La Stampa 2/11/2010, pagina 30, 2 novembre 2010
“Frangar, non flectar” dai tempi di Bersezio - G radirei sapere, se possibile, da quando a quando la Vostra testata ha riportato la scritta «frangar, non flectar» e perché è stata cancellata
“Frangar, non flectar” dai tempi di Bersezio - G radirei sapere, se possibile, da quando a quando la Vostra testata ha riportato la scritta «frangar, non flectar» e perché è stata cancellata. Grazie FRANCO UGHETTO Per risponderle ho chiesto aiuto ad Alberto Papuzzi, firma del nostro giornale e storico del giornalismo. Il motto «Frangar non flectar» apparve il 9 febbraio 1867 sul primo numero della «Gazzetta piemontese», fondata e diretta da Vittorio Bersezio, poeta, scrittore e uomo politico, autore (fra l’altro) di «Le miserie ‘d Monsù Travet». Il motto si riferiva agli scontri di Bersezio con il ministro Bettino Ricasoli, all’epoca in cui Bersezio dirigeva «La Provincia» e appoggiava un gruppo di deputati usciti dalla Destra storica a causa del trasferimento della capitale da Torino a Firenze, associati nella cosiddetta «Permanente». Sul primo numero della «Gazzetta piemontese» Bersezio illustrava il motto spiegando che Ricasoli aveva esercitato pressioni «per fargli dire o tacere quello che voleva, come lo si voleva». Tant’è che «La Provincia» era stata chiusa. Il 30 marzo 1895 «La Gazzetta piemontese», dopo l’ingresso nella proprietà di Alfredo Frassati, cambiò la testata diventando «La Stampa» ma mantenne il motto. La dicitura «Frangar, non flectar» venne sospesa sotto il fascismo nel 1936, dopo le leggi speciali, per riapparire quasi dieci anni dopo, il 21 luglio del 1945, sulla «Nuova Stampa», con l’idea che si dovesse ricreare un legame con la tradizione del giornale proprio mentre si era inserita la dicitura «Nuova» per segnare una discontinuità con il quotidiano uscito negli anni del regime mussoliniano. Il motto rimase al suo posto sotto la testata per tutto il dopoguerra e gli Anni Cinquanta, prima di essere tolto definitivamente il primo gennaio del 1959 dall’allora direttore Giulio De Benedetti. MarioCalabresi