Roberto Furlani, Corriere della Sera 02/11/2010, 2 novembre 2010
SONO SPARITI, MA A VOLTE RITORNANO - C’è
chi scompare per qualche decina d’anni, chi anche per un centinaio. Una certa parte di loro, però, alla fine riappare. Diana Fisher e di Simon Blomberg dell’Università di Queensland (Australia) hanno pubblicato su Proceedings of the Royal Society una sorta di "Chi l’ha visto?" in chiave animale, con connotazioni strettamente scientifiche. Su 180 specie di mammiferi considerate estinte dal 1500, hanno rilevato che 113 mancano ancora all’appello e molte di queste non torneranno mai.
Ben 67 si sono però incredibilmente rifatte vive o sono state ritrovate. «Le probabilità di riscoprire una specie ritenuta estinta — afferma la Fisher — dipende dall’intensità dello sforzo di ricerca, dalle dimensione dell’area di studio, dalla originale densità di popolazione e dal tempo che è passato dall’ultimo avvistamento dell’animale. A ricomparire, sono soprattutto specie minacciate e considerate estinte per la perdita dell’habitat o dalla caccia. Risultano invece scomparse per sempre specie che sono state insidiate da specie alloctone, trasformatesi in nuovi predatori».
La foca Guadalupe venne cacciata sino all’estinzione (così si pensava) nel 1892. E’ stata riscoperta nel 1950, vivente in piccole colonie, anche se due pescatori l’avevano già notata venticinque anni prima in alcune zone dell’isola. La civetta di Malabar, un viverride ritenuto scomparso in India nel 1929, è stata ritrovata invece nel 1987 in una piantagione di anacardi. E c’è lo strano caso del wallaby australiano «scomparso» dal 1937: in realtà sopravvive in tre gruppi distinti nel Queensland (Australia).
In Italia e nel Vecchio Continente non risultano esserci casi così eclatanti di mammiferi riscoperti. «La foca monaca, per esempio, dice Fabrizio Bulgarini responsabile biodiversità del Wwf — è una specie data per dispersa nelle acque del nostro paese, pur essendo presente in alcune zone del Mediterraneo. Negli ultimi anni è stata vista nuovamente nuotare nei nostri mari. Il lupo, estinto nelle Alpi, le sta invece ora colonizzando». Diana Fisher, in conclusione della sua analisi, lancia una accusa al mondo della ricerca. «Si spendono talora ingenti risorse economiche — commenta la ricercatrice australiana — per cercare specie carismatiche che non hanno però alcuna possibilità di essere riscoperte, mentre molte specie in pericolo di estinzione non ricevono adeguata attenzione. In Australia è il caso del tilacino, di cui si sono perse le tracce da circa 80 anni e che è stato oggetto di più di 25 diffuse spedizioni per ritrovarlo, a scapito di altre specie che potevano essere invece salvate».
«E’ fondamentale muoversi per tempo — sottolinea Piero Genovesi ricercatore dell’Ispra e presidente di un gruppo di lavoro sulle specie aliene dell’Unione internazionale per la Conservazione della Natura — e intervenire dove c’è più possibilità di successo. Il rischio è di arrivare a situazioni limite, come quella dell’orso marsicano, che conta ora circa 40 esemplari. Può essere molto tardi per salvarlo, considerando i ritardi nell’applicazione delle misure di salvaguardia e di tutela del territorio in cui abita. Oltre che sull’orso marsicano, in Italia sarebbe necessario intervenire subito sullo scoiattolo rosso, minacciato da quello grigio, e sull’orecchione sardo, un pipistrello endemico».
Un importante passo (almeno sulla carta) per la salvaguardia della biodiversità nostrana è stato intrapreso qualche giorno fa con l’adozione di una Strategia Nazionale della Biodiversità, attesa dal 1994, quando il Parlamento recepì la Convenzione Internazionale sulla Biodiversità. Appena nata rischia però anche l’estinzione delle sue buone intenzioni, se lo Stato e le Regioni non supporteranno adeguatamente la sua applicazione con fondi specifici.
Roberto Furlani