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 2010  novembre 02 Martedì calendario

Quei falsi allarmi sul Lodo Alfano - Vagamente surreale. Non vi è altro modo per definire il dibattito che- nel mondo politi­co non meno che nei media ­sta accompagnando l’iter par­lamentare della legge costitu­zionale sulla sospensione dei processi penali nei confronti delle alte cariche dello Stato

Quei falsi allarmi sul Lodo Alfano - Vagamente surreale. Non vi è altro modo per definire il dibattito che- nel mondo politi­co non meno che nei media ­sta accompagnando l’iter par­lamentare della legge costitu­zionale sulla sospensione dei processi penali nei confronti delle alte cariche dello Stato. Il punto nodale sembra essere, in particolare, quello della sua «reiterabilità». Falso proble­ma, i n realtà, ove s i consideri l a natura e la funzione della so­spensione, così come indivi­duate dalla Corte costituziona­le nella sentenza n.262 del 2009 (la pronuncia che bocciò il primo «lodo Alfano», quello introdotto con legge ordina­ria). Inquadrata, infatti, la so­spensione dei processi - come ha fatto la Corte - tra le «immu­nità in senso lato», ovvero tra gli «istituti diretti a tutelare lo svolgimento delle funzioni de­gli organi costituzionali attra­verso la protezione dei titolari delle cariche ad essi connes­se », appare evidente che l’im­manenza (non la reiterazione) della protezione si pone come un effetto addirittura naturale, giacché diretta a tutelare la fun­zionalità dell’organo, non la persona che ne è titolare. Non di soli equivoci tecnici, tuttavia, si alimenta il dibatti­to, ma anche di evidenti stru­mentalizzazioni politiche. Tali sono senz’altro i tentativi - in verità piuttosto goffi - di pre­sentare la futura legge costitu­zionale come affetta da (nuo­vi) profili di incostituzionalità, in particolare per violazione del principio fondamentale sancito dall’art.3 della Costitu­zione. È, nuovamente, la Con­sulta a fare giustizia di questa tesi, nel definire le immunità quali istituiti certamente «de­rogatori rispetto al principio di uguaglianza tra cittadini», ma al tempo stesso «fisiologici al funzionamento dello Stato». Del resto, la Corte ha osservato come già il testo originario del­la Costituzione contenga nor­me che danno vita ad immuni­tà per le alte cariche dello Sta­to: «l’art.68 Cost., il quale pre­vede per i parlamentari (e, quindi, anche per i presidenti delle Camere) alcune preroga­tive sostanziali e processuali i n relazione sia a reati funzionali (primo comma) sia a reati an­che extrafunzionali (secondo e terzo comma); l’art.90 Cost., il quale prevede l’irresponsabili­tà del presidente della Repub­blica per gli atti compiuti nel­l’esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento o per attentato alla Costituzio­ne; l’art.96 Cost., il quale preve­de per il presidente del Consi­glio dei ministri e per i ministri, anche se cessati dalla carica, la sottoposizione alla giurisdizio­ne ordinaria per i reati com­messi nell’esercizio delle loro funzioni, secondo modalità sta­bilite con legge costituziona­le » . Ignorare ciò e prospettare la tesi dell’incostituzionalità del nuovo «Lodo Alfano» per viola­zione dell’art.3 della Costitu­zione equivale, pertanto, ad ac­creditare l’idea - francamente grottesca - che non l’attuale maggioranza parlamentare, ma già i Costituenti del 1948 ab­biano introdotto nel corpo del­la Costituzione più di una nor­ma incostituzionale. *Avvocato penalista