Giuseppe Staiano*, il Giornale 2/11/2010, pagina 8, 2 novembre 2010
Quei falsi allarmi sul Lodo Alfano - Vagamente surreale. Non vi è altro modo per definire il dibattito che- nel mondo politico non meno che nei media sta accompagnando l’iter parlamentare della legge costituzionale sulla sospensione dei processi penali nei confronti delle alte cariche dello Stato
Quei falsi allarmi sul Lodo Alfano - Vagamente surreale. Non vi è altro modo per definire il dibattito che- nel mondo politico non meno che nei media sta accompagnando l’iter parlamentare della legge costituzionale sulla sospensione dei processi penali nei confronti delle alte cariche dello Stato. Il punto nodale sembra essere, in particolare, quello della sua «reiterabilità». Falso problema, i n realtà, ove s i consideri l a natura e la funzione della sospensione, così come individuate dalla Corte costituzionale nella sentenza n.262 del 2009 (la pronuncia che bocciò il primo «lodo Alfano», quello introdotto con legge ordinaria). Inquadrata, infatti, la sospensione dei processi - come ha fatto la Corte - tra le «immunità in senso lato», ovvero tra gli «istituti diretti a tutelare lo svolgimento delle funzioni degli organi costituzionali attraverso la protezione dei titolari delle cariche ad essi connesse », appare evidente che l’immanenza (non la reiterazione) della protezione si pone come un effetto addirittura naturale, giacché diretta a tutelare la funzionalità dell’organo, non la persona che ne è titolare. Non di soli equivoci tecnici, tuttavia, si alimenta il dibattito, ma anche di evidenti strumentalizzazioni politiche. Tali sono senz’altro i tentativi - in verità piuttosto goffi - di presentare la futura legge costituzionale come affetta da (nuovi) profili di incostituzionalità, in particolare per violazione del principio fondamentale sancito dall’art.3 della Costituzione. È, nuovamente, la Consulta a fare giustizia di questa tesi, nel definire le immunità quali istituiti certamente «derogatori rispetto al principio di uguaglianza tra cittadini», ma al tempo stesso «fisiologici al funzionamento dello Stato». Del resto, la Corte ha osservato come già il testo originario della Costituzione contenga norme che danno vita ad immunità per le alte cariche dello Stato: «l’art.68 Cost., il quale prevede per i parlamentari (e, quindi, anche per i presidenti delle Camere) alcune prerogative sostanziali e processuali i n relazione sia a reati funzionali (primo comma) sia a reati anche extrafunzionali (secondo e terzo comma); l’art.90 Cost., il quale prevede l’irresponsabilità del presidente della Repubblica per gli atti compiuti nell’esercizio delle sue funzioni, tranne che per alto tradimento o per attentato alla Costituzione; l’art.96 Cost., il quale prevede per il presidente del Consiglio dei ministri e per i ministri, anche se cessati dalla carica, la sottoposizione alla giurisdizione ordinaria per i reati commessi nell’esercizio delle loro funzioni, secondo modalità stabilite con legge costituzionale » . Ignorare ciò e prospettare la tesi dell’incostituzionalità del nuovo «Lodo Alfano» per violazione dell’art.3 della Costituzione equivale, pertanto, ad accreditare l’idea - francamente grottesca - che non l’attuale maggioranza parlamentare, ma già i Costituenti del 1948 abbiano introdotto nel corpo della Costituzione più di una norma incostituzionale. *Avvocato penalista