allarmi da lanciare a rullo continuo contro l´odiato Occidente. Il modo migliore per mandare in tilt i suoi servizi di sicurezza e ottenere l´obiettivo numero uno di un gruppo terroristico: incutere, appunto, il terrore. Insomma non siamo più di fronte alla vecchia "prova a secco", le prove generali che i professionisti del terrore fanno per testare il livello di permeabilità dei controlli. Spesso la bomba - sostiene l´autore di «American Jihad», Steve Emerson - è anche quella che non esplode. Per il momento.
Dieci, cento, mille trappole. Quella succursale di Bin Laden che burocraticamente si fa chiamare Al Qaeda nella Penisola Arabica ha imparato la lezione. I servizi yemeniti erano un colabrodo fino al giorno di Natale dell´anno 2009 in cui Umar Farouk Abdulmutallab provò a farsi esplodere sul cielo di Detroit con l´esplosivo nelle mutande. Quell´esplosivo - il Petn, lo stesso usato ora per i pacchi bomba Ups - arrivava proprio da lì. Ma i mandanti del figlio del notabile nigeriano sanno che oggi far salire su un aereo una bomba umana è più difficile. Così hanno scelto i pacchi. Mettendo a nudo l´incredibile debolezza dei paesi occidentali: i cargo.
Racconta l´ex Fbi Tom Fuentes che l´ordigno spedito per posta è l´incubo dei servizi di sicurezza Usa dai tempi di Unabomber. Ma la globalizzazione ha reso tutto più facile. Uno dei due pacchi rinvenuti nel venerdì nero sarebbe dovuto esplodere azionato da un cellulare. Il macellaio di Al Qaeda avrebbe aspettato che il pacco arrivasse alla sinagoga di Chicago controllando su Internet. "Consegnato": e la trappola sarebbe scattata.
La pacchia per i terroristi è duplice: i cargo non vengono sottoposti a quegli snervanti controlli che fanno impazzire i passeggeri. Un rapporto del Congresso Usa avvertiva soltanto nel 2007 - sei anni dopo l´11 settembre - che «il rafforzamento dei sistemi di sicurezza dei cargo non era stato completato». E quando finalmente nell´agosto scorso la legge è passata, si è scoperto che «lo screening è obbligatorio soltanto per le merci trasportate sugli aerei di linea», dice al New York Times Steve Lord dell´Homeland Security. Traffico che rappresenta però appena il 16 per cento del trasporto merci globale.
L´America è un colabrodo. Cinque anni fa George W. Bush si fece bello elencando una decina di attentati che i suoi servizi avevano sventato. C´erano almeno tre plot di attacchi navali: tra il Golfo Arabo e lo Stretto di Hormuz. Ma contro l´incubo di un attacco via nave negli Usa poco o nulla è stato fatto. Eppure sono 42 milioni i container che sbarcano ogni anno nei porti americani. E già sei anni fa un´operazione in Europa aveva smantellato una cellula algerina pronta all´11 settembre via mare.
Che fare? Mezza America ha messo giustamente alla berlina il candidato repubblicano Tom Mullins per aver proposto di minare il confine con il Messico. Ma la frontiera più permeabile d´America è davvero una minaccia mortale. Nel gergo tecnico li chiamano OTM, la sigla sta per Other Than Mexicans e sono 165mila persone che entrano via terra (dati del 2008). Il dipartimento per la sicurezza nazionale dice che almeno 650 sono potenziali terroristi, provenienti da paesi come Afghanistan, Egitto, naturalmente Yemen. E la paura non arriva solo da Sud. La candidata del Tea Party Sharron Angle ha scatenato con il Canada una guerra diplomatica costringendo il governo a difendersi: non esportiamo terroristi. Ma un rapporto riservato commissionato dai canadesi tre anni fa avvertiva proprio del pericolo terrorismo lungo gli 8mila chilometri di confine: con gli aspiranti kamikaze nascosti tra le 200 milioni di persone che ogni anno attraversano la frontiera. Due scenari. «Il primo descrive le conseguenze di un attacco terroristico sulle infrastrutture di confine. Il secondo i rischi dell´utilizzo del Canada come transito per i gruppi che vogliono attaccare gli Stati Uniti».
Ma forse la minaccia più insidiosa è ancora una volta - come i "falsi allarmi" - quella più difficile da captare: il nemico interno. Il solito Awlaki in questo è spalleggiato da un altro "americano": quel Samir Khan che sempre in Yemen ha messo in pratica gli insegnamenti della società dell´informazione Usa lanciando quell´Inspire Magazine che è la rivista di Al Qaeda. L´arma segreta questa volta si chiama proselitismo. È il proselitismo in inglese, e non in arabo, che ha permesso all´imam Awlaki di reclutare Faishal Shazhad, l´uomo che ha cercato di far esplodere un´autobomba a Times Square partendo non dall´altra parte del mondo ma dalla sua casetta del Connecticut. È il proselitismo che permette a centinaia e centinaia di islamisti americani di volare in Pakistan, venire addestrati, e rientrare dalla porta principale. Grazie a quell´arma fine di mondo: il passaporto Usa.