Varie, 2 novembre 2010
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Robinson Marilynne
• Sandpoint (Stati Uniti) 26 novembre 1943. Scrittrice • «Siamo nel 1980. Una scrittrice americana scrive un romanzo perfetto: s’intitola Housekeeping, racconta la storia di due sorelle cresciute accanto al lago in cui si è suicidata la madre, conquista il Pen/Hemingway Award per la migliore opera prima, la critica, il pubblico e la vetta della classifica dei bestseller. Poi la scrittrice sparisce. Per modo di dire, naturalmente. Nel senso che Marilynne Robinson [...] dopo il successo di Padrona di casa, come fu intitolato Housekeeping nell’edizione Serra e Riva dell’88, se ne va a insegnare al Writers’ Workshop dell’Università dell’Iowa, pubblica un saggio sull’inquinamento (Mother Country), un’antologia di essays (The Death of Adam), e per oltre vent’anni non scrive più romanzi. La gente finisce per dimenticarsi di lei. [...] Fino a quando [...] nel 2004 [...] se ne esce [...] con Gilead, una delle più potenti opere della narrativa americana contemporanea, un romanzo unico nel suo genere che vince il Pulitzer e il National Books Critic Circle Award, e diventa il successo editoriale dell’anno malgrado il suo soggetto: la storia di un sacerdote della Chiesa congregazionalista dell’Iowa. Chi è al corrente di un argomento meno sexy alzi la mano. Eppure Gilead [...] ha conquistato molti cuori. E non solo perché è l’educato addio alla vita di un uomo di 76 anni malato di angina, che non ha nessun desiderio di morire, pur essendo convinto di andare in paradiso. O per tutta la complessa umanità che respira in questa lettera-testamento che il reverendo John Ames scrive al figlio di sette anni avuto dal suo secondo matrimonio con una donna molto più giovane — un matrimonio insperato dopo quarant’anni di solitudine seguiti alla morte di parto della prima moglie e della prima figlia. Ma perché la sua lettera che porta la data del 1956, e quindi di un momento che precede la nascita del Movimento per i diritti civili, diventa una riflessione sulla solitudine, la fede, la vecchiaia e la morte, ma anche sulla guerra, la natura del male e il razzismo. Argomenti che John Ames e Marilynne Robinson trattano con la coerenza e la profondità di chi sente lo scrivere come una missione religiosa. Non pensate ai Cristiani Rinati di George W. Bush. Questa scrittrice disprezza chi usa la religione con finalità politiche e non fa niente per i poveri. Ed è curioso che per la sua statura di American classic sia spesso accostata a Cormac McCarthy. Perché McCarthy è un ateo che per raccontare il West usa (in alcuni romanzi) toni e cadenze bibliche. Mentre Marilynne Robinson è una credente che con estrema pulizia di stile si serve della narrativa per rivalutare il Puritanesino e Calvino. [...]» (Livia Manera, “Corriere della Sera” 28/4/2008).