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 2010  novembre 02 Martedì calendario

L’allarme del Fmi: «Bruciati 30 milioni di posti» - Mai come in questa setti­mana il peso della politica è destinato a condizionare gli andamenti finanziari, di qua e di là dall’Oceano

L’allarme del Fmi: «Bruciati 30 milioni di posti» - Mai come in questa setti­mana il peso della politica è destinato a condizionare gli andamenti finanziari, di qua e di là dall’Oceano. Tutto par­te dagli Stati Uniti, dove an­che ieri, alla vigilia delle ele­zioni di Midterm, il dollaro è rimasto sotto pressione sui mercati valutari internaziona­li, scontando il sempre più probabile intervento della Fe­deral Reserve sui titoli di Stato per ridare slancio all’econo­mia a stelle e strisce. Priorità numero uno, l’occupazione, come ricorda, dal Forum in­ternazionale dello sviluppo umano di Agadir, il direttore generale del Fondo moneta­rio internazionale, Domini­que Strauss-Kahn: «Il mondo ha perso 30 milioni di posti di lavoro a causa della crisi mon­diale, e le previsioni per i pros­simi anni sono di 400 milioni di posti», dice. E lancia un ap­pello drammatico: «Nel qua­dro della nuova mondializza­zione, la prima priorità è l’oc­cupazione, la seconda è l’oc­cupazione e la terza è l’occu­pazione ». Ma nell’agenda del numero uno del Fmi c’è an­che la vigilanza del sistema fi­nanziario internazionale. Strauss-Kahn rimarca, infatti, l’esigenza di «fare molto di più per quanto riguarda la vigi­lanza sul settore bancario. Si possono avere le migliori rego­le del mondo ma se non si vigi­la sulla loro attivazione, allora è tutto inutile». Intanto, gli analisti si con­centrano sulle mosse della Fed, che si riunirà oggi e do­mani, e si appresta ad avviare una delle operazioni più am­biziose e azzardate di questi ultimi mesi per spingere al ri­basso i tassi di interesse a lun­go termine: l’impegno ad ac­quistare i titoli di debito del go­verno, per un totale compre­so - secondo le previsioni - tra i 500 e i 750 miliardi di dollari. E nelle stesse ore l’America sa­rà chiamata alle urne per quel­lo che ormai appare come un «referendum» sullo stesso Ba­rack Obama. Il rafforzamento dei repubblicani al Congres­so- dato per certo dai sondag­gi - renderà molto più difficile per il presidente mantenere le sue promesse elettorali: sti­molare la ripresa senza affos­sare ulteriormente il bilancio federale, riuscendo nello stes­so tempo a far cadere il tasso di disoccupazione. Non a caso, l’economia è stata il cavallo di battaglia dei suoi avversari. E con i repub­blicani più forti non sarà faci­le per Obama mantenere le ri­duzioni fiscali per la classe media, tassando solo chi gua­dagna più di 200mila dollari l’anno. Lo yuan intanto continua a calare contro il biglietto ver­de, nonostante gli impegni presi all’ultimo G20, mentre, nei confronti della sterlina, il biglietto verde ha sfiorato i mi­nimi da nove mesi a questa parte. A spingere la valuta bri­tannica sono le speculazioni secondo cui la Banca d’Inghil­­terra, che si riunirà giovedì ­in concomitanza con la Bce - , non seguirà le orme della Fed e, alla luce dei buoni dati su Pil e attività manifatturiera, deciderà di non lanciare que­sta settimana un nuovo pro­gramma per sostenere l’eco­nomia d’Oltremanica.